Il giovane pellegrino
Incontrare dei connazionali in terra straniera è certamente una situazione gradita.
Ma io non sono in terra straniera, sono sul camino di Santiago.
Il Camino di Santiago è in Spagna, è vero, ma principalmente esso è un luogo simbolico, inoltre, essendo stato dichiarato patrimonio dell’umanità rende tutti coloro che lo fanno appartenenti ad una stessa nazionalità.
Sul camino si parla una lingua unica fatta soprattutto di sguardi, di passi, di sola presenza e qualche volta di sera, si incontrano conversazioni più fortunate fra migliori conoscitori di lingue e improvvisati traduttori simultanei. Siamo tutti pellegrini e gli argomenti che trattiamo sono elementari ma al tempo stesso importanti.
Alla accoglienza pellegrini dell’albergue di Leon,verso sera arriva una coppia italiana con un figlio adolescente: hanno il progetto di fare una parte del camino.
Sono contenta di conoscerli, di raccontare il mio percorso, di rispondere alle loro domande e incoraggiarli perché all’inizio di un pellegrinaggio si ha bisogno di unire all’emozione anche delle notizie pratiche, ma soprattutto parlo con il ragazzo.
Io ho sessanta anni, e sono appena andata in pensione dopo una lunga professione di insegnante. Sono felice e mi ritengo fortunata di avere la possibilità e le condizioni di fare questa esperienza. Si rende conto lui di che grande opportunità ha ad una così giovane età, e poi, che significato ha per lui questo camino.?
Il padre mi risponde sorridendo che la mia domanda è proprio legittima dato che suo figlio ha anche appena fatto un viaggio a Parigi con un gruppo di amici.
Mentre i complimenti continuano arriva all’albergue Carine, una deliziosa ragazza francese già incontrata in tappe precedenti. E’ stanca e accaldata, ha fatto una lunga tappa camminando anche nel pomeriggio. Questo incontro basta a creare quell’effetto che fa scomparire tutta la fatica.Ci raccontiamo sempre nella lingua che sfrutta tutte le conoscenze comuni oltre alla sempre eloquente mimica le ultime impressioni e commenti sul percorso, poi cerchiamo notizie di altri pellegrini e intanto andiamo a mangiare nella piccola osteria più vicina.
Non è era questa una situazione particolare: in ogni incontro sul camino si crea un clima di vicinanza e al tempo stesso di riservatezza e con persone che quasi sicuramente non incontreremo più si vivono momenti di profonda unione.
Comunque con Carine a tavola, fra il conforto della cena e i progetti del futuro, ci scambiamo gli indirizzi, le e-mail, i telefoni, gli inviti .
Mi lascio andare alla fantasia di accogliere il suo invito a Parigi e al desiderio di tornare a visitare di nuovo il museo dell’università.
Ricordo gli arazzi fiamminghi rappresentanti i cinque sensi e confesso che mi sono tanto rimasti negli occhi che vorrei avere il piacere di ammirarli di nuovo .
_ Si, quelli con la Dama dell’unicorno ! – interviene il giovane ragazzo italiano.
La famiglia italiana stava mangiando nel tavolo accanto al nostro cosi faccio le presentazioni. Lui racconta di aver visto il museo qualche giorno prima e che comprende il mio desiderio perché gli arazzi sono piaciuti tanto anche a lui.
In un primo momento mi lascio prendere, aiutata dal ragazzo e da Carine, dalla descrizione di queste opere.
Ognuno ha messo la sua idea interpretativa ma soprattutto emozionale e così tutti quelli che ci stavano ascoltando, i genitori del ragazzo e altri pellegrini dai tavoli vicini, sono stati presi dal nostro entusiasmo.
Ho anche raccontato che a Firenze avevo visto delle riproduzioni in negozi specializzati in tappezzeria, ho citato un autore famoso che li ha inseriti in un suo racconto e così la conversazione ha raggiunto un livello sempre più ampio .
E’ stato poi un improvviso stato di consapevolezza che mi ha fatto, mentre altri parlavano, isolare in una mia riflessione .
Ho ricordato un viaggio di istruzione a Parigi con i miei studenti, li ho rivisti attraversare quella sala a passi veloci, distratti e parlottando fra loro e aspettarmi impazienti nel giardinetto mentre io avrei voluto trattenermi a lungo di fronte a quei capolavori; ho sentito ancor vivo il dubbio se fare la predica o meno sul loro comportamento, ripensando agli atteggiamenti a mia volta distaccati quando avevo la loro età ….
Chi era questo giovane ragazzo incontrato sul pellegrinaggio ?
L’alunno che sempre vorrei aver avuto? Una eccezione? Un simbolo ?
Era sorridente semplice, non certo della tipologia del saputello, noncurante della mia provocazione quando lo definivo un privilegiato, contento di essere lì, e mi parlava come una sua pari, non senza educazione, ma come a una pellegrina come lui .
Avevo sempre pensato che il pellegrinaggio fosse una esperienza propria dell’inizio della vecchiaia, comunque lontano dalla vivacità giovanile e dagli impegni della maturità.
Caro amico pellegrino mi hai permesso di ampliare i miei orizzonti, e ancora una volta ho imparato da uno studente.
Se queste righe arriveranno anche a te certamente mi riconoscerai e apprezzerai il mio affettuoso ricordo
Incontrare dei connazionali in terra straniera è certamente una situazione gradita.
