I Vagabondi di Olga Tocareczuk
Esiste una sindrome molto nota chiamata con il nome di Stendhal, per la quale si arriva in un posto che si è conosciuto attraverso la letteratura o l’arte e lo si vive in modo così intenso da sentirsi mancare fino a perdere i sensi. Ci sono alcuni che si vantano di aver scoperto un luogo fino ad allora sconosciuto e così li invidiamo per aver sperimentato, anche solo per un attimo, la realtà più vera, prima che questo posto, come tutto il resto, venisse assorbito dalle nostre menti. (da "I VAGABONDI")
Il libro ‘I Vagabondi’ è uno dei grandi successi di Olga Tokarczuk, la scrittrice polacca vincitrice del Premio Nobel 2018. Pubblicato in lingua originale nel 2007 è stato tradotto da Barbara Delfino e pubblicato da Bompiani nel 2019. L’anno precedente era stato Vincitore dell'International Man Booker Prize 2018.
Si può essere vagabondi in molti modi, la radice è vagare, ma nella accezione comune si dice essere un vagabondo colui che non ha voglia di far niente. Certamente questa non è l’accezione che mostra questa scrittrice.
A spiegazione della stessa autrice il libro non è un romanzo ed è privo di un centro, invece si potrebbe definire come un insieme di tante trame che si intrecciano come se fossero fili allo scopo di raccontare un eterno movimento. I Vagabondi di Olga Tokarczuk sono tanti protagonisti che si muovono, si spostano, viaggiano per le più diverse mete, per i più straordinari scopi rispondendo a richiami ancestrali o culturali o semplicemente al bisogno di essere in movimento, tanto da poter alla fine asserire che ’il cambiamento è sempre più nobile della stabilità’.
Cosa dire delle radici?
Questa vita non faceva per me. Evidentemente mi mancava quel gene che fa sì che quando ti trattieni a lungo in un certo posto ci metti le radici. Ci ho provato molte volte ma le mie radici erano sempre troppo corte e bastava un soffio di vento per farmi ribaltare. Non riuscivo a germogliare ero sprovvista di quella dote vegetale. Non assorbo nutrimento dalla terra, sono al contrario di Anteo. Traggo energia dal movimento…
Essere dentro o fuori del tempo?
‘Volo da Irkutsk a Mosca. Si decolla da Irkutsk alle otto del mattino e si atterra a Mosca alla stessa ora – otto del mattino dello stesso giorno. Questo è il momento esatto in cui sorge il sole, quindi, si vola per tutto il tempo all’alba. Si rimane in questo singolo istante, grande. tranquillo, espanso come la Siberia. Dovrebbe essere il momento per la confessione di un’intera vita. Il tempo scorre all’interno dell’aereo, ma non fuoriesce all’esterno.
Il libro si compone di tanti capitoli, alcuni dei quali anche di poche righe, molti argomenti rispondono a curiosità e tutti rendono il libro veramente speciale.
Uno di questi, dal titolo ‘L’aspetto del pellegrino ’ credo di averlo già letto precedentemente, non so se fosse una citazione di questo libro o viceversa.
‘ Un vecchio conoscente mi disse che non amava viaggiare da solo. Quando vedeva qualcosa di insolito, di nuovo, di bello aveva così tanta voglia di condividere le sue impressioni che si rattristava se non aveva nessuno con cui farlo. Secondo me non era adatto a fare il pellegrino.’
Lucia Mazzucco
Il libro ‘I Vagabondi’ è uno dei grandi successi di Olga Tokarczuk, la scrittrice polacca vincitrice del Premio Nobel 2018. Pubblicato in lingua originale nel 2007 è stato tradotto da Barbara Delfino e pubblicato da Bompiani nel 2019. L’anno precedente era stato Vincitore dell'International Man Booker Prize 2018.
Si può essere vagabondi in molti modi, la radice è vagare, ma nella accezione comune si dice essere un vagabondo colui che non ha voglia di far niente. Certamente questa non è l’accezione che mostra questa scrittrice.
A spiegazione della stessa autrice il libro non è un romanzo ed è privo di un centro, invece si potrebbe definire come un insieme di tante trame che si intrecciano come se fossero fili allo scopo di raccontare un eterno movimento. I Vagabondi di Olga Tokarczuk sono tanti protagonisti che si muovono, si spostano, viaggiano per le più diverse mete, per i più straordinari scopi rispondendo a richiami ancestrali o culturali o semplicemente al bisogno di essere in movimento, tanto da poter alla fine asserire che ’il cambiamento è sempre più nobile della stabilità’.
Cosa dire delle radici?
Questa vita non faceva per me. Evidentemente mi mancava quel gene che fa sì che quando ti trattieni a lungo in un certo posto ci metti le radici. Ci ho provato molte volte ma le mie radici erano sempre troppo corte e bastava un soffio di vento per farmi ribaltare. Non riuscivo a germogliare ero sprovvista di quella dote vegetale. Non assorbo nutrimento dalla terra, sono al contrario di Anteo. Traggo energia dal movimento…
Essere dentro o fuori del tempo?
‘Volo da Irkutsk a Mosca. Si decolla da Irkutsk alle otto del mattino e si atterra a Mosca alla stessa ora – otto del mattino dello stesso giorno. Questo è il momento esatto in cui sorge il sole, quindi, si vola per tutto il tempo all’alba. Si rimane in questo singolo istante, grande. tranquillo, espanso come la Siberia. Dovrebbe essere il momento per la confessione di un’intera vita. Il tempo scorre all’interno dell’aereo, ma non fuoriesce all’esterno.
Il libro si compone di tanti capitoli, alcuni dei quali anche di poche righe, molti argomenti rispondono a curiosità e tutti rendono il libro veramente speciale.
Uno di questi, dal titolo ‘L’aspetto del pellegrino ’ credo di averlo già letto precedentemente, non so se fosse una citazione di questo libro o viceversa.
‘ Un vecchio conoscente mi disse che non amava viaggiare da solo. Quando vedeva qualcosa di insolito, di nuovo, di bello aveva così tanta voglia di condividere le sue impressioni che si rattristava se non aveva nessuno con cui farlo. Secondo me non era adatto a fare il pellegrino.’
Lucia Mazzucco
Olga TocareczuK (da Wikipedia)