Goethe Johann Wolfgang
dal libro I - capitolo V - de ' Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister '
" La pellegrina folle "
Il signor von Revanne, un ricco proprietario possiede le più belle tenute della sua provincia. Col figlio e la sorella abita un castello degno di un principe; se infatti il suo parco, i suoi canali, le sue fattorie, le sue manifatture, la sua casa danno per lo spazio di sei miglia vita e lavoro a metà degli abitanti, per la considerazione in cui è tenuto, per il bene che fa, è veramente un principe.
Alcuni anni fa passeggiava lungo le mura del suo parco per la strada maestra, quando gli piacque di riposare un poco in un boschetto dove i viandanti sostano volentieri. Alberi d’alto fusto si ergono al di sopra di fitti cespugli; si è riparati dal vento e dal sole; una fontana ben recinta invia l’acqua a radici, pietre ed erbe. Il signore aveva, come il solito, libro e schioppo con sé. Cercò di leggere, ma spesso veniva gradevolmente distolto e distratto, ora dal canto degli uccelli, ora dal passo di qualche viandante.
Avanzava intanto un bel mattino, quando una ragazza giovane e graziosa mosse verso di lui. Aveva lasciato la strada, e sembrava ripromettersi riposo e ristoro dal luogo fresco e ombroso, dove egli si trovava. Sorpreso, lasciò cadere il libri di mano. La pellegrina, con i più bei occhi del mondo e un volto piacevolmente animato dal moto, tanto si distingueva per figura, portamento, leggiadria, che istintivamente egli si alzò e guardò verso la strada, per veder comparire il seguito che supponeva dietro di lei. Ma la figura di lei attirò di nuovo la sua attenzione, quando s’inchinò nobilmente verso di lui. Ed egli ricambiò il saluto ossequiando. La bella viandante si sedette sull’orlo della fontana senza dir parola, ma con un sospiro.
“ Strano effetto della simpatia!” esclamò il signor von Revanne nel raccontarmi l’episodio.” Quel sospiro fu da me tacitamente ricambiato. Rimasi fermo non sapendo né cosa fare, né cosa dire. I miei occhi non bastavano a vedere tanta perfezione. Sedendo così distesa appoggiata su un gomito, era la più bella figura di donna che si potesse immaginare! Le scarpe attrassero principalmente la mia curiosità: impolverate com’erano, indicavano il lungo cammino percorso, eppure le calze di seta erano così attillate e lucide, come uscite allora dalla stiratura. La sua veste sollevata non era gualcita; i suoi capelli splendevano come se fossero stati arricciati quella mattina stessa; biancheria fine, merletti fini; vestiva come se dovesse recarsi ad un ballo. Nulla indicava il lei una vagabonda, tuttavia lo era,ma degna di compassione, di rispetto.
Alla fine approfittai di alcuni sguardi che lei mi gettò di sfuggita, per domandare se viaggiasse sola.” Si mio signore – rispose- sono sola al mondo”. “ Come? Madame, Lei sarebbe senza genitori, non ha conoscenti ?”.” Non intendevo questo, mio signore. I genitori li ho, e ho anche conoscenti abbastanza; ma non amici.”” Che sia per colpa sua –continuai- non è certo possibile. Lei ha un aspetto, e certamente anche un cuore, a cui molto si perdona”.
Sentì subito la specie di rimprovero che si nascondeva nel mio complimento, e io mi feci un bel concetto della sua educazione. Aprì verso di me due occhi celestiali, immacolatamente azzurri, limpidi e luminosi, e alle mie parole rispose con nobile espressione sostenendo di non poter rimproverare ad un gentiluomo quale io sembro, di ritenere in qualche modo sospetta una ragazza incontrata così sola per via; questo l’aveva già spesso pregiudicata, ma sebbene straniera, sebbene nessuno avesse diritto d’inquisirla, tuttavia mi pregò di credere che l’intenzione del suo viaggio poteva ben conciliarsi con la più assoluta onestà. Circostanze delle quali non doveva rendere ragione a nessuno, l’avevano costretta ad andare in giro per il mondo, sola con il suo dolore. Aveva trovato che i pericoli che si sogliono temere per il suo sesso sono solo immaginari, e che l’onore di una donna, perfino in mezzo ai briganti, corre pericolo solo quando il suo cuore e i suoi principi sono deboli.
Del resto andava solo in ore e per vie dove si credeva sicura, non parlava con chicchessia, e si fermava talora, solo dove poteva guadagnarsi il sostentamento, prestando servizi idonei alla sua qualità e alla sua educazione. Nel dire così la sua voce si abbassò, le sue ciglia si chinarono, e vidi alcune lacrime scendergli per le gote.
Risposi che non dubitavo affatto della sua buona origine, né tanto meno della sua condotta onorata. Mi rincresceva soltanto, che non so quale necessità la costringesse a servire, mentre sembrava degna di essere servita; malgrado la mia viva curiosità io non volevo saper altro di lei; piuttosto desideravo conoscerla meglio per convincermi che la buona educazione le stava non meno a cuore della virtù. Queste parole parvero di nuovo offenderla; e rispose che se nascondeva nome e patria era proprio per la reputazione, la quale del resto si fonda di solito più su elementi supposti che reali. Se offriva i suoi servizi, poteva presentare certificati delle famiglie presso cui ultimamente aveva servito, e confessava apertamente che non voleva essere interrogata sulle origini e sulla patria, che il mondo la giudicasse da quei documenti e per il resto, per l’innocenza e l’onoratezza di tutta la sua vita, si rimettesse al cielo o alla sua parola.”
