Le carline
La carlina è una pianta selvatica che cresce aderente al terreno con lunghe foglie spinose disposte a rosetta. Al centro si forma il frutto: un capolino del diametro di circa 8 cm., anch’esso disposto raso terra e completamente avvolto da foglioline appuntite. Il capolino è commestibile, tipo il carciofo, e può essere mangiato sia crudo che cotto. La superficie del capolino è densamente pelosa e quando la pianta sfiorisce il capolino si trasforma in una specie di spazzola rotonda ricoperta da migliaia e migliaia di sottilissimi filamenti della lunghezza inferiore al centimetro.
La carlina viene anche usata come pianta ornamentale nelle composizioni di fiori secchi. Le sue radici hanno proprietà curative. Cresce in montagna in zone sassose e aride. La carlina è anche chiamata “pan de l’alpin”, “cardo San Pellegrino”, “pane del cacciatore”. Le montagne dell’Alto Casentino erano attraversate dall’antica Via Romea di Stade che era percorsa da viandanti e pellegrini che dal nord d’Europa si recavano a Roma. E ad ogni nuova primavera la carlina si faceva trovare lì, pronta per offrire ai camminanti il suo frutto prelibato. Anche oggi il capolino di questo cardo è molto apprezzato dai nuovi pellegrini che percorrono i boschi e terreni aridi del Casentino per riscoprire l’antico percorso della Via Romea descritto settecento anni fa dal monaco Alberto di Stade. Il nome generico di carlina sembra derivi da Carlo Magno che attribuì alla pianta il potere di curare la pestilenza. Gli antichi Sassoni consideravano la carlina un amuleto contro il malocchio e contro ogni malattia.
Nei piccoli paesi rurali del Casentino era costume lasciare sempre aperte le porte delle case in modo che ogni membro della comunità, senza bussare o chiedere permesso, in qualunque ora del giorno poteva far visita a questa o quella famiglia. Non dappertutto, ma in alcuni di quei paesi, c’era la credenza e il timore che dalla porta sempre aperta potessero entrare le streghe, portatrici di eventi malefici. Ma il rimedio a questa eventualità c’era, ed era proprio la carlina: una bella carlina più grande possibile, inchiodata sulla porta, salvaguardava la casa dall’’evento tanto temuto che una strega potesse entrare e portare disgrazie. Si credeva infatti che le streghe per potersi introdurre in una casa dovessero prima contare ad uno ad uno, senza interruzioni, tutti i filamenti della carlina. E siccome per distrazione o per il sopraggiungere del sonno non era possibile portare a termine la conta tutta di seguito, il pericolo che le streghe entrassero in casa veniva così scongiurato.
Come sempre succede, fra le tante persone che avevano paura delle streghe, non mancava qualcuno che a queste storie non ci credesse e tuttavia, per rassicurare i compaesani che frequentavano la sua casa, finiva anch’esso per inchiodare sulla propria porta, una bella carlina. Pertanto ogni porta del paese, stalle comprese, non veniva mai lasciata sguarnita della sua carlina antisventure.
E fu così che le case del casentino rimasero sempre aperte per gli amici e per i pellegrini.
Vera Biagioni
Dalla Garfagnana
Si racconta intorno alla vita di San Pellegrino che si cibasse di quei cardi spinosi che i montanari della Garfagnana chiamano ‘prunache ‘ ed i botanici ‘ carline ‘.
Da: Mirola Poggi Calzolari “ll parco naturale dell’Orecchietta in Garfagnana “ ed. Manfrini
La carlina viene anche usata come pianta ornamentale nelle composizioni di fiori secchi. Le sue radici hanno proprietà curative. Cresce in montagna in zone sassose e aride. La carlina è anche chiamata “pan de l’alpin”, “cardo San Pellegrino”, “pane del cacciatore”. Le montagne dell’Alto Casentino erano attraversate dall’antica Via Romea di Stade che era percorsa da viandanti e pellegrini che dal nord d’Europa si recavano a Roma. E ad ogni nuova primavera la carlina si faceva trovare lì, pronta per offrire ai camminanti il suo frutto prelibato. Anche oggi il capolino di questo cardo è molto apprezzato dai nuovi pellegrini che percorrono i boschi e terreni aridi del Casentino per riscoprire l’antico percorso della Via Romea descritto settecento anni fa dal monaco Alberto di Stade. Il nome generico di carlina sembra derivi da Carlo Magno che attribuì alla pianta il potere di curare la pestilenza. Gli antichi Sassoni consideravano la carlina un amuleto contro il malocchio e contro ogni malattia.
Nei piccoli paesi rurali del Casentino era costume lasciare sempre aperte le porte delle case in modo che ogni membro della comunità, senza bussare o chiedere permesso, in qualunque ora del giorno poteva far visita a questa o quella famiglia. Non dappertutto, ma in alcuni di quei paesi, c’era la credenza e il timore che dalla porta sempre aperta potessero entrare le streghe, portatrici di eventi malefici. Ma il rimedio a questa eventualità c’era, ed era proprio la carlina: una bella carlina più grande possibile, inchiodata sulla porta, salvaguardava la casa dall’’evento tanto temuto che una strega potesse entrare e portare disgrazie. Si credeva infatti che le streghe per potersi introdurre in una casa dovessero prima contare ad uno ad uno, senza interruzioni, tutti i filamenti della carlina. E siccome per distrazione o per il sopraggiungere del sonno non era possibile portare a termine la conta tutta di seguito, il pericolo che le streghe entrassero in casa veniva così scongiurato.
Come sempre succede, fra le tante persone che avevano paura delle streghe, non mancava qualcuno che a queste storie non ci credesse e tuttavia, per rassicurare i compaesani che frequentavano la sua casa, finiva anch’esso per inchiodare sulla propria porta, una bella carlina. Pertanto ogni porta del paese, stalle comprese, non veniva mai lasciata sguarnita della sua carlina antisventure.
E fu così che le case del casentino rimasero sempre aperte per gli amici e per i pellegrini.
Vera Biagioni
Dalla Garfagnana
Si racconta intorno alla vita di San Pellegrino che si cibasse di quei cardi spinosi che i montanari della Garfagnana chiamano ‘prunache ‘ ed i botanici ‘ carline ‘.
Da: Mirola Poggi Calzolari “ll parco naturale dell’Orecchietta in Garfagnana “ ed. Manfrini