Verso Pistoia intorno e oltre
La cattedrale di Pistoia è dedicata a San Zeno.
San Zeno è il vescovo che celebrò l'antica devozione della città a San Giacomo ottenendo dal vescovo di Santiago di Compostela una importante reliquia del santo che attirò da tanti pellegrini.
San Jacopo diventò il patrono della città.
Il nome dell'apostolo Giacomo a Pistoia cambia in Jacopo perchè l'origine della devozione della città proviene dalle leggende di Santiago matamoros in Spagna
San Zeno è il vescovo che celebrò l'antica devozione della città a San Giacomo ottenendo dal vescovo di Santiago di Compostela una importante reliquia del santo che attirò da tanti pellegrini.
San Jacopo diventò il patrono della città.
Il nome dell'apostolo Giacomo a Pistoia cambia in Jacopo perchè l'origine della devozione della città proviene dalle leggende di Santiago matamoros in Spagna
Da " Historiae di Pistoia " di Salvi
Correndo l’anno 849 vennero i Saraceni in Italia, e scorso tutto il Latio, eransi condotti fino alle mura di Roma, il che sentendo i Pistoresi, gran […] se ne presero, temendo fortemente di qualche grave danno o crudele invasione alla loro Città; hora perché essi dalla pubblica fama inteso avevano, come nei prossimi passati anni, cioè nell’820 al Re Ramiro di Spagna travagliato e combattuto dagl’istessi Saraceni, era apparito a vista di tutti i Cattolici, S. Iacopo Maggiore, Apostolo di Cristo, con una Croce rossa nella bandiera e nel petto, coperto tutto di armi lucenti, affiso sopra bianco cavallo, promettendo a lui, ch’egli medesimo, combattendo in favor suo, a lui harebbe data, contro a questa barbara Natione, gloriosa Vittoria, (si come poi avvenne, che però la Spagna invocò e ricevette questo Santo per suo particolare Protettore) i Pistoresi mossi da tale esempio, pensarono anco essi alla protetione del medesimo Santo ricorrere, e così invocatolo con viva fede e ricevutolo per loro Protettore, con solennissime Feste e processioni, una Chiesa in honore e gloria di lui, nella Fortezza del Castellare, fabbricarono, e la Città loro non meno dal pericolo che dal timore, restò liberata”.
Dalla Via Francigena verso Pistoia

FUCECCHIO CERRETO
MONTEVETTOLINI CECINA
LARCIANO CASTELMARTINI
SAN BARONTO PISTOIA
Fucecchio

La padule di Fucecchio anticamente, il " lacus focensis " ,è stato nel medio evo un punto di grande importanza commerciale perché con le sue paludi poteva raggiungere l’Arno e con quello il mare; come punto storico della Via Francigena rappresenta anche il luogo in cui si raccordavano strade provenienti da un’altra direzione di pellegrinaggio: verso Pistoia e oltre.
Nel 1144 due pellegrini portarono a Pistoia una reliquia di S. Jacopo rendendo la città una nuova tappa fondamentale di pellegrinaggio. Da Fucecchio per raggiungere Pistoia si deve superare il Montalbano e i pellegrini su questa la catena collinare che si estende da Serravalle a Signa trovano impronte preziose di questa storia.
Di recente, una notizia che per il pellegrino di Santiago si presenta quasi come una testimonianza, è la comparsa di due cicogne che è venuta a nidificare sopra un traliccio ai margini di questo bacino. Erano secoli che questa specie non nidificava in Toscana. Questo straordinario evento naturalistico è stato favorito dall'adozione di misure di protezione e opere di miglioramento ambientale. La Padule di Fucecchio è la più grande palude interna italiana. Residuo di una molto più vasta palude di origine pleistocenica.
Bentornate cicogne!
Vi abbiamo incontrate sul Cammino di Santiago, siamo felici di potervi trovare in Toscana.
Nel 1144 due pellegrini portarono a Pistoia una reliquia di S. Jacopo rendendo la città una nuova tappa fondamentale di pellegrinaggio. Da Fucecchio per raggiungere Pistoia si deve superare il Montalbano e i pellegrini su questa la catena collinare che si estende da Serravalle a Signa trovano impronte preziose di questa storia.
Di recente, una notizia che per il pellegrino di Santiago si presenta quasi come una testimonianza, è la comparsa di due cicogne che è venuta a nidificare sopra un traliccio ai margini di questo bacino. Erano secoli che questa specie non nidificava in Toscana. Questo straordinario evento naturalistico è stato favorito dall'adozione di misure di protezione e opere di miglioramento ambientale. La Padule di Fucecchio è la più grande palude interna italiana. Residuo di una molto più vasta palude di origine pleistocenica.
Bentornate cicogne!
Vi abbiamo incontrate sul Cammino di Santiago, siamo felici di potervi trovare in Toscana.
Montevettolini

In alto su un colle, alle pendici del Montalbano, il pellegrino può vedere ed essere avvistato dall’antica rocca, dove il campanile della chiesa un tempo era la torre del castello. La chiesa di Montevettolini sorta nel XII secolo è dedicata a San Michele. Questo santo, ritenuto il custode della Chiesa Cattolica, lo incontriamo nei luoghi più importanti e strategici delle vie di pellegrinaggio. Il primo e più famoso è venerato nel santuario a Monte Sant’Angelo sul promontorio del Gargano sorto nel V secolo. In seguito questo culto si afferma in Normandia, dove nel VII secolo nasce un altro santuario Mont Saint Michel su un importante punto di confine. Idealmente nel mezzo, troviamo la Sacra di San Michele all'imbocco della Val di Susa, situata nel territorio del comune di Sant'Ambrogio, ad altezza 962 su di uno sperone roccioso delle Alpi Cozie, e un luogo come questo, assolvendo il prezioso compito di ospitare i pellegrini, si trova la cappella di San Michele, detta "Castello dell'Angelo nei pressi dell’Abbazia di Novacella , importante punto di sosta dopo il valico, per i pellegrini della Via Romea di Stade.
Cecina

Cecina è un piccolo paese situato sulle colline del Montalbano sul versante che si affaccia sulla Valdinievole raccolto in un castello, nato come ‘villa rurale’ intorno al X secolo dai Conti Guidi di Toscana. Nel 941 queste terre furono donate al vescovo di Pistoia Rainaldo, ma successivamente il comune di Pistoia ottenne il castello per farne un sistema difensivo del Montalbano occidentale. Infatti si rendeva necessario che Cecina potesse esercitare la funzione di controllo e di guardia di un pezzo della Via Francigena. Una chiesa romanica dedicata a San Niccolò è inserita sul luogo ove si trovava la porta ovest del castello. La facciata, rivolta ad ovest come tante chiese dei pellegrini, è a timpano triangolare e si affianca sul lato sinistro ad un campanile in pietra. L'interno, con copertura a volte a crociera, ha un'unica navata, con una cappella situata a sinistra dedicata al San Rosario il cui altare è datato 1632. Nella seconda campata è venerato come miracoloso un crocifisso del 1330 incorniciato in stile seicentesco.
Altre due porte sono rimaste salve nonostante le costruzioni successive.
Altre due porte sono rimaste salve nonostante le costruzioni successive.
Larciano

Durante tutto il medioevo fu Larciano il centro principale di questa area soprattutto per il raccordo della via Francigena che da qui iniziava a salire il monte Albano verso Serravalle. La zona già sede di insediamenti umani fin dall'età romana come testimoniano numerosi ritrovamenti archeologici e lo stesso nome, verso il X secolo era uno dei tanti castelli dei Conti Guidi. Successivamente, nel 1225, il castello fu venduto al Comune di Pistoia che fece rafforzare le mura del borgo e della rocca. Al centro del cortile è ancora funzionante l'antica cisterna per l'acqua. Tutto il complesso è in ottime condizioni grazie ad un recente restauro. All'interno ha preso vita un piccolo museo archeologico.
Un ‘altra chiesa di Larciano è intitolata a San Silvestro. In origine era un tempio pagano , prese poi il nome di San Martino, ma nel IV secolo alla morte di papa Silvestro molta parte del popolo si era convertita al cristianesimo e volle dedicare la chiesa al nome del papa. E’ un edificio romanico ad unica navate ed abside semicircolare
Un ‘altra chiesa di Larciano è intitolata a San Silvestro. In origine era un tempio pagano , prese poi il nome di San Martino, ma nel IV secolo alla morte di papa Silvestro molta parte del popolo si era convertita al cristianesimo e volle dedicare la chiesa al nome del papa. E’ un edificio romanico ad unica navate ed abside semicircolare
Castelmartini