Espressioni di tal genere non lasciano sospettare nessuna aberrazione mentale della bella avventuriera. Il signor von Revanne, non potendo comprendere una tale decisione di girare così per il mondo, suppose che forse si era voluto sposarla contro il suo sentimento. Più tardi si domandò se non si trattasse addirittura di un caso di disperazione amorosa: e, cosa strana ma che spesso succede, mentre le attribuiva amore per un altro, lui stesso se ne andava innamorando e già temeva il pensiero che riprendesse il suo vagabondare. Non poteva staccare gli occhi dal bel volto, reso ancor più bello dalla mezza luce verde del bosco. Mai, figura più bella, se mai esistessero ninfe, si adagiò sopra l’erba; anche il modo un po’ romantico all’incontro diffondeva sulla sua persona un fascino, cui non poteva resistere.
Senza riflettere oltre sulla cosa, il signor von Revanne indusse la bella sconosciuta ad andare con lui al castello. Non fa alcuna difficoltà: vanno insieme e si mostra persona abituata all’alta società. Vengono serviti rinfreschi, li accetta senza falsa cortesia, ingraziando amabilmente. In attesa del pranzo le viene mostrata la casa. Nota soltanto ciò che merita una distinzione speciale, sia che si tratti di mobili, di quadri o di una più adatta disposizione delle camere. Trova una biblioteca, conosce buoni libri, na parla con finezza e modestia. Niente ciarle vuote, nessun imbarazzo. A tavola un contegno ugualmente nobile e naturale e il tono della più amabile conversazione. Fin qui tutto è ragionevole nel suo conversare, e il suo carattere appare amabile quanto la figura.
Dopo pranzo fa una piccola uscita stravagante che la rende ancor più simpatica, e volgendosi con un sorriso alla signorina von Revanne dice di essere suo costume pagare il pranzo con un piccolo lavoro, e quando non ha denaro, richiedere dalla padrona di casa aghi da cucire. “ Mi permetta – disse- che ricami un fiore sul suo telaio, così in avvenire, guardandolo potrà ricordarsi della povera sconosciuta”. La signorina von Revanne rispose che le dispiaceva assai, ma che sul momento non aveva un ordito preparato e che doveva rinunciare al piacere di ammirare la sua abilità. Allora la pellegrina volse il suo sguardo al pianoforte. “ Quand’è così- disse – pagherò il mio debito con moneta di vento, come già del resto era costume dei cantori girovaghi”. Provò lo strumento con un paio di preludi che rivelarono subito una mano molto esercitata. Non si aveva più alcun dubbio che fosse una giovane donna di qualità, fornita delle attitudini più gentili. Il suo esordio fu vivace, brillante; poi passò a toni più seri, di una tristezza profonda, che si lesse subito nei suoi occhi. Ed essi si bagnarono di lacrime, il suo volto mutò, le sue dita si arrestarono; poi d’un tratto sorprese tutti cantando con la più bella voce del mondo, in modo gaio e arguto, un canto malizioso e ardito. Poiché in seguito avemmo ragione di credere che quella specie di romanza giocosa la riguardasse un po’ da vicino, si vorrà perdonare se la includiamo nel nostro racconto.
Da dove vieni nascosto nel mantello
Mentre appena fa giorno ad oriente
Nel vento ghiaccio ha voluto l’amico
Edificarsi con un pellegrinaggio?
Chi gli ha preso il suo mantello ?
Chi gli ha preso il suo cappello ?
Vuol andare lui a piedi nudi?
Com’è venuto nel bosco
Sui monti innevati tempestosi ?
Strano, da una calda dimora,
dove aveva sperato svago migliore
e se non avesse il mantello,
che vergogna tremenda sarebbe!
Quel birbante l’ha ingannato
L’ha alleggerito del fagotto;
il povero amico sen’è andato
Nudo spogliato quasi come Adamo.
Perché ha percorso un certo cammino
Per quella mela tanto insidiosa,
davvero bella nella cinta del mulino
com’era soltanto nel paradiso!
Non è facile che ripeta lo scherzo;
filò via svelto dalla casa
e ora che è all’aperto, getta
lamenti alti ed amari:
nei suoi sguardi di fuoco non lessi
nemmeno una sillaba di tradimento!
Con me pareva in estasi
E covava un’azione così nera!
Tra le sue braccia potevo sognare
Che un cuore infido batteva in petto?
Lei chiede indugio ad Eros impaziente
E lui ci favoriva largamente
Godersi così il mio amore,
la notte che non aveva fine,
e di colpo gridare “ Mamma!”
non appena venne il mattino!
Dentro irrompe una dozzina di parenti,
un vero torrente umano! Vennero
il fratello, le zie curiose,
qua un cugino e anche lo zio!
Era un infuriare, era un imperversare!
Ogni parente una belva d’altra specie.
Pretendevano da me la corona e i fiori
Con urla mostruose.