Ma io non sono in terra straniera, sono sul camino di Santiago.
Il Camino di Santiago è in Spagna, è vero, ma principalmente esso è un luogo simbolico, inoltre, essendo stato dichiarato patrimonio dell’umanità rende tutti coloro che lo fanno appartenenti ad una stessa nazionalità.
Sul camino si parla una lingua unica fatta soprattutto di sguardi, di passi, di sola presenza e qualche volta di sera, si incontrano conversazioni più fortunate fra migliori conoscitori di lingue e improvvisati traduttori simultanei. Siamo tutti pellegrini e gli argomenti che trattiamo sono elementari ma al tempo stesso importanti.
Alla accoglienza pellegrini dell’albergue di Leon,verso sera arriva una coppia italiana con un figlio adolescente: hanno il progetto di fare una parte del camino.
Sono contenta di conoscerli, di raccontare il mio percorso, di rispondere alle loro domande e incoraggiarli perché all’inizio di un pellegrinaggio si ha bisogno di unire all’emozione anche delle notizie pratiche, ma soprattutto parlo con il ragazzo.
Io ho sessanta anni, e sono appena andata in pensione dopo una lunga professione di insegnante. Sono felice e mi ritengo fortunata di avere la possibilità e le condizioni di fare questa esperienza. Si rende conto lui di che grande opportunità ha ad una così giovane età, e poi, che significato ha per lui questo camino.?
Il padre mi risponde sorridendo che la mia domanda è proprio legittima dato che suo figlio ha anche appena fatto un viaggio a Parigi con un gruppo di amici.
Mentre i complimenti continuano arriva all’albergue Carine, una deliziosa ragazza francese già incontrata in tappe precedenti. E’ stanca e accaldata, ha fatto una lunga tappa camminando anche nel pomeriggio. Questo incontro basta a creare quell’effetto che fa scomparire tutta la fatica.Ci raccontiamo sempre nella lingua che sfrutta tutte le conoscenze comuni oltre alla sempre eloquente mimica le ultime impressioni e commenti sul percorso, poi cerchiamo notizie di altri pellegrini e intanto andiamo a mangiare nella piccola osteria più vicina.
Non è era questa una situazione particolare: in ogni incontro sul camino si crea un clima di vicinanza e al tempo stesso di riservatezza e con persone che quasi sicuramente non incontreremo più si vivono momenti di profonda unione.
Comunque con Carine a tavola, fra il conforto della cena e i progetti del futuro, ci scambiamo gli indirizzi, le e-mail, i telefoni, gli inviti .
Mi lascio andare alla fantasia di accogliere il suo invito a Parigi e al desiderio di tornare a visitare di nuovo il museo dell’università.
Ricordo gli arazzi fiamminghi rappresentanti i cinque sensi e confesso che mi sono tanto rimasti negli occhi che vorrei avere il piacere di ammirarli di nuovo .
_ Si, quelli con la Dama dell’unicorno ! – interviene il giovane ragazzo italiano.
La famiglia italiana stava mangiando nel tavolo accanto al nostro cosi faccio le presentazioni. Lui racconta di aver visto il museo qualche giorno prima e che comprende il mio desiderio perché gli arazzi sono piaciuti tanto anche a lui.
In un primo momento mi lascio prendere, aiutata dal ragazzo e da Carine, dalla descrizione di queste opere.
Ognuno ha messo la sua idea interpretativa ma soprattutto emozionale e così tutti quelli che ci stavano ascoltando, i genitori del ragazzo e altri pellegrini dai tavoli vicini, sono stati presi dal nostro entusiasmo.
Ho anche raccontato che a Firenze avevo visto delle riproduzioni in negozi specializzati in tappezzeria, ho citato un autore famoso che li ha inseriti in un suo racconto e così la conversazione ha raggiunto un livello sempre più ampio .
E’ stato poi un improvviso stato di consapevolezza che mi ha fatto, mentre altri parlavano, isolare in una mia riflessione .
Ho ricordato un viaggio di istruzione a Parigi con i miei studenti, li ho rivisti attraversare quella sala a passi veloci, distratti e parlottando fra loro e aspettarmi impazienti nel giardinetto mentre io avrei voluto trattenermi a lungo di fronte a quei capolavori; ho sentito ancor vivo il dubbio se fare la predica o meno sul loro comportamento, ripensando agli atteggiamenti a mia volta distaccati quando avevo la loro età ….
Chi era questo giovane ragazzo incontrato sul pellegrinaggio ?
L’alunno che sempre vorrei aver avuto? Una eccezione? Un simbolo ?
Era sorridente semplice, non certo della tipologia del saputello, noncurante della mia provocazione quando lo definivo un privilegiato, contento di essere lì, e mi parlava come una sua pari, non senza educazione, ma come a una pellegrina come lui .
Avevo sempre pensato che il pellegrinaggio fosse una esperienza propria dell’inizio della vecchiaia, comunque lontano dalla vivacità giovanile e dagli impegni della maturità.
Caro amico pellegrino mi hai permesso di ampliare i miei orizzonti, e ancora una volta ho imparato da uno studente.
Se queste righe arriveranno anche a te certamente mi riconoscerai e apprezzerai il mio affettuoso ricordo