Il castrum Martini che dà il nome alla località a pochi chilometri da Fucecchio, è stata menzionata per la prima volta nel " Liber Censuum " esattamente nell' anno 1297, quando un certo Martinus Jacobi Admannati aveva fatto costruire una domus e un castrum ( donde il nome Castrum Martini = Castelmartini), dunque un' altra struttura fortificata, questa volta presso un "hospitium" chiamato di S. Donnino. La chiesa documentata fin dal 1056 fu destinata dal comune di Pistoia al ricovero dei pellegrini e viandanti. Nel 1235 il podestà di Pistoia, Rolando Lupi, prese possesso della chiesa e dello spedale e gli affidò un rettore.
Tra il 1315 e il 1325, un periodo di grave crisi per Pistoia, lo spedale di S. Donnino venne distrutto. Anche il Castrum Martini come elemento di difesa del nodo viario e fluviale, perse la sua importanza quando Pistoia e tutto il suo territorio vennero a far parte dello stato fiorentino.
In seguito fu costruita una villa che è passata di proprietà in proprietà a varie famiglie aristocratiche. Il viale che porta alla villa è una via che ancora si chiama ‘ Via Francesca Vecchia’.Troveremo con lo stesso nome un tratto sull’Appennino che proviene o si dirige versi il nord sul versante toscano verso il crinale fra la Brana e l'Ombrone.
Tra il 1315 e il 1325, un periodo di grave crisi per Pistoia, lo spedale di S. Donnino venne distrutto. Anche il Castrum Martini come elemento di difesa del nodo viario e fluviale, perse la sua importanza quando Pistoia e tutto il suo territorio vennero a far parte dello stato fiorentino.
In seguito fu costruita una villa che è passata di proprietà in proprietà a varie famiglie aristocratiche. Il viale che porta alla villa è una via che ancora si chiama ‘ Via Francesca Vecchia’.Troveremo con lo stesso nome un tratto sull’Appennino che proviene o si dirige versi il nord sul versante toscano verso il crinale fra la Brana e l'Ombrone.
Cerreto

Venendo da Fucecchio verso Cerreto Guidi ed in una sua frazione, Ponte Masino,la strada si divide con il nome di Via Francesca nord e Via Francesca sud.
Vicino alle mura di Cerreto una piccola chiesa con annesso ospitale , l’Oratorio di SAN JACOPO, veniva indicata nel 1400. L’ospedale è esistito fino alla fine del XVII secolo, attualmente è un oratorio di proprietà della Misericordia di Cerreto. Il piccolo ospedale, era periodicamente sottoposto alle visite delle autorità comunali: aveva pochi letti riservati all'accoglienza dei poveri e dei pellegrini. Sull’altare una tela raffigura la madonna che appare a San Giacomo
Vicino alle mura di Cerreto una piccola chiesa con annesso ospitale , l’Oratorio di SAN JACOPO, veniva indicata nel 1400. L’ospedale è esistito fino alla fine del XVII secolo, attualmente è un oratorio di proprietà della Misericordia di Cerreto. Il piccolo ospedale, era periodicamente sottoposto alle visite delle autorità comunali: aveva pochi letti riservati all'accoglienza dei poveri e dei pellegrini. Sull’altare una tela raffigura la madonna che appare a San Giacomo
San Baronto

Salendo il Montalbano verso San Baronto si incontra, nella località di Spicchio una villa del XVI secolo. Gli storici rilevano che la sua fattoria si appoggiò alle strutture di un precedente monastero, individuato da un campanile e un chiostro ad archi sovrapposti.
Più avanti, nella frazione Alberghi, il nome ci ricorda l’ospitale che è documentato nel 1393, successivamente spostato a San Paolo a Papiano, un’ altura poco distante. Sulla sommità del monte il monastero dei monaci e abati di San Baronto erano presenti nel dodicesimo secolo come conferma una pergamena del giugno 1095 e la loro opera comprendeva l’accoglienza dei pellegrini.
Per la storia di San Baronto, tornare su questo sito alla voce Luoghi
Più avanti, nella frazione Alberghi, il nome ci ricorda l’ospitale che è documentato nel 1393, successivamente spostato a San Paolo a Papiano, un’ altura poco distante. Sulla sommità del monte il monastero dei monaci e abati di San Baronto erano presenti nel dodicesimo secolo come conferma una pergamena del giugno 1095 e la loro opera comprendeva l’accoglienza dei pellegrini.
Per la storia di San Baronto, tornare su questo sito alla voce Luoghi
PISTOIA

Nella storia del pellegrinaggio la città di Pistoia riveste un ruolo veramente speciale. Il suo patrono San Jacopo, porta il nome che arriva direttamente dalla Spagna e riconosce la devozione del popolo pistoiese gli rivolge già nel 849, quando i cittadini lo invocarono affinché li proteggesse dall’invasione dei Saraceni. Così raccontano le “Historiae di Pistoia” di Salvi. La città non fu invasa ed i pistoiesi edificarono dentro il primo cerchio delle mura una chiesetta ‘ San Jacopo in Castellare’. La riconoscenza continuò nel corso dei secoli e quando nel 1160 un giovane pistoiese di nome Ranieri arrivò in cammino in Galizia, al santuario di San Giacomo di Compostela, si fece tramite con Atto, che in quel momento era il vescovo di Pistoia con l’Arcivescovo di Compostela, per far avere alla città di Pistoia una reliquia del Santo.
Da Pistoia furono mandati a prendere la reliquia due pistoiesi: Mediovillano «prudentissimo viro» e Tebaldo «eius avuncolo». Il loro arrivo a Pistoia con la reliquia ai primi di luglio del 1144 fu accolto con una gran festa. Per conservare adeguatamente la preziosa reliquia fu fatta costruire nella Cattedrale di San Zeno una cappella dedicata a San Jacopo, dove fu posto un altare argenteo sul quale veniva esposto il reliquiario.
Nacque in conseguenza l’opera di San Iacopo, una istituzione importante che si occupò di regolare l’afflusso e la presenza del gran numero di pellegrini che cominciarono ad arrivare da tutte le direzioni, nonché ebbe il compito di gestire le donazioni e la grande proprietà di lasciti che venivano fatte dai devoti. I pellegrinaggi si intensificarono, arrivavano fedeli non solo dalle città vicine, ma si evidenziarono veri percorsi rivolti verso la città nonché delle deviazioni dalla Via Francigena per coloro che partivano o tornavano da Roma o da Santiago. La presenza era tale che nel 1395 il vescovo di Pistoia Andrea Franchi ottenne da Roma l’indulgenza per la Cappella di San Jacopo.
Da Pistoia furono mandati a prendere la reliquia due pistoiesi: Mediovillano «prudentissimo viro» e Tebaldo «eius avuncolo». Il loro arrivo a Pistoia con la reliquia ai primi di luglio del 1144 fu accolto con una gran festa. Per conservare adeguatamente la preziosa reliquia fu fatta costruire nella Cattedrale di San Zeno una cappella dedicata a San Jacopo, dove fu posto un altare argenteo sul quale veniva esposto il reliquiario.
Nacque in conseguenza l’opera di San Iacopo, una istituzione importante che si occupò di regolare l’afflusso e la presenza del gran numero di pellegrini che cominciarono ad arrivare da tutte le direzioni, nonché ebbe il compito di gestire le donazioni e la grande proprietà di lasciti che venivano fatte dai devoti. I pellegrinaggi si intensificarono, arrivavano fedeli non solo dalle città vicine, ma si evidenziarono veri percorsi rivolti verso la città nonché delle deviazioni dalla Via Francigena per coloro che partivano o tornavano da Roma o da Santiago. La presenza era tale che nel 1395 il vescovo di Pistoia Andrea Franchi ottenne da Roma l’indulgenza per la Cappella di San Jacopo.
La tradizione

L’opera di San Jacopo ha svolto per molti secoli importanti opere assistenziali, e anche ha mantenuto il compito di organizzare i festeggiamenti sia sacri che profani legati al culto del santo. Queste celebrazioni si trovano descritte negli Ordinamenti del Popolo del 1284 e negli Statuti del Podestà di Pistoia del 1296. Erano: la presentazione degli omaggi, la processione religiosa, il palio, la fiera, la sontuosa colazione per la nobiltà pistoiese e forestiera, l’incendio dei fuochi, l’ostensione del tesoro di San Jacopo. C’era inoltre l’usanza di rilasciare alcuni prigionieri durante le feste e di distribuire pane ai poveri della città. Ancora oggi la Cattedrale, in occasione del rito della vestizione e per tutto il mese di luglio, viene addobbata all’esterno secondo un’antica tradizione che chiamava l’uva e le mele nate alla fine del mese di luglio “uva saicopa” e “mele saiacope”, considerandole quindi un dono del santo.
“In occasione dei festeggiamenti in onore del santo la Cattedrale era adornata all’interno con grandi festoni di verzura formati con rami di bussoli, di allori, di ellera, di ginepri, di meli recanti frutta, di rami di rose in fiore che pendevano da ogni arcata della Chiesa disposti in varie direzioni talché in un registro dell’Opera questo apparato è chiamato chapanna della verzura del duomo”.
La cerimonia della vestizione consiste nel coprire con una manto rosso la statua di San Jacopo che si trova al lato destro della facciata del Duomo. Questa cerimonia si ricollega ad un antico detto locale, «pagare a tanto caldo» ed alla leggenda che parla di un Jacopo, ancora non dedito alla missione religiosa, che faceva il sensale di cavalli, lì al mercato rimandando a«pagare a tanto caldo». In occasione della festa del luglio, momento di incontro tra gli abitanti della città e quelli della campagna, un creditore chiese a Jacopo il suo dovuto ma il santo si fece trovare avvolto in un mantello sostenendo che non faceva caldo.
“In occasione dei festeggiamenti in onore del santo la Cattedrale era adornata all’interno con grandi festoni di verzura formati con rami di bussoli, di allori, di ellera, di ginepri, di meli recanti frutta, di rami di rose in fiore che pendevano da ogni arcata della Chiesa disposti in varie direzioni talché in un registro dell’Opera questo apparato è chiamato chapanna della verzura del duomo”.
La cerimonia della vestizione consiste nel coprire con una manto rosso la statua di San Jacopo che si trova al lato destro della facciata del Duomo. Questa cerimonia si ricollega ad un antico detto locale, «pagare a tanto caldo» ed alla leggenda che parla di un Jacopo, ancora non dedito alla missione religiosa, che faceva il sensale di cavalli, lì al mercato rimandando a«pagare a tanto caldo». In occasione della festa del luglio, momento di incontro tra gli abitanti della città e quelli della campagna, un creditore chiese a Jacopo il suo dovuto ma il santo si fece trovare avvolto in un mantello sostenendo che non faceva caldo.
San Jacopo in Castellare