“ Cosa vi porta a scagliarvi come pazzi
Contro un ragazzo innocente!
Per conquistare tali tesori
Bisogna essere molto più lesti.
Eros sa condurre il suo bel gioco
Sempre per tempo:
non permette che i fiori
per sedici anni restino al mulino”
Rubarono il fagotto dei vestiti
E volevano in più anche il mantello.
Come faceva in una casa così angusta
A imbucarsi tanta marmaglia maledetta!
Mi alzo di scatto, infurio e bestemmio,
sicuro, di passare attraverso di loro.
Guardai la traditrice ancora una volta,
e ah! Era ancora sempre bella.
Scansarono tutti la mia rabbia,
volarono ancora parole tempestose;
alla fine con voce di tuono
fuggii via da quell’antro.
Ragazze di campagna siete da sfuggire
Proprio come le ragazze di città!
Lasciate alle signore di rango
Il piacere di spogliare i loro servi!
Se poi foste di quelle esperte
e ignoraste i doveri cortesi,
cambiate pure gli amanti,
ma tradirli, non fatelo mai.”
Così canta nell’ora invernale,
quando non è verde alcun povero stelo.
Io rido della sua ferita profonda,
lui l’ha meritata davvero;
così succeda a chi inganna di giorno
la sua nobili bella e di notte temerario
fila come un serpente al falso mulino di Amore.
Era certo molto strano che potesse dimenticarsi di sé in tal modo, e quello scherzo salace era forse da ritenersi come indizio di una testa non sempre equilibrata. “Ma - mi diceva il signor von Revanne – anche noi dimenticammo le osservazioni che avremmo potuto fare. Non so come fu. Dovevamo essere conquistati dalla grazia indicibile con cui recitava quella buffonata: burlescamente ma con perspicacia. Le sue dita le obbedivano perfettamente e la sua voce era davvero un incanto. Quando ebbe finito apparve tranquilla e posata come prima, e credemmo che avesse voluto soltanto rallegraci il momento della digestione.
Poco dopo ci chiese il permesso di poter riprendere il suo cammino; ma a un mio cenno mia sorella le disse:
” Nel caso non avesse fretta e la nostra ospitalità non le dispiacesse, sarebbe per noi una festa vederla ancora per più giorni da noi”.
Pensavo di offrirle una occupazione poiché aveva accettato di restare. Tuttavia per quel giorno e nei seguenti la conducemmo solo lì intorno. Non si smentì mai un minuto: era la ragione stessa dotata di ogni grazia. Il suo spirito era fine e giusto, la sua memoria così ricca e varia, il suo animo così bello che spesso causava la nostra meraviglia e tratteneva la nostra attenzione. Conosceva anche tutte le regole del buon galateo e le praticava con ciascuno di noi non meno che con alcuni amici che ci visitavano, tanto perfettamente che non sapevamo più come combinare quelle sue singolarità con una tale educazione.
Davvero non osai più proporle un servizio nella nostra casa. Anche mia sorella, a cui era molto simpatica, ritenne suo dovere risparmiare la sensibilità d’animo della sconosciuta. Attendevano insieme alle faccende domestiche; e se in queste la buona creatura si abbassava spesso fino ai lavori materiali sapeva poi disporre e ordinare come una vera signora. In breve tempo lei stabilì in casa un nuovo ordine, a cui fino allora nel castello non avevamo mai pensato. Era una massaia intelligente; avendo cominciato a sedere alla nostra tavola, non si trasse poi indietro per falsa modestia e seguitò a desinare con noi con molta naturalezza; non toccava né le carte né alcun strumento prima d’aver terminato le sue faccende.
Ora io debbo confessare che il destino di questa ragazza cominciò a commuovermi profondamente. Compiangevo i genitori che forse dovevano sentire amaramente la mancanza di una tale figlia; mi faceva pena che virtù tanto umane, qualità tanto belle dovessero andare perdute così. Viveva con noi già da vari mesi, e io speravo che la fiducia che cercavamo d’ispirarle, avrebbe una volta portato il segreto fin sulle sue labbra. Se si trattava di una sventura avremmo potuto aiutarla; se era un errore la nostra mediazione poteva ottenerle il perdono. Ma tutte le nostre assicurazioni amichevoli, perfino le nostre preghiere restarono inefficaci. Appena notava il nostro desiderio d’indurla a una spiegazione si nascondeva, per giustificarsi, dietro massime morali generiche, senza illuminarci. Se, per esempio, parlavamo della sua sventura: ” La sventura - diceva – colpisce i buoni e i malvagi. E’ una medicina molto efficace che assale tutti gli umori del corpo, i buoni come i cattivi.”
Quando cercavamo di scoprire le cause della sua fuga dalla casa paterna diceva sorridendo: ” Se il capriolo fugge, non per questo è colpevole”. Chiedemmo se avesse sofferto persecuzioni. “ E il destino di molte ragazze di buona famiglia – rispondeva – incontrare molte avversità e sostenerle. Chi piange per un torto ricevuto, soffrirà ancora altri torti”.