Pistoia, come tutte le città romane, presumibilmente ha avuto forme pressoché quadrate, quindi divisa in quattro quartieri, attraversata da due principali vie, che si incrociavano nel centro della città (dov’è ora Piazza del Duomo): il CARDO MASSIMO da Sud a Nord, dalla PORTA GAIALDATICA a PORTA S. ANDREA; il DECUMANO MASSIMO della PORTA LUCENSIS (Porta Lucchese) alla PORTA GUIDI. Il “cardo” andava dall’attuale Canto al Baly, attraverso le attuali Via Roma e Via Bracciolini, fino a San Iacopo in Castellare, dietro alla Biblioteca Forteguerriana.
Il complesso di San Jacopo in Castellare di proprietà del comune di Pistoia è stato oggetto di una campagna di scavi che hanno portato alla luce testimonianze dei primi secoli d.c. e tracce del periodo medievale. La definizione Castellare si riferisce alla sua posizione presso una costruzione fortificata eretta nella prima cerchia di mura.
Il complesso di San Jacopo in Castellare di proprietà del comune di Pistoia è stato oggetto di una campagna di scavi che hanno portato alla luce testimonianze dei primi secoli d.c. e tracce del periodo medievale. La definizione Castellare si riferisce alla sua posizione presso una costruzione fortificata eretta nella prima cerchia di mura.
Il duomo

La cattedrale della città è dedicata a San Zeno e riporta la sua prima attestazione scritta nel 923, anche se esisteva già da diversi secoli ed era guidata da un proprio vescovo.
La facciata ha avuto diversi rifacimenti anche a causa di incendi e si ritiene che l’aspetto odierno risalga alla metà del secolo XIII. Il Campanile fu eretto verso la fine dell’ XI secolo su una precedente torre di guardia longobarda, e poi ristrutturato così come lo vediamo da Giovanni Pisano nel 1301.
Ai lati della cuspide della facciata del Duomo si trovano due statue dei santi patroni : San Zeno e San Jiacopo.
L’interno è a tre navate con presbiterio rialzato e una cripta;la copertura della navata centrale è a capriate, a volta in quelle laterali. La Cappella di San Giacomo fu eretta nella navata destra.
Oggi l’altare d’argento che custodisce la reliquia si trova nella Cappella del Crocifisso.
Sulla controfacciata della cattedrale, a destra dell'ingresso centrale, vi è l'arca di Sant'Atto, con tre bassorilievi in marmo eseguiti nel 1337 dalla bottega di Giovanni di Agostino da Siena
(Sant'Atto benedicente fra due angeli; Pellegrini che ricevono a Compostella le reliquie di San Jacopo; Pellegrini che consegnano le reliquie di San Jacopo a Sant'Atto).
Di fronte al duomo si trova uno degli edifici architettonici più significativi della città: Il Battistero di San Giovanni in Corte. Secondo la tradizione è sorto sul luogo di una chiesa dedicata S. Maria, mentre la parola in corte rimanda alla curti domini regis che, in epoca medievale era il centro politico e amministrativo della città. L’aspetto, con il quale si presenta oggi il Battistero, è frutto degli ampliamenti e delle modifiche sostanziali apportate durante la prima metà del XIV secolo. L’edificio ha facciata in marmo verde e bianco, secondo la tradizione del romanico pisano, ed è decorata con varie cuspidi e elementi zoomorfi e antropomorfi; la cupola termina con una lanterna, alla sommità della quale è una sfera bronzea sormontata da una croce.
La tradizione riporta che vi sia stato sepolto il Vescovo Atto.
La facciata ha avuto diversi rifacimenti anche a causa di incendi e si ritiene che l’aspetto odierno risalga alla metà del secolo XIII. Il Campanile fu eretto verso la fine dell’ XI secolo su una precedente torre di guardia longobarda, e poi ristrutturato così come lo vediamo da Giovanni Pisano nel 1301.
Ai lati della cuspide della facciata del Duomo si trovano due statue dei santi patroni : San Zeno e San Jiacopo.
L’interno è a tre navate con presbiterio rialzato e una cripta;la copertura della navata centrale è a capriate, a volta in quelle laterali. La Cappella di San Giacomo fu eretta nella navata destra.
Oggi l’altare d’argento che custodisce la reliquia si trova nella Cappella del Crocifisso.
Sulla controfacciata della cattedrale, a destra dell'ingresso centrale, vi è l'arca di Sant'Atto, con tre bassorilievi in marmo eseguiti nel 1337 dalla bottega di Giovanni di Agostino da Siena
(Sant'Atto benedicente fra due angeli; Pellegrini che ricevono a Compostella le reliquie di San Jacopo; Pellegrini che consegnano le reliquie di San Jacopo a Sant'Atto).
Di fronte al duomo si trova uno degli edifici architettonici più significativi della città: Il Battistero di San Giovanni in Corte. Secondo la tradizione è sorto sul luogo di una chiesa dedicata S. Maria, mentre la parola in corte rimanda alla curti domini regis che, in epoca medievale era il centro politico e amministrativo della città. L’aspetto, con il quale si presenta oggi il Battistero, è frutto degli ampliamenti e delle modifiche sostanziali apportate durante la prima metà del XIV secolo. L’edificio ha facciata in marmo verde e bianco, secondo la tradizione del romanico pisano, ed è decorata con varie cuspidi e elementi zoomorfi e antropomorfi; la cupola termina con una lanterna, alla sommità della quale è una sfera bronzea sormontata da una croce.
La tradizione riporta che vi sia stato sepolto il Vescovo Atto.
Il pulpito in Sant'Andrea

Le altre due chiese della città costruite nello stesso periodo sono San Bartolomeo e Sant’Andrea
La chiesa di San Bartolomeo in Pantano fu edificata insieme al monastero verso la metà dell'VIII secolo, dal longobardo Gaidoaldo, archiatra dei re Desiderio e Adelchi. La facciata fu eseguita in due momenti diversi: durante la costruzione della chiesa e nell’opera di ampliamento del XII secolo. È dotata di cinque arcate su colonne ed è aperta da tre portali. Quello centrale presenta un' architrave lavorata a bassorilievo, raffigurante due leoni affrontati che trattengono tra le zampe un uomo e un uccello. Venne edificata con l'impiego di conci di pietra squadrati e marmi bianchi e verdi. L'interno è a tre navate con copertura a volte a crociera in quelle laterali e a capriate in quella centrale, suddivise da colonne con capitelli romanici scolpiti con figure zoomorfe, antropomorfe e fitomorfe. Un buon restauro le consente l’antico splendore romanico e offre nella bellissima calotta absidale l’affresco tardo duecentesco del Cristo in Mandorla tra i santi Bartolomeo e Giovanni Evangelista, di Manfredino d'Alberto. La denominazione "in Pantano" fa pensare alla zona paludosa su cui sorse il complesso abbaziale. Tuttavia è maggiormente verosimile che tale denominazione derivi da un’antica porta cittadina, Porta Pandana, che si apriva sulla pianura circostante. Diverse famiglie monastiche si alternarono nel complesso abbaziale. I Benedettini fino al 1443, i Canonici Regolari Lateranensi fino al 1778 e i Vallombrosani della Chiesa di San Michele in Forcole fino al 1810.
Ricordiamo la storia di San Bartolomeo che è ricordata da Michelamngelo nel Giudizio Universale della cappella Sistina. Sant’Agostino, Sant’Isidoro di Siviglia ed il martirologio di Beda affermano che san Bartolomeo fu scorticato vivo. L’immagine più antica che si conosca in Italia, fra le bellissime teste affrescate su una parete di Santa Maria Antiqua a Roma databili all’ VIII secolo, deve ricondursi senza dubbio alla tradizione orientale che ritrae l’apostolo barbuto, nella piena virilità, spesso con il libro e il coltello nelle mani, chiara allusione al Vangelo proclamato e al martirio patito.
La sua storia ha delle analogie con quella di San Giacomo per quello che riguarda la sua sepoltura, infatti martire in Armenia, il suo corpo, dopo varie traslazioni sarebbe venuto a riposare in Roma, nel santuario a lui dedicato nell'isola tiberina. Molte opere importanti raffigurano l'apostolo, la più antica è fra i mosaici di Ravenna.
La Pieve di Sant’Andrea risale al VII secolo e sorse lungo un tratto urbano della via francigena. L’aspetto attuale nasce alla metà del XII secolo nel generale rinnovamento che coinvolse la maggiori chiese pistoiesi. L'interno della chiesa, articolato in tre navate con colonne ed abside semicircolare. La chiesa è custode di opere d'arte di altissimo pregio che ne fanno uno dei luoghi più interessanti della regione. Tra queste spiccano il Pulpito che Giovanni Pisano scolpì alla fine del XIII secolo. Questo pulpito a pianta esagonale non si discosta da quello di Nicola. Ha archetti più slanciati e la figurazione spicca per la sua drammaticità.
La chiesa di San Francesco risale al 1289. Fu eretta dove sorgeva quella di Santa Maria Maddalena al Prato, ceduta ai Francescani nel 1248. La chiesa si presenta semplice, con un impianto in stile gotico, ad una sola navata con copertura a capriate e cinque cappelle absidali, quattro minori e una maggiore con volte a crociera. La facciata fu completata solo fino all'altezza del portale ed è rivestita in travertino policromo bianco e da verde di Prato. Venne restaurata nel XVI secolo e ultimata definitivamente nel XVIII secolo.
La Chiesa di santa Maria al Prato aveva un'origine molto antica, fatta erigere dalla contessa Madilde di Canossa nel luogo delle pubbliche esecuzioni. Nel 1098 venne donata a i monaci della badia a Taona, per poi passare ai frati francescani prima che, nel1225, ricevessero il terreno per costruire la vicina chiesa di San Francesco.
Agli inizi del 1250 la comunità francescana entra in possesso di detta chiesa con l’annessa canonica e nel 1256 anche di un antico ospizio contiguo, dedicato a santa Maria Maddalena.
L’ospedale del Ceppo deve il suo nome alla tradizione di affidare le elemosine a un tronco cavo. Secondo la tradizione, a due coniugi pistoiesi apparve la Vergine in sogno, ordinando di fondare un ospedale dove avessero trovato un ceppo fiorito in inverno inoltrato. AI modesti locali medievali nel XV secolo si aggiunse l’ala con l’attuale facciata con il loggiato rinascimentale ad arcate costruito nel 1502 sul modello dell'ospedale dell'Innocenti di Firenze.
L’ospedale è caratterizzato dal bel fregio policromo del loggiato, commissionato dallo Spedalingo Leonardo Buonafede allo scultore fiorentino Benedetto. La decorazione in terracotta invetriata del fregio venne quindi affidata dopo la sua morte a Santi Buglione e Giovanni della Robbia. Rappresentano le sette opere di misericordia intervallate dalle figure di virtù .
Sul lato ovest di Pistoia è posto in collina il convento di San Francesco a Giaccherino. Luogo di accoglienza di pellegrini e oratorio pubblico, accolse nei primi anni del XV secolo la comunità dei frati Francescani dell'Osservanza; con il passare dei secoli in controtendenza a molti dei luoghi che abbiamo visitato, ha acquistato una nuova imponenza.
La chiesa di San Bartolomeo in Pantano fu edificata insieme al monastero verso la metà dell'VIII secolo, dal longobardo Gaidoaldo, archiatra dei re Desiderio e Adelchi. La facciata fu eseguita in due momenti diversi: durante la costruzione della chiesa e nell’opera di ampliamento del XII secolo. È dotata di cinque arcate su colonne ed è aperta da tre portali. Quello centrale presenta un' architrave lavorata a bassorilievo, raffigurante due leoni affrontati che trattengono tra le zampe un uomo e un uccello. Venne edificata con l'impiego di conci di pietra squadrati e marmi bianchi e verdi. L'interno è a tre navate con copertura a volte a crociera in quelle laterali e a capriate in quella centrale, suddivise da colonne con capitelli romanici scolpiti con figure zoomorfe, antropomorfe e fitomorfe. Un buon restauro le consente l’antico splendore romanico e offre nella bellissima calotta absidale l’affresco tardo duecentesco del Cristo in Mandorla tra i santi Bartolomeo e Giovanni Evangelista, di Manfredino d'Alberto. La denominazione "in Pantano" fa pensare alla zona paludosa su cui sorse il complesso abbaziale. Tuttavia è maggiormente verosimile che tale denominazione derivi da un’antica porta cittadina, Porta Pandana, che si apriva sulla pianura circostante. Diverse famiglie monastiche si alternarono nel complesso abbaziale. I Benedettini fino al 1443, i Canonici Regolari Lateranensi fino al 1778 e i Vallombrosani della Chiesa di San Michele in Forcole fino al 1810.
Ricordiamo la storia di San Bartolomeo che è ricordata da Michelamngelo nel Giudizio Universale della cappella Sistina. Sant’Agostino, Sant’Isidoro di Siviglia ed il martirologio di Beda affermano che san Bartolomeo fu scorticato vivo. L’immagine più antica che si conosca in Italia, fra le bellissime teste affrescate su una parete di Santa Maria Antiqua a Roma databili all’ VIII secolo, deve ricondursi senza dubbio alla tradizione orientale che ritrae l’apostolo barbuto, nella piena virilità, spesso con il libro e il coltello nelle mani, chiara allusione al Vangelo proclamato e al martirio patito.
La sua storia ha delle analogie con quella di San Giacomo per quello che riguarda la sua sepoltura, infatti martire in Armenia, il suo corpo, dopo varie traslazioni sarebbe venuto a riposare in Roma, nel santuario a lui dedicato nell'isola tiberina. Molte opere importanti raffigurano l'apostolo, la più antica è fra i mosaici di Ravenna.
La Pieve di Sant’Andrea risale al VII secolo e sorse lungo un tratto urbano della via francigena. L’aspetto attuale nasce alla metà del XII secolo nel generale rinnovamento che coinvolse la maggiori chiese pistoiesi. L'interno della chiesa, articolato in tre navate con colonne ed abside semicircolare. La chiesa è custode di opere d'arte di altissimo pregio che ne fanno uno dei luoghi più interessanti della regione. Tra queste spiccano il Pulpito che Giovanni Pisano scolpì alla fine del XIII secolo. Questo pulpito a pianta esagonale non si discosta da quello di Nicola. Ha archetti più slanciati e la figurazione spicca per la sua drammaticità.
La chiesa di San Francesco risale al 1289. Fu eretta dove sorgeva quella di Santa Maria Maddalena al Prato, ceduta ai Francescani nel 1248. La chiesa si presenta semplice, con un impianto in stile gotico, ad una sola navata con copertura a capriate e cinque cappelle absidali, quattro minori e una maggiore con volte a crociera. La facciata fu completata solo fino all'altezza del portale ed è rivestita in travertino policromo bianco e da verde di Prato. Venne restaurata nel XVI secolo e ultimata definitivamente nel XVIII secolo.
La Chiesa di santa Maria al Prato aveva un'origine molto antica, fatta erigere dalla contessa Madilde di Canossa nel luogo delle pubbliche esecuzioni. Nel 1098 venne donata a i monaci della badia a Taona, per poi passare ai frati francescani prima che, nel1225, ricevessero il terreno per costruire la vicina chiesa di San Francesco.
Agli inizi del 1250 la comunità francescana entra in possesso di detta chiesa con l’annessa canonica e nel 1256 anche di un antico ospizio contiguo, dedicato a santa Maria Maddalena.
L’ospedale del Ceppo deve il suo nome alla tradizione di affidare le elemosine a un tronco cavo. Secondo la tradizione, a due coniugi pistoiesi apparve la Vergine in sogno, ordinando di fondare un ospedale dove avessero trovato un ceppo fiorito in inverno inoltrato. AI modesti locali medievali nel XV secolo si aggiunse l’ala con l’attuale facciata con il loggiato rinascimentale ad arcate costruito nel 1502 sul modello dell'ospedale dell'Innocenti di Firenze.
L’ospedale è caratterizzato dal bel fregio policromo del loggiato, commissionato dallo Spedalingo Leonardo Buonafede allo scultore fiorentino Benedetto. La decorazione in terracotta invetriata del fregio venne quindi affidata dopo la sua morte a Santi Buglione e Giovanni della Robbia. Rappresentano le sette opere di misericordia intervallate dalle figure di virtù .
Sul lato ovest di Pistoia è posto in collina il convento di San Francesco a Giaccherino. Luogo di accoglienza di pellegrini e oratorio pubblico, accolse nei primi anni del XV secolo la comunità dei frati Francescani dell'Osservanza; con il passare dei secoli in controtendenza a molti dei luoghi che abbiamo visitato, ha acquistato una nuova imponenza.
Da Pistoia , verso Pistoia e intorno
Spazzavento