Ma come si era potuta risolvere ad esporre la sua vita alla rozzezza e incomprensione degli uomini o, per lo meno, a esser debitrice alla loro pietà ? A questa domanda si mise di nuovo a ridere e disse:” Il povero che saluta il ricco mentre siede a tavola, non è certo privo d’intelligenza”. Una volta che la conversazione inclinava allo scherzo e si parlava di amanti, le chiedemmo se non conoscesse il freddoloso eroe della sua romanza. Ricordo bene anche oggi: quelle parole parvero quasi trafiggerla. Aprì verso di me due occhi così seri e severi, che i miei non poterono sostenere lo sguardo; ogni volta che in seguito si parlò d’amore, potevamo esser sicuri di veder turbata la grazia del suo essere e la vivacità del suo spirito. Subito cadeva in un silenzio meditabondo, che noi prendemmo per rimuginio, ed era invece solo dolore. Tuttavia, nell’insieme, restò allegra, pur senza grande vivacità, signorile senza darsi arie, schietta senz’essere espansiva, riservata ma non timida, più paziente che mite, riconoscente per le parole affettuose e le gentilezze, ma non cordiale. Certo, era una donna educata per sovrintendere ad una grande casa, eppure all’aspetto non mostrava più di ventun’anni.
Così si mostrò questa giovane inesplicabile donna, che mi conquistò interamente nei due anni che trascorse nella nostra casa, finché concluse il suo soggiorno tra noi con una pazzia, molto più singolare di quanto non fossero splendide e degne le sue doti. Mio figlio più giovane di me, potrà consolarsi; per quello che riguarda me temo di essere tanto debole da sentire sempre la sua mancanza.
E ora Le racconterò la follia di una giovane donna, per dimostrare che spesso la follia altro non è che la ragione ma con un aspetto diverso. E’ vero, si troverà una strana contraddizione tra il nobile cavaliere della pellegrina e il comico raggiro di cui si servì; del resto già conosciamo già due sue bizzarrie: il suo pellegrinaggio e la sua romanza.
E’ ben chiaro come il signor von Revanne fosse innamorato della sconosciuta. Ora egli non poteva in verità contare troppo sul suo volto cinquantenne, per quanto avesse un aspetto florido e vigoroso di un uomo di trenta, ma forse sperava di piacere per la sua salute fresca e pura come quella di un bambino, per la bontà, serenità, dolcezza, generosità del suo carattere; forse anche per il suo patrimonio, sebbene fosse troppo giudizioso per non sentire che non si può comprare ciò che non ha prezzo.
Ma il figlio, dall’altro lato, era gentile, tenero, focoso e senza pensare più al padre si gettò a capofitto nell’avventura. Dapprima cercò con molta prudenza di guadagnare la conosciuta, che aveva cominciato a divenirgli cara per le lodi e l’amicizia del padre e della zia. Aspirò seriamente a quell’amabile donna, che sembrava ben superiore alla sua condizione di quel momento. La sua severità ancor più dei suoi meriti e della sua bellezza lo infiammarono: osò parlare, tentare, promettere.
Il padre, pur senza volerlo, dava invece alla sua passione sempre qualcosa di paterno. Conosceva se stesso, e quando ebbe conosciuto il suo rivale, disperò di vincerlo, se non avesse ricorso a mezzi non certo degni di un uomo di buoni principi. Tuttavia continuò a perseguire il suo scopo, per sapendo che bontà e persino ricchezza sono allettamenti cui una donna si abbandona solo intenzionalmente, e che tuttavia restano del tutto inefficaci, non appena l’amore si mostra con le sue seduzioni e in compagnia della giovinezza. Il signor von Revanne commise anche altri errori di cui più tardi si pentì. In un’amicizia che si fondava soprattutto sulla stima parlò di unione duratura, segreta, ma sancita dalle leggi. Si lamentò anche, e pronunciò tra l’altro la parola ingratitudine. E certo egli non conosceva colei che amava, se un giorno poté dirle che molti benefattori raccolgono male per bene che hanno fatto. Con pronta schiettezza la sconosciuta gli rispose:” Molti benefattori vorrebbero comprarsi ogni diritto sul beneficato per un piatto di lenticchie. “
La bella straniera, venuta a trovarsi fra due rivali, guidata da motivi sconosciuti, parve non avere altra intenzione che di risparmiare a sé e agli altri delle sciocchezze, ricorrendo in una situazione così scabrosa a una bizzarra scappatoia. Il figlio la stringeva con l’audacia propria della sua età e, come usa, minacciava di sacrificare la sua vita alla spietata. Il padre, un po’meno irragionevole, era tuttavia non meno insistente. Tutt’e due, a loro modo, sinceri. Quell’essere amabile avrebbe potuto assicurarsi una ben meritata posizione: tutti e due signori von Revanne giuravano che la loro intenzione era di sposarla.
Ma dall’esempio di questa ragazza le donne possono imparare che un animo onesto, sebbene con lo spirito traviato da vanità o da vera follia, non lascia aperte le ferite che non ha intenzione di risanare. La pellegrina sentiva di essere giunta ormai al punto estremo, dove non le sarebbe stato più facile difendersi. Era in balia di due amanti che potevano oscurare ogni audacia con la purezza delle intenzioni, perché avevano in mente di giustificare la loro temerarietà con un’unione solenne. Era così, e lei lo comprese.