E’ una frazione di Pistoia chiamata Via Lucensis: citata in una cartula donationis del 1101 era la strada che unisce Pistoia a Lucca. Prende nome da lla posizione di scontro delle correnti di due venti libeccio e tramontana.Nel luogo dove ora si trova la chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Maddalena e Lazzaro, nel XIII secolo erano un ospedale ed un lazzaretto hospitalis de Spathavento. Il rettore dello spedale, Giunta, compare negli elenchi della decima del 1288, e lo spedale è registrato nei verbali delle visite pastorali a partire da quella del 10 Giugno 1372 del vescovo Vivenzi , con la specificazione di hospitale et ecclesia S. Marie Magdalene et S. Lazzari de Spazzavento. Oggi la Chiesa dei SS. Maria Maddalena e Lazzaro dopo la sua distruzione dalle truppe tedesche è stata ricostruita e riaperta al culto nel 1951.
Villa Forteguerri

Un edificio che caratterizza il luogo e' la Villa Forteguerri, caratterizzata da quattro torrioni, uno ad ogni angolo dell’edificio, che possono essere avvistate dall’autostrada, dal treno e dalla via provinciale.
Serravalle Pistoiese

La chiesa di Santo Stefano è la prima pieve sorta a Serravalle capoluogo ed è riconducibile alla seconda metà del XIII secolo. Nella zona erano comunque già presenti pievi a Vinacciano, Groppoli e Casalguidi.
La facciata si presenta ancora nella sua originaria forma romanica, ben conservata nonostante i successivi rimaneggiamenti. Il campanile invece è stato ricavato da una precedente torretta difensiva del castello, del quale ha conservato l'antico passaggio.
Gli abitanti di Serravalle sono particolarmente devoti a San Lodovico, che si dice sia miracolosamente apparso nel 1306 a scongiurare un assalto dei Lucchesi. Per questo Giovanni della Robbia ha raffigurato il santo con in mano un modellino della città. La statua è stata realizzata non più tardi del 1628.
La facciata si presenta ancora nella sua originaria forma romanica, ben conservata nonostante i successivi rimaneggiamenti. Il campanile invece è stato ricavato da una precedente torretta difensiva del castello, del quale ha conservato l'antico passaggio.
Gli abitanti di Serravalle sono particolarmente devoti a San Lodovico, che si dice sia miracolosamente apparso nel 1306 a scongiurare un assalto dei Lucchesi. Per questo Giovanni della Robbia ha raffigurato il santo con in mano un modellino della città. La statua è stata realizzata non più tardi del 1628.
Vinacciano

Nel comune di Serravalle Pistoiese sul lato est del Montalbano c’è un antico borgo la cui origine risale al X secolo come un castello al confine con i castelli di Monsummano e Montevettolini a guardia dei confini di Pistoia. Che il castello di Vinacciano esistesse molto prima del 998 è evidenziato dal diploma che Ottone III, mentre la sua importante chiesa, la Pieve vecchia di Vinacciano, è ricordata per la prima volta nel 1134 nella Bolla d'Innocenzo II a favore del vescovo Atto.
Dal X al XIII secolo l' attuale toponimo era però attribuito ad una diversa località, sede appunto della curtis vescovile e della pieve, dedicata a San Marcello, . Questa sorgeva nella piccola valle del rio Maggio, un miglio circa a sud del colle detto oggi di Vinacciano, probabilmente su un antico itinerario che da Pistoia si dirigeva verso Cecina e il padule di Fucecchio. Nel 1221 i documenti parlano ormai esplicitamente di 'Castello de Vinacciano', sottoposto al dominio feudale del vescovo, ma del quale il Comune di Pistoia aveva rivendicata la diretta giurisdizione. Entrato dunque a far parte del distretto comunale di Pistoia, Vinacciano ne seguì le vicende politiche e militari subendo, ai primi del Trecento, come altri castelli della Valdinievole, prima l'assedio di Uguccione della Faggiola, poi quella di Castruccio Castracani.
Dal X al XIII secolo l' attuale toponimo era però attribuito ad una diversa località, sede appunto della curtis vescovile e della pieve, dedicata a San Marcello, . Questa sorgeva nella piccola valle del rio Maggio, un miglio circa a sud del colle detto oggi di Vinacciano, probabilmente su un antico itinerario che da Pistoia si dirigeva verso Cecina e il padule di Fucecchio. Nel 1221 i documenti parlano ormai esplicitamente di 'Castello de Vinacciano', sottoposto al dominio feudale del vescovo, ma del quale il Comune di Pistoia aveva rivendicata la diretta giurisdizione. Entrato dunque a far parte del distretto comunale di Pistoia, Vinacciano ne seguì le vicende politiche e militari subendo, ai primi del Trecento, come altri castelli della Valdinievole, prima l'assedio di Uguccione della Faggiola, poi quella di Castruccio Castracani.
Saturnana

Risalendo il corso del fiume Ombrone, si arriva a Saturnana.
La Pieve di San Giovanni Battista a Saturnana è una delle più antiche pievi del territorio pistoiese che fungeva anche da ospedale per i viandanti. Edificata sul lungo e tortuoso tracciato, aperto in epoca longobarda, che attraverso la valle della Lima raggiungeva Modena, questa pieve forse esisteva già nel secolo VIII e costituiva, ,un punto di riferimento sul percorso come l’ospizio di Fanano e la pieve di Lizzano.
Viene ricordata con il diploma di Ottone III del 26 febbraio 991e per la prima volta in una pergamena del 989 con l'indicazione del santo titolare: "Plebs S.Iohannis sita Satornana. Ha svolto un ruolo di riferimento per una vasta zona collinare come dimostra la presenza dell’alta torre campanaria, la cui base, in conci d'arenaria, è d' origine medioevale, mentre la parte superiore, a filaretto di alberese, e' stata ricostruita del secolo XV. Le forme originali della chiesa romanica sono andate quasi completamente perdute dopo le modifiche e le ristrutturazioni avvenute tra Settecento e Ottocento
La Pieve di San Giovanni Battista a Saturnana è una delle più antiche pievi del territorio pistoiese che fungeva anche da ospedale per i viandanti. Edificata sul lungo e tortuoso tracciato, aperto in epoca longobarda, che attraverso la valle della Lima raggiungeva Modena, questa pieve forse esisteva già nel secolo VIII e costituiva, ,un punto di riferimento sul percorso come l’ospizio di Fanano e la pieve di Lizzano.
Viene ricordata con il diploma di Ottone III del 26 febbraio 991e per la prima volta in una pergamena del 989 con l'indicazione del santo titolare: "Plebs S.Iohannis sita Satornana. Ha svolto un ruolo di riferimento per una vasta zona collinare come dimostra la presenza dell’alta torre campanaria, la cui base, in conci d'arenaria, è d' origine medioevale, mentre la parte superiore, a filaretto di alberese, e' stata ricostruita del secolo XV. Le forme originali della chiesa romanica sono andate quasi completamente perdute dopo le modifiche e le ristrutturazioni avvenute tra Settecento e Ottocento
San Mommè

Il primo nucleo abitato di San Mommè è edificato dai Longobardi nell’anno 1000 a "Savaiana" attorno alla chiesetta dedicata a Mamante, il santo da cui la località in seguito prenderà il nome.
Nel XIII secolo fu costruita una pieve dove si trovava la chiesetta. Nel Settecento una serie di pievani della famiglia Morelli ristrutturarono e dotarono dell'ampio porticato esterno attuale.
Il paese si trova su l’antica strada di valico fra Pistoia e Modena che nel 1225 vide le due città stipulare un trattato di concordia per la manutenzione della mulattiera.
In un casolare vicino al paese, a Savaiana, si trova L'oratorio di Pian di Ripalta, nato prima dell'anno 1000 dove i Longobardi stabilirono il primo nucleo abitato di San Mommè. In origine era soltanto una piccolissima costruzione che a mala pena riusciva a contenere un'immagine di S. Mamante. Questo santo, un eremita orientale, amico dei leoni, era venerato dai Longodardi che ne imposero il culto in diverse zone.
Nel XIII secolo fu costruita una pieve dove si trovava la chiesetta. Nel Settecento una serie di pievani della famiglia Morelli ristrutturarono e dotarono dell'ampio porticato esterno attuale.
Il paese si trova su l’antica strada di valico fra Pistoia e Modena che nel 1225 vide le due città stipulare un trattato di concordia per la manutenzione della mulattiera.
In un casolare vicino al paese, a Savaiana, si trova L'oratorio di Pian di Ripalta, nato prima dell'anno 1000 dove i Longobardi stabilirono il primo nucleo abitato di San Mommè. In origine era soltanto una piccolissima costruzione che a mala pena riusciva a contenere un'immagine di S. Mamante. Questo santo, un eremita orientale, amico dei leoni, era venerato dai Longodardi che ne imposero il culto in diverse zone.
San Marcello pistoiese

Durante il medio evo la montagna pistoiese si caratterizzò per la presenza di un articolato sistema di insediamenti fortificati. Dopo l'anno mille, le condizioni economiche degli abitanti della zona trovano nella rivoluzione agricola una nuova fonte di sostentamento che crea buone condizioni economiche. San Marcello, per la sua posizione lungo gli itinerari appenninici, divenne in breve il più importante fra i centri della Montagna pistoiese. Inizialmente feudo del Conte Guido Guerra di Modigliana, neltredicesimo secolo si costituisce libero comune, entrando a far parte dei territori sottoposti a Pistoia. Con un nuovo ordinamento amministrativo di Pistoia nasce la Comunità della Montagna ed i Capitani dal 1361, risiedettero alternativamente a Lizzano e a San Marcello.
Nel 1134 il paese aveva già la sua Pieve col titolo del santo omonimo. Citata per la prima volta nella bolla del 21 dicembre di quell’ anno spedita da Pisa dal Pontefice Innocenzo II al vescovo di Pistoia Atto. Ma il territurium de plebe S. Marcelli è ricordato in due "cartule" del 7 aprile 1085 e del maggio 1101. Della primitiva chiesa non rimane che la facciata, tronca dalla parte del campanile, e della quale si intravedono ancora l'archivolto del portale, sotto quello attuale seicentesco, il rosone e il breve cornicione sorretto da mensole variamente decorate.
San Marcello era cinto da mura e nell’elenco delle fortificazioni, compilato nell’anno 1381 dal Comune di Pistoia è così descritto: Castrum S. Marcelli muratum cum muris merlati et una Ecclesia cum campanile pro fortilitia de terra. Lo schema circolare, legato ad esigenze difensive e alla natura dei luoghi, ha avuto origine altomedioevale, quando l'abitato era organizzato attorno alla torre di avvistamento, trasformata poi nel campanile della pieve di San Marcello.
Più tardi la cinta muraria venne ampliata, e le porte, Porta Viti, Porta Poggiolo, Porta Campana e Porta Arsa, vennero aperte in corrispondenza dei quattro punti cardinali e delle importanti strade transappenniniche che raggiungevano il borgo. La costruzione della via modenese sotto i Lorena cambierà l’assetto della viabilità.
Nel 1134 il paese aveva già la sua Pieve col titolo del santo omonimo. Citata per la prima volta nella bolla del 21 dicembre di quell’ anno spedita da Pisa dal Pontefice Innocenzo II al vescovo di Pistoia Atto. Ma il territurium de plebe S. Marcelli è ricordato in due "cartule" del 7 aprile 1085 e del maggio 1101. Della primitiva chiesa non rimane che la facciata, tronca dalla parte del campanile, e della quale si intravedono ancora l'archivolto del portale, sotto quello attuale seicentesco, il rosone e il breve cornicione sorretto da mensole variamente decorate.
San Marcello era cinto da mura e nell’elenco delle fortificazioni, compilato nell’anno 1381 dal Comune di Pistoia è così descritto: Castrum S. Marcelli muratum cum muris merlati et una Ecclesia cum campanile pro fortilitia de terra. Lo schema circolare, legato ad esigenze difensive e alla natura dei luoghi, ha avuto origine altomedioevale, quando l'abitato era organizzato attorno alla torre di avvistamento, trasformata poi nel campanile della pieve di San Marcello.
Più tardi la cinta muraria venne ampliata, e le porte, Porta Viti, Porta Poggiolo, Porta Campana e Porta Arsa, vennero aperte in corrispondenza dei quattro punti cardinali e delle importanti strade transappenniniche che raggiungevano il borgo. La costruzione della via modenese sotto i Lorena cambierà l’assetto della viabilità.
Lizzano pistoiese

L’antico borgo, un tempo capoluogo della Montagna Pistoiese, ha perso quasi tutte le sue tracce storiche che consistevano nel palazzo pretorio, nella Pieve di Santa Maria Assunta e nell’Ospedale dei Pellegrini. La Chiesa è la Pieve più antica di tutta la montagna ricordata nel diploma d'Ottone III del 25 Febbraio del 997 come una delle venti pievi dislocate nel territorio della Diocesi, a servizio del vasto comprensorio appenninico. La pieve attuale è stata totalmente ricostruita nel 1827 ed oggi si presenta con aspetto moderno ma la sua origine risale al 998. Conserva all’interno alcuni arredi che ben testimoniano il prestigio di un tempo: una Madonna con Bambino in Terracotta invetriata policroma attribuita ad Andrea della Robbia.
San Pellegrino al Cassero

Il paese di San Pellegrino al Càssero dista da Pistoia 20 Km e dalla cittadina di Porretta Terme solo 15 Km. Si trovava nel secolo XIII sul confine settentrionale del districtus pistoiese, al di là del quale era il territorio della Sambuca. Oggi è composto di numerose frazioni che si trovano lungo le strade comunali. La storia racconta che deve il suo nome al passaggio di un pellegrino il figlio del re di Scozia che poi si ritirò nel paese che porta il suo nome nel comune di Castiglione di Garfagnana.
Il nome Càssero, invece, è dovuto ad una fortificazione che serviva da vedetta sul ponte Mezzano che congiungeva le due sponde opposte del fiume Limentra. Purtroppo il ponte è tuttora in cattivo stato.
Il nome Càssero, invece, è dovuto ad una fortificazione che serviva da vedetta sul ponte Mezzano che congiungeva le due sponde opposte del fiume Limentra. Purtroppo il ponte è tuttora in cattivo stato.
Sambuca Pistoiese

SAMBUCA PISTOIESE
Un ‘antica Rocca domina il borgo della Sambuca, che e' quello che da' il nome a tutto il comune. Il territorio del comune di Sambuca si estende sul versante settentrionale dell’Appennino tra le valli del Reno e dei suoi tre affluenti Limentra, Limentrella e Limentra Orientale.
Il castello di Sambuca in origine ben protetto da mura merlate. Insieme alla corte di Pavana, faceva parte fin dal X° secolo dei domini del vescovado di Pistoia, come risulta da un diploma imperiale di Ottone III del 997, pur dipendendo dalla diocesi di Bologna.
Posto a guardia della via Francesca della Collina, Sambuca fu a lungo un avamposto di notevole importanza strategica a difesa degli attacchi dei bolognesi, i quali nel 1204, approfittando della guerra tra fiorentini e pistoiesi, la occuparono.
La Via Francesca della Sambuca risaliva il crinale fra la Brana e l'Ombrone, passando per il Signorino e la localita' Ricavo, fino a superare il crinale appenninico a quota 932 al Passo della Collina. Qui la strada percorreva il crinale fra la valle del Reno e la Valle della Limentra di Sambuca, aggirando le cime del Monte Pidocchina e del Poggio Le Porte. A Sambuca Pistoiese la chiesa di San Cristoforo e Sant’ Iacopo conserva ancora la struttura originaria per quanto ristrutturata e ampliata nel secolo XVIII. In origine l'accesso alla chiesa avveniva dal fianco sud, dall'antica piazza che era racchiusa nella seconda cerchia del castello. Un importante ospitale fu quello dei Santi Bartolomeo e Antonino detto del Pratum Episcopi, già presente nel secolo XI. L'ospizio, documentato da carte del settecento, era un complesso architettonico che comprendeva la Chiesa, l'abitazione dei monaci e dei conversi. L'ospedale dei pellegrini si trovava in un edificio separato che si collegava alla chiesa mediante un passaggio coperto sopraelevato. I pellegrini che viaggiavano a cavallo potevano usufruire delle stalle dove si trovavano anche le cavalcature dei monaci.
Un ‘antica Rocca domina il borgo della Sambuca, che e' quello che da' il nome a tutto il comune. Il territorio del comune di Sambuca si estende sul versante settentrionale dell’Appennino tra le valli del Reno e dei suoi tre affluenti Limentra, Limentrella e Limentra Orientale.
Il castello di Sambuca in origine ben protetto da mura merlate. Insieme alla corte di Pavana, faceva parte fin dal X° secolo dei domini del vescovado di Pistoia, come risulta da un diploma imperiale di Ottone III del 997, pur dipendendo dalla diocesi di Bologna.
Posto a guardia della via Francesca della Collina, Sambuca fu a lungo un avamposto di notevole importanza strategica a difesa degli attacchi dei bolognesi, i quali nel 1204, approfittando della guerra tra fiorentini e pistoiesi, la occuparono.
La Via Francesca della Sambuca risaliva il crinale fra la Brana e l'Ombrone, passando per il Signorino e la localita' Ricavo, fino a superare il crinale appenninico a quota 932 al Passo della Collina. Qui la strada percorreva il crinale fra la valle del Reno e la Valle della Limentra di Sambuca, aggirando le cime del Monte Pidocchina e del Poggio Le Porte. A Sambuca Pistoiese la chiesa di San Cristoforo e Sant’ Iacopo conserva ancora la struttura originaria per quanto ristrutturata e ampliata nel secolo XVIII. In origine l'accesso alla chiesa avveniva dal fianco sud, dall'antica piazza che era racchiusa nella seconda cerchia del castello. Un importante ospitale fu quello dei Santi Bartolomeo e Antonino detto del Pratum Episcopi, già presente nel secolo XI. L'ospizio, documentato da carte del settecento, era un complesso architettonico che comprendeva la Chiesa, l'abitazione dei monaci e dei conversi. L'ospedale dei pellegrini si trovava in un edificio separato che si collegava alla chiesa mediante un passaggio coperto sopraelevato. I pellegrini che viaggiavano a cavallo potevano usufruire delle stalle dove si trovavano anche le cavalcature dei monaci.
Badia a Taona

A questo luogo immerso nei boschi della foresta dell’Acquerino si può arrivare partendo dal paese di Baggio (495 m. s.l.m.) e con un percorso di 10 km. e 700 metri si raggiunge i resti dell'antico Monastero di San Salvatore alla Fontana Taona. La strada antica Via Baiana, che metteva in comunicazione Pistoia con Bologna, partiva da Pistoia dalla Porta San Marco, attraversava boschi di castagni fino alle sorgenti della Limentra. L’Abbazia di San Salvatore della Fontana Taona risale al 1004 ed era un luogo di ritiro per religiosi che adempiva anche all’assistenza dei viandanti. Ricerche storiche fanno risalire la fondazione alla fine del settimo o inizio dell’ottavo secolo per opera del monaco Tao. Questo monaco, dopo aver fondato il grande monastero di Sant'Antimo nel Senese e quello pistoiese di San Tommaso, fra VIII e IX secolo, venne a costruire un romitorio presso la sorgente, ancor oggi esistente, che da lui prese il nome.
Importanti donativi arrivarono alla chiesa anche dalla contessa Matilde. Anche il vescovo di Bologna Vittore il 21 giugno 11129 assegnò ai monaci l’ospitale di San Michele nella selva Bombiana presso Gaggio Montano, un dono confermato dal vescovo Enrico il 13 gennaio 1131.
Questa funzione di ospitalità e di assistenza ai viandanti non si faceva solo a Taona ma anche in altri posti di tappa vicini come Bombiana, Casio e Stagno. La Badia poteva disporre di una proprieta' stimata in circa 100 km. quadrati, i terreni si stendevano da San Momme' al Passo della Collina, dal corso della Limentra fino a Casale del Re ed a Riola. Oggi della grande costruzione religiosa restano solo poche mura di un cadente edificio e i muri che circondano un vasto spiazzo al cui interno si trovano due costruzioni e i ruderi della badia.
Lungo il torrente La Bure i monaci benedettini della Badia Fonte a Taona costruirono il primo e l’unico mulino della zona nel 960, il Mulino del Gabbione dove trovarono alloggio i cavalieri del Tau in cammino verso la terra Santa. I monaci si occuparono della zona come grandi feudatari fino alla fine del secolo XIV, quindi si trasferirono a Pistoia nel Monastero di SanMichele in Forcole e l’abbazia fu soppressa. La sua posizione si avvaleva di essere presso le sorgenti delle tre Limentre e quindi con tre fiumi si delineano tre valli. La prima pre Taviano, Sambuca seguiva la Limentra superiore e attraversato il Reno al Ponte della Venturina, per Granaglione, Lizzano in Belvedere, Gaggio raggiungeva il crinale fra Reno e Panaro e poi tra Reno e Lavino arrivava fino a Casalecchio.
La chiesa di Santa Maria Maddalena al Prato si trovava a Pistoia, nell'attuale piazza San Francesco. L'edificio aveva un'origine molto antica, fatta erigere dalla contessa Matilde di Canossa nel luogo delle pubbliche esecuzioni.
Nel 1098 venne donata a i monaci della Badia a Taona, per poi passare ai frati francescani della vicina chiesa di San Francesco nel XIII secolo Nel Cinquecento Cosimo I de' Medici decise di proteggere la città con quattro poderosi bastioni agli angoli della cinta muraria, uno dei quali stravolse la zona del Prato di San Francesco Nel 1784 la parrocchia venne soppressa e venduta a privati, che la demolirono e inglobarono in altri edifici progressivamente fino a farla scomparire In una cartolina del primo Novecento si vede ancora solo il campanile che emerge dalle case affacciate sulla piazza, oggi pure scomparso.
Importanti donativi arrivarono alla chiesa anche dalla contessa Matilde. Anche il vescovo di Bologna Vittore il 21 giugno 11129 assegnò ai monaci l’ospitale di San Michele nella selva Bombiana presso Gaggio Montano, un dono confermato dal vescovo Enrico il 13 gennaio 1131.
Questa funzione di ospitalità e di assistenza ai viandanti non si faceva solo a Taona ma anche in altri posti di tappa vicini come Bombiana, Casio e Stagno. La Badia poteva disporre di una proprieta' stimata in circa 100 km. quadrati, i terreni si stendevano da San Momme' al Passo della Collina, dal corso della Limentra fino a Casale del Re ed a Riola. Oggi della grande costruzione religiosa restano solo poche mura di un cadente edificio e i muri che circondano un vasto spiazzo al cui interno si trovano due costruzioni e i ruderi della badia.
Lungo il torrente La Bure i monaci benedettini della Badia Fonte a Taona costruirono il primo e l’unico mulino della zona nel 960, il Mulino del Gabbione dove trovarono alloggio i cavalieri del Tau in cammino verso la terra Santa. I monaci si occuparono della zona come grandi feudatari fino alla fine del secolo XIV, quindi si trasferirono a Pistoia nel Monastero di SanMichele in Forcole e l’abbazia fu soppressa. La sua posizione si avvaleva di essere presso le sorgenti delle tre Limentre e quindi con tre fiumi si delineano tre valli. La prima pre Taviano, Sambuca seguiva la Limentra superiore e attraversato il Reno al Ponte della Venturina, per Granaglione, Lizzano in Belvedere, Gaggio raggiungeva il crinale fra Reno e Panaro e poi tra Reno e Lavino arrivava fino a Casalecchio.
La chiesa di Santa Maria Maddalena al Prato si trovava a Pistoia, nell'attuale piazza San Francesco. L'edificio aveva un'origine molto antica, fatta erigere dalla contessa Matilde di Canossa nel luogo delle pubbliche esecuzioni.
Nel 1098 venne donata a i monaci della Badia a Taona, per poi passare ai frati francescani della vicina chiesa di San Francesco nel XIII secolo Nel Cinquecento Cosimo I de' Medici decise di proteggere la città con quattro poderosi bastioni agli angoli della cinta muraria, uno dei quali stravolse la zona del Prato di San Francesco Nel 1784 la parrocchia venne soppressa e venduta a privati, che la demolirono e inglobarono in altri edifici progressivamente fino a farla scomparire In una cartolina del primo Novecento si vede ancora solo il campanile che emerge dalle case affacciate sulla piazza, oggi pure scomparso.
Bombiana

Dopo Porretta verso Bologna nel comune di Gaggio Montano si Trova Bombiana. Posta a nord di Gaggio, a 6 km dal capoluogo e a 804 m. s.l.m. (ab. 388), ai piedi di Castel Leone (fortezza costruita dai bolognesi nel 1226, già in rovina alla fine del ‘300 e del quale non rimane più traccia visibile) su di un crinale che fa da spartiacque tra le valli del Silla e del Marano e dal quale si gode uno vasto panorama.
In questo luogo nel secolo XIII c’era un castello nel cui interno sorgeva la chiesa di San Giacomo, che, dopo la decadenza del castello, fu trasferita nel centro del paese di Sasso Osso come allora si chiamava il nucleo di Bombiana. Nei pressi di Bombiana probabilmente nella località Casale sulla Porrettana, sorse l'ospitale di San Michele della Corte presso il Reno a cui fecero donazioni Matilde di Canossa nel 1098 e l'imperatore Enrico V nel 1118. Di qui passò, nell’885, papa Adriano III diretto a Roma e sempre qui, il 21 giugno 1118, l’imperatore Enrico V emanò un diploma a favore dell’ospitale di San Michele
La frazione si colloca in un punto strategico dell’antica viabilità tra Bologna e la Toscana e fu di Matilde di Canossa che la donò a papa Gregorio VII il quale poi la passò, nel 1074, ai vescovi di Bologna.
In questo luogo nel secolo XIII c’era un castello nel cui interno sorgeva la chiesa di San Giacomo, che, dopo la decadenza del castello, fu trasferita nel centro del paese di Sasso Osso come allora si chiamava il nucleo di Bombiana. Nei pressi di Bombiana probabilmente nella località Casale sulla Porrettana, sorse l'ospitale di San Michele della Corte presso il Reno a cui fecero donazioni Matilde di Canossa nel 1098 e l'imperatore Enrico V nel 1118. Di qui passò, nell’885, papa Adriano III diretto a Roma e sempre qui, il 21 giugno 1118, l’imperatore Enrico V emanò un diploma a favore dell’ospitale di San Michele
La frazione si colloca in un punto strategico dell’antica viabilità tra Bologna e la Toscana e fu di Matilde di Canossa che la donò a papa Gregorio VII il quale poi la passò, nel 1074, ai vescovi di Bologna.
Rocca Pitigliana

Il borgo dista 17 km. dal capoluogo (3 km dalla strada porrettana) e ha una altezza di 512 m. s.l.m. Il toponimo trae origine dal fatto che qui si trovava la rocca di Pitigliano
La chiesa parrocchiale, dedicata a San Michele Arcangelo, viene ricordata nel 1235, mentre l’attuale risale al 1502 con rifacimenti nel 1695.
Chiesa e campanile fanno corpo unico con un rilievo roccioso, il che conferisce al complesso caratteri di grande suggestione.
L’interno al quale si può accedere anche attraverso un passaggio sul lato destro scavato nella roccia, e ad unica navata con cappelle; interessante è il dipinto del santo titolare posto nell’abside e ritenuto opera di scuola reniana. La strada di Pitigliano e Bombiana veniva percorsa dai crociati che andavano ad imbarcarsi a Pisa quando il ponte di Savignano non era percorribile.
La chiesa parrocchiale, dedicata a San Michele Arcangelo, viene ricordata nel 1235, mentre l’attuale risale al 1502 con rifacimenti nel 1695.
Chiesa e campanile fanno corpo unico con un rilievo roccioso, il che conferisce al complesso caratteri di grande suggestione.
L’interno al quale si può accedere anche attraverso un passaggio sul lato destro scavato nella roccia, e ad unica navata con cappelle; interessante è il dipinto del santo titolare posto nell’abside e ritenuto opera di scuola reniana. La strada di Pitigliano e Bombiana veniva percorsa dai crociati che andavano ad imbarcarsi a Pisa quando il ponte di Savignano non era percorribile.
Vaiano

In antico Vaiano era un modesto villaggio (pagus Varianus), già noto in epoca romana, presso il guado sul fiume Bisenzio dove in seguito nacque la Badia di Vaiano attorno alla quale si sviluppò una notevole attività. La Badia di San Salvatore è di origine longobarda, e faceva parte di un potente monastero, benedettino prima (X -X I secolo), vallombrosano poi; è citato per la prima volta il 15 febbraio 1057 nella data di un documento di donazione al monastero di San Salvatore di Fontana Taona e conservato nell'Archivio di Stato di Pistoia. L'abbazia gestì alcuni Spedali per poveri e viandanti (uno vicino alla porta superiore del borgo).
Gli interventi avvenuti nel tempo hanno trasformato soprattutto la facciata e la parte absidale. La struttura è a tre navate, coperte da capriate e separate da pilastri a sezione quadrangolare. Caratteristica e' l'alta torre campanaria (raggiunge i quaranta metri) del 1258, con il coronamento aggettante e la merlatura coperta in legno. Interessante il vasto chiostro rinascimentale, costruito intorno al 1460 - 1470, forse mentre era abate Carlo di Cosimo de' Medici.
Annesso alla badia si trova un Museo inaugurato nel 1993 nelle sale che facevano parte anticamente del refettorio monastico e dell'appartamento dell'abate.
Gli interventi avvenuti nel tempo hanno trasformato soprattutto la facciata e la parte absidale. La struttura è a tre navate, coperte da capriate e separate da pilastri a sezione quadrangolare. Caratteristica e' l'alta torre campanaria (raggiunge i quaranta metri) del 1258, con il coronamento aggettante e la merlatura coperta in legno. Interessante il vasto chiostro rinascimentale, costruito intorno al 1460 - 1470, forse mentre era abate Carlo di Cosimo de' Medici.
Annesso alla badia si trova un Museo inaugurato nel 1993 nelle sale che facevano parte anticamente del refettorio monastico e dell'appartamento dell'abate.
Montepiano

Il passo di monte piano sull’ Appennino è a quota 700 metri , risultando così uno dei passi più comodi da valicare sin dal tempo degli etruschi.
La sua leggenda porta il nome del Beato Pietro di Montepiano vissuto nel VI secolo che su indicazione della Vergine attraverso un messaggio portato da due colombe scelse questo luogo per condurre una vita da eremita.
Sul romitorio del Beato Pietro sorse intorno al1095 in una radura sul torrente Setta la Badia di Santa Maria. Fu ampliata prima del1138, quando venne consacrata solennemente dal vescovo di Pistoia Atto.
Gli attuali edifici sono del XII secolo. La chiesa ha subito diverse modifiche nel corso del tempo ma mantiene a grandi linee le forme dell'epoca romanica, presumibilmente di origine lombarda.
La facciata della chiesa e fianchi esterni sono in bozze di arenaria con fregi ad archetti rampanti su colonnini, l'unico esempio noto nell'area pratese e pistoiese. Il portale mostra nell'architrave e nella lunetta bassorilievi di soggetto e stile arcaicizzante. Dalla zona absidale emerge il bel campanile a vela costruti quattrro secoli più tardi, quando anche il transetto fu trasformato in due cappelle. L'interno, ad unica navata rettangolare con capriate lignee, conserva importanti affreschi che datano 1260-80: tre riquadri, che uniscono influssi lombardi e toscani, fra i quali San Cristoforo, il gigante patrono dei viandanti, e "L'Arcangelo Gabriele che pesa le anime opera fiorentina della corrente bizantina più raffinata
Il monastero vallombrosano, che ebbe vasti possessi fino al Mugello e gestì uno "Spedale", fu lasciato dai monaci nel XVI secolo, passando al clero secolare. Il monastero, già abbandonato durante il Cinquecento, fu parzialmente abbattuto nell'Ottocento, in conseguenza di danni causati da un terremoto.
La sua leggenda porta il nome del Beato Pietro di Montepiano vissuto nel VI secolo che su indicazione della Vergine attraverso un messaggio portato da due colombe scelse questo luogo per condurre una vita da eremita.
Sul romitorio del Beato Pietro sorse intorno al1095 in una radura sul torrente Setta la Badia di Santa Maria. Fu ampliata prima del1138, quando venne consacrata solennemente dal vescovo di Pistoia Atto.
Gli attuali edifici sono del XII secolo. La chiesa ha subito diverse modifiche nel corso del tempo ma mantiene a grandi linee le forme dell'epoca romanica, presumibilmente di origine lombarda.
La facciata della chiesa e fianchi esterni sono in bozze di arenaria con fregi ad archetti rampanti su colonnini, l'unico esempio noto nell'area pratese e pistoiese. Il portale mostra nell'architrave e nella lunetta bassorilievi di soggetto e stile arcaicizzante. Dalla zona absidale emerge il bel campanile a vela costruti quattrro secoli più tardi, quando anche il transetto fu trasformato in due cappelle. L'interno, ad unica navata rettangolare con capriate lignee, conserva importanti affreschi che datano 1260-80: tre riquadri, che uniscono influssi lombardi e toscani, fra i quali San Cristoforo, il gigante patrono dei viandanti, e "L'Arcangelo Gabriele che pesa le anime opera fiorentina della corrente bizantina più raffinata
Il monastero vallombrosano, che ebbe vasti possessi fino al Mugello e gestì uno "Spedale", fu lasciato dai monaci nel XVI secolo, passando al clero secolare. Il monastero, già abbandonato durante il Cinquecento, fu parzialmente abbattuto nell'Ottocento, in conseguenza di danni causati da un terremoto.
Vernio Sant'Ippolito

Una antica Pieve si trova nel paese di Sant'Ippolito nei pressi di Vernio, in provincia di Prato. Si raggiunge da Mercatale di Vernio, e sulla sinistra si trova una biforcazione che conduce al paese di Sant'Ippolito, proseguendo la strada si arriva invece a Cantagallo.
Intorno alla chiesa dedicata ai santi Ippolito e Cassiano, una delle più antiche pievi della Val di Bisenzio si forma un paese che anticamente era chiamato anche come S. Poto, abbreviazione di Ippolito. La chiesa, insieme a quella di San Lorenzo ad Usella, sono citate in un diploma dell'Imperatore Ottone III del 998, ma è probabile che l'edifico sorgesse su di uno precedente di origine longobarda (VIII secolo), come testimonierebbe il nome del Santo a cui è dedicata la chiesa.
L’attuale aspetto della chiesa risale al 1923, quando l’edifico fu riportato alla forma originaria togliendo la calce ed i colori che ricoprivano l’interno, mostrando la sua struttura in pietra arenaria. La pieve aveva un unica navata ad aula terminante in un abside, sulle pareti laterali si aprivano le monofore. Sul retro un imponente campanile ha l’aspetto di Torre. La facciata a capanna con muratura a vista è priva di decorazioni. La muratura della pieve era realizzata con bozzette di arenaria locale disposte a filaretto.
Adiacente alla chiesa c'e' l'Oratorio della Compagnia del SS. Nome di Gesu', del quale non e' nota la data di costruzione: attualmente l’edificio ospita la Biblioteca.
Intorno alla chiesa dedicata ai santi Ippolito e Cassiano, una delle più antiche pievi della Val di Bisenzio si forma un paese che anticamente era chiamato anche come S. Poto, abbreviazione di Ippolito. La chiesa, insieme a quella di San Lorenzo ad Usella, sono citate in un diploma dell'Imperatore Ottone III del 998, ma è probabile che l'edifico sorgesse su di uno precedente di origine longobarda (VIII secolo), come testimonierebbe il nome del Santo a cui è dedicata la chiesa.
L’attuale aspetto della chiesa risale al 1923, quando l’edifico fu riportato alla forma originaria togliendo la calce ed i colori che ricoprivano l’interno, mostrando la sua struttura in pietra arenaria. La pieve aveva un unica navata ad aula terminante in un abside, sulle pareti laterali si aprivano le monofore. Sul retro un imponente campanile ha l’aspetto di Torre. La facciata a capanna con muratura a vista è priva di decorazioni. La muratura della pieve era realizzata con bozzette di arenaria locale disposte a filaretto.
Adiacente alla chiesa c'e' l'Oratorio della Compagnia del SS. Nome di Gesu', del quale non e' nota la data di costruzione: attualmente l’edificio ospita la Biblioteca.