Avrebbe potuto trincerarsi dietro la signorina von Revanne, ma non lo fece, certo per delicatezza, per rispetto versi i suoi benefattori. Non si confonde, escogita un modo che permetta a ognuno di conservare la propria virtù, anche a costo di far sorgere dubbi sulla virtù di se stessa. E’ pazza per fedeltà, una fedeltà che il suo amante senza dubbio non merita se egli non intuisce tutti i sacrifici che lei fa per lui, dovessero anche restargli per sempre sconosciuti.
Un giorno che il signor von Revanne contraccambiava forse troppo vivacemente l’amicizia, la gratitudine che la ragazza gli protestava, lei assunse d’un tratto un contegno ingenuo, che lo colpì.” La sua bontà signore mi inquieta – disse - e permetta che le sveli sinceramente il perché. Lo sento bene, io debbo a Lei tutta la gratitudine, eppure ….” “ crudele ragazza! – disse il signor Revanne – La capisco. Mio figlio Le ha toccato il cuore. “ Oh, signore fosse stato il cuore soltanto! Posso spiegare la cosa con lo stato di profondo sconvolgimento in cui mi trovavo …” “ Come? Signorina, Lei sarebbe …”. “ Credo di si- rispose chinando il capo e versando una lacrima. Alle donne nella loro furberia, non manca mai una lacrima, non mai una giustificazione delle loro colpe.
Per quanto innamorato il signor von Revanne dovette tuttavia ammirare fra sé quella nuova specie di incolpevole sincerità che nascondeva pudicamente il viso, e trovò quel chinare del capo molto opportuno.” Ma mademoiselle mi è del tutto inconcepibile.”
“ Anche a me – rispose mentre le sue lacrime sgorgavano più copiose. Sgorgarono finché il signor von Revanne, al termine di una riflessione molto penosa, atteggiando il volto a tranquillità, riprese la parola e disse “Ora capisco! Vedo bene tutto il ridicolo delle mie pretese. Non le faccio nessun rimprovero, e come unica punizione per il dolore che mi procura, Le prometto della eredità di mio figlio, tutto quanto sia sufficiente a sperimentare, se l’amore di lui è pari al mio” “ Oh, mio signore, abbia pietà della mia innocen<za e non gli dica nulla”. Domandare segretezza non è il miglior modo per ottenerla. Dopo questa scena la bella sconosciuta aspettava di vedersi davanti il suo innamorato pieno di dispetto e irritatissimo. Subito infatti apparve, con uno sguardo che annunziava parole di fuoco, tuttavia si arrestò e non riuscì ad emettere che. “ Come ? Mademoiselle, è mai possibile ?” “ E allora se è così, mio signore –disse con un sorriso che in una tale occasione poteva portare alla disperazione. “ Come ? Se è così? Lei è davvero originale mademoiselle! Ma almeno non si dovrebbero diseredare i figli legittimi: è già molto accusarli. Sì, mademoiselle, io intendo perfettamente il suo complotto con mio padre. Voi mi date un figlio che è mio fratello, di ciò sono sicuro.” Con lo stesso volto pacato e sereno la bella squilibrata rispose: “ Lei non può essere certo di niente, non è né suo figlio né suo fratello. Bambini maschi non ne ho voluti, sono cattivi. E’ una povera ragazza che io voglio condurre lontano, molto lontano dagli uomini, i cattivi, i pazzi e gli infedeli uomini”. E prosegui sfogandosi:” Addio, addio caro signor von Revanne! Lei ha ricevuto dalla natura un cuore leale: si mantenga fedele ai suoi pricipi: essi non sono pericolosi quando si ha una ricchezza ben fondata. Sia buono con i poveri. Chi disprezza la preghiera dell’innocenza che soffre, pregherà lui stesso una volta, e non sarà esaudito. Chi non si fa scrupolo di disprezzare gli scrupoli di una ragazza indifesa, diventerà lui stesso vittima di donne senza scrupoli. Chi non sente quel che deve provare una ragazza onesta, quando viene chiesta la sua mano, non merita di averla. Chi progetta piani irragionevoli, contrari agli intendimenti, alla volontà della sua famiglia, per seguire le sue passioni merita di perdere i frutti della sua vera passione e il rispetto della sua famiglia. Credo bene che lei mi abbia amato sinceramente; ma mio caro Revanne, la gatta sa bene a chi lecca la barba. Se sarà mai amato da una nobile donna, si ricordi del mulino, del mulino dell’infedele! Impari dal mio esempio ad avere fiducia nella costanza e nella segretezza della sua amata. Lei sa se io sono infedele, anche suo padre lo sa. Io volevo girare il mondo ed espormi a tutti i pericoli. Certo, i pericoli che mi minacciano in questa casa sono i più grandi. Ma poiché Lei è giovane dico a Lei solo e in confidenza: uomini e donne sono infedeli solo quando lo vogliono; e questo io volli dimostrare all’amico del mulino, che forse tornerà a vedermi, quando il suo cuore sarà puro abbastanza, per sentire la mancanza di quel che ha perduto.”
Il giovane Revanne era ancora in ascolto, ma la ragazza era già uscita. Rimase là come colpito dal fulmine. Alla fine le lacrime aprirono i suoi occhi, in questa commozione corse dalla zia, dal padre, per dire loro: “Mademoiselle è andata via, mademoiselle è un angelo o piuttosto un demonio, vagante per il mondo per tormentare ogni cuore.” Ma la pellegrina aveva predisposto tutto così bene che non la si ritrovò più. E quando padre e figlio parlarono insieme chiaramente, non ebbero più dubbi sulla sua innocenza, sui suoi talenti e sulla sua follia. Per quanto da allora il signor von Revanne abbia molto cercato e indagato, non gli è riuscito di ottenere la più piccola notizia su quella bella persona, che era apparsa fuggevole e amabile come un angelo.
dal capitolo IV de ' Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister ' pag 57 ed Medusa
.....somigli ad un bordone di pellegrino che ha la strana virtù di fiorire in ogni angolo dove si posi, manon di mettere radici in nussun luogo.
dal capitolo I del libro III de ' Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister '
….. chiesero se anche a lui nelle sue peregrinazioni a piedi non veniva talora in mente qualche canto, che poi canticchiasse fra sé. “ La natura – rispose Wilhelm – mi ha negato una bella voce, ma nel mio intimo mi pare talvolta che un genio segreto mi sussurri qualche cosa di ritmico, così che, camminando, mi muovo sempre ritmicamente e credo, così andando, di udire una melodia sommessa che accompagna qualche canzone e che, in un modo o nell’altro, mi si presenta spontanea nella mente”.
“ Se ricordate qualcuna di queste canzoni, scrivetela. Vogliamo vedere se siamo capaci di accompagnare il vostro demone canoro”.
Wilhelm prese un foglio dal suo taccuino e consegnò loro i seguenti versi:
Dalla montagna alle colline,
fino in fondo alla valle,
frulla come un batter d’ali
Vi si leva come un canto;
quello slancio infinito
lo segua gioia, lo segua saggezza!
E il tuo desiderio sia nell’amore
e la tua vita sia l’azione.
……
Harzreise im Winter (Viaggio invernale nello Harz).
Nella macchia il sentiero si perde,
dietro i suoi passi
si chiudono di colpo gli arbusti,
si rialzano l'erbe,
l'inghiotte la solitudine. (...)
Dapprima spregiato, or spregiatore,
segretamente, in inetto
amore di sé,
il proprio valore consuma
, Wanderers Sturmlied, "Canto del viandante nella tempesta",
Da Francoforte a Darmsstadt ci sono 27 km
“ mangiavo in qualche osteria lungo la strada maestra, poi riprendevo il cammino. Più che mai ero tutto rivolto verso il mondo aperto e la libera natura. Mentre camminava cantavo a me stesso strani inni e ditirambi dei quali se n’è salvato uno solo, dal titolo ‘ Canto del viandante nella tempesta’ Wanderes Sturmlied
" La pellegrina folle "
Il signor von Revanne, un ricco proprietario possiede le più belle tenute della sua provincia. Col figlio e la sorella abita un castello degno di un principe; se infatti il suo parco, i suoi canali, le sue fattorie, le sue manifatture, la sua casa danno per lo spazio di sei miglia vita e lavoro a metà degli abitanti, per la considerazione in cui è tenuto, per il bene che fa, è veramente un principe.
Alcuni anni fa passeggiava lungo le mura del suo parco per la strada maestra, quando gli piacque di riposare un poco in un boschetto dove i viandanti sostano volentieri. Alberi d’alto fusto si ergono al di sopra di fitti cespugli; si è riparati dal vento e dal sole; una fontana ben recinta invia l’acqua a radici, pietre ed erbe. Il signore aveva, come il solito, libro e schioppo con sé. Cercò di leggere, ma spesso veniva gradevolmente distolto e distratto, ora dal canto degli uccelli, ora dal passo di qualche viandante.
Avanzava intanto un bel mattino, quando una ragazza giovane e graziosa mosse verso di lui. Aveva lasciato la strada, e sembrava ripromettersi riposo e ristoro dal luogo fresco e ombroso, dove egli si trovava. Sorpreso, lasciò cadere il libri di mano. La pellegrina, con i più bei occhi del mondo e un volto piacevolmente animato dal moto, tanto si distingueva per figura, portamento, leggiadria, che istintivamente egli si alzò e guardò verso la strada, per veder comparire il seguito che supponeva dietro di lei. Ma la figura di lei attirò di nuovo la sua attenzione, quando s’inchinò nobilmente verso di lui. Ed egli ricambiò il saluto ossequiando. La bella viandante si sedette sull’orlo della fontana senza dir parola, ma con un sospiro.
“ Strano effetto della simpatia!” esclamò il signor von Revanne nel raccontarmi l’episodio.” Quel sospiro fu da me tacitamente ricambiato. Rimasi fermo non sapendo né cosa fare, né cosa dire. I miei occhi non bastavano a vedere tanta perfezione. Sedendo così distesa appoggiata su un gomito, era la più bella figura di donna che si potesse immaginare! Le scarpe attrassero principalmente la mia curiosità: impolverate com’erano, indicavano il lungo cammino percorso, eppure le calze di seta erano così attillate e lucide, come uscite allora dalla stiratura. La sua veste sollevata non era gualcita; i suoi capelli splendevano come se fossero stati arricciati quella mattina stessa; biancheria fine, merletti fini; vestiva come se dovesse recarsi ad un ballo. Nulla indicava il lei una vagabonda, tuttavia lo era,ma degna di compassione, di rispetto.
Alla fine approfittai di alcuni sguardi che lei mi gettò di sfuggita, per domandare se viaggiasse sola.” Si mio signore – rispose- sono sola al mondo”. “ Come? Madame, Lei sarebbe senza genitori, non ha conoscenti ?”.” Non intendevo questo, mio signore. I genitori li ho, e ho anche conoscenti abbastanza; ma non amici.”” Che sia per colpa sua –continuai- non è certo possibile. Lei ha un aspetto, e certamente anche un cuore, a cui molto si perdona”.
Sentì subito la specie di rimprovero che si nascondeva nel mio complimento, e io mi feci un bel concetto della sua educazione. Aprì verso di me due occhi celestiali, immacolatamente azzurri, limpidi e luminosi, e alle mie parole rispose con nobile espressione sostenendo di non poter rimproverare ad un gentiluomo quale io sembro, di ritenere in qualche modo sospetta una ragazza incontrata così sola per via; questo l’aveva già spesso pregiudicata, ma sebbene straniera, sebbene nessuno avesse diritto d’inquisirla, tuttavia mi pregò di credere che l’intenzione del suo viaggio poteva ben conciliarsi con la più assoluta onestà. Circostanze delle quali non doveva rendere ragione a nessuno, l’avevano costretta ad andare in giro per il mondo, sola con il suo dolore. Aveva trovato che i pericoli che si sogliono temere per il suo sesso sono solo immaginari, e che l’onore di una donna, perfino in mezzo ai briganti, corre pericolo solo quando il suo cuore e i suoi principi sono deboli.
Del resto andava solo in ore e per vie dove si credeva sicura, non parlava con chicchessia, e si fermava talora, solo dove poteva guadagnarsi il sostentamento, prestando servizi idonei alla sua qualità e alla sua educazione. Nel dire così la sua voce si abbassò, le sue ciglia si chinarono, e vidi alcune lacrime scendergli per le gote.
Risposi che non dubitavo affatto della sua buona origine, né tanto meno della sua condotta onorata. Mi rincresceva soltanto, che non so quale necessità la costringesse a servire, mentre sembrava degna di essere servita; malgrado la mia viva curiosità io non volevo saper altro di lei; piuttosto desideravo conoscerla meglio per convincermi che la buona educazione le stava non meno a cuore della virtù. Queste parole parvero di nuovo offenderla; e rispose che se nascondeva nome e patria era proprio per la reputazione, la quale del resto si fonda di solito più su elementi supposti che reali. Se offriva i suoi servizi, poteva presentare certificati delle famiglie presso cui ultimamente aveva servito, e confessava apertamente che non voleva essere interrogata sulle origini e sulla patria, che il mondo la giudicasse da quei documenti e per il resto, per l’innocenza e l’onoratezza di tutta la sua vita, si rimettesse al cielo o alla sua parola.”
Espressioni di tal genere non lasciano sospettare nessuna aberrazione mentale della bella avventuriera. Il signor von Revanne, non potendo comprendere una tale decisione di girare così per il mondo, suppose che forse si era voluto sposarla contro il suo sentimento. Più tardi si domandò se non si trattasse addirittura di un caso di disperazione amorosa: e, cosa strana ma che spesso succede, mentre le attribuiva amore per un altro, lui stesso se ne andava innamorando e già temeva il pensiero che riprendesse il suo vagabondare. Non poteva staccare gli occhi dal bel volto, reso ancor più bello dalla mezza luce verde del bosco. Mai, figura più bella, se mai esistessero ninfe, si adagiò sopra l’erba; anche il modo un po’ romantico all’incontro diffondeva sulla sua persona un fascino, cui non poteva resistere.
Senza riflettere oltre sulla cosa, il signor von Revanne indusse la bella sconosciuta ad andare con lui al castello. Non fa alcuna difficoltà: vanno insieme e si mostra persona abituata all’alta società. Vengono serviti rinfreschi, li accetta senza falsa cortesia, ingraziando amabilmente. In attesa del pranzo le viene mostrata la casa. Nota soltanto ciò che merita una distinzione speciale, sia che si tratti di mobili, di quadri o di una più adatta disposizione delle camere. Trova una biblioteca, conosce buoni libri, na parla con finezza e modestia. Niente ciarle vuote, nessun imbarazzo. A tavola un contegno ugualmente nobile e naturale e il tono della più amabile conversazione. Fin qui tutto è ragionevole nel suo conversare, e il suo carattere appare amabile quanto la figura.
Dopo pranzo fa una piccola uscita stravagante che la rende ancor più simpatica, e volgendosi con un sorriso alla signorina von Revanne dice di essere suo costume pagare il pranzo con un piccolo lavoro, e quando non ha denaro, richiedere dalla padrona di casa aghi da cucire. “ Mi permetta – disse- che ricami un fiore sul suo telaio, così in avvenire, guardandolo potrà ricordarsi della povera sconosciuta”. La signorina von Revanne rispose che le dispiaceva assai, ma che sul momento non aveva un ordito preparato e che doveva rinunciare al piacere di ammirare la sua abilità. Allora la pellegrina volse il suo sguardo al pianoforte. “ Quand’è così- disse – pagherò il mio debito con moneta di vento, come già del resto era costume dei cantori girovaghi”. Provò lo strumento con un paio di preludi che rivelarono subito una mano molto esercitata. Non si aveva più alcun dubbio che fosse una giovane donna di qualità, fornita delle attitudini più gentili. Il suo esordio fu vivace, brillante; poi passò a toni più seri, di una tristezza profonda, che si lesse subito nei suoi occhi. Ed essi si bagnarono di lacrime, il suo volto mutò, le sue dita si arrestarono; poi d’un tratto sorprese tutti cantando con la più bella voce del mondo, in modo gaio e arguto, un canto malizioso e ardito. Poiché in seguito avemmo ragione di credere che quella specie di romanza giocosa la riguardasse un po’ da vicino, si vorrà perdonare se la includiamo nel nostro racconto.
Da dove vieni nascosto nel mantello
Mentre appena fa giorno ad oriente
Nel vento ghiaccio ha voluto l’amico
Edificarsi con un pellegrinaggio?
Chi gli ha preso il suo mantello ?
Chi gli ha preso il suo cappello ?
Vuol andare lui a piedi nudi?
Com’è venuto nel bosco
Sui monti innevati tempestosi ?
Strano, da una calda dimora,
dove aveva sperato svago migliore
e se non avesse il mantello,
che vergogna tremenda sarebbe!
Quel birbante l’ha ingannato
L’ha alleggerito del fagotto;
il povero amico sen’è andato
Nudo spogliato quasi come Adamo.
Perché ha percorso un certo cammino
Per quella mela tanto insidiosa,
davvero bella nella cinta del mulino
com’era soltanto nel paradiso!
Non è facile che ripeta lo scherzo;
filò via svelto dalla casa
e ora che è all’aperto, getta
lamenti alti ed amari:
nei suoi sguardi di fuoco non lessi
nemmeno una sillaba di tradimento!
Con me pareva in estasi
E covava un’azione così nera!
Tra le sue braccia potevo sognare
Che un cuore infido batteva in petto?
Lei chiede indugio ad Eros impaziente
E lui ci favoriva largamente
Godersi così il mio amore,
la notte che non aveva fine,
e di colpo gridare “ Mamma!”
non appena venne il mattino!
Dentro irrompe una dozzina di parenti,
un vero torrente umano! Vennero
il fratello, le zie curiose,
qua un cugino e anche lo zio!
Era un infuriare, era un imperversare!
Ogni parente una belva d’altra specie.
Pretendevano da me la corona e i fiori
Con urla mostruose.
“ Cosa vi porta a scagliarvi come pazzi
Contro un ragazzo innocente!
Per conquistare tali tesori
Bisogna essere molto più lesti.
Eros sa condurre il suo bel gioco
Sempre per tempo:
non permette che i fiori
per sedici anni restino al mulino”
Rubarono il fagotto dei vestiti
E volevano in più anche il mantello.
Come faceva in una casa così angusta
A imbucarsi tanta marmaglia maledetta!
Mi alzo di scatto, infurio e bestemmio,
sicuro, di passare attraverso di loro.
Guardai la traditrice ancora una volta,
e ah! Era ancora sempre bella.
Scansarono tutti la mia rabbia,
volarono ancora parole tempestose;
alla fine con voce di tuono
fuggii via da quell’antro.
Ragazze di campagna siete da sfuggire
Proprio come le ragazze di città!
Lasciate alle signore di rango
Il piacere di spogliare i loro servi!
Se poi foste di quelle esperte
e ignoraste i doveri cortesi,
cambiate pure gli amanti,
ma tradirli, non fatelo mai.”
Così canta nell’ora invernale,
quando non è verde alcun povero stelo.
Io rido della sua ferita profonda,
lui l’ha meritata davvero;
così succeda a chi inganna di giorno
la sua nobili bella e di notte temerario
fila come un serpente al falso mulino di Amore.
Era certo molto strano che potesse dimenticarsi di sé in tal modo, e quello scherzo salace era forse da ritenersi come indizio di una testa non sempre equilibrata. “Ma - mi diceva il signor von Revanne – anche noi dimenticammo le osservazioni che avremmo potuto fare. Non so come fu. Dovevamo essere conquistati dalla grazia indicibile con cui recitava quella buffonata: burlescamente ma con perspicacia. Le sue dita le obbedivano perfettamente e la sua voce era davvero un incanto. Quando ebbe finito apparve tranquilla e posata come prima, e credemmo che avesse voluto soltanto rallegraci il momento della digestione.
Poco dopo ci chiese il permesso di poter riprendere il suo cammino; ma a un mio cenno mia sorella le disse:
” Nel caso non avesse fretta e la nostra ospitalità non le dispiacesse, sarebbe per noi una festa vederla ancora per più giorni da noi”.
Pensavo di offrirle una occupazione poiché aveva accettato di restare. Tuttavia per quel giorno e nei seguenti la conducemmo solo lì intorno. Non si smentì mai un minuto: era la ragione stessa dotata di ogni grazia. Il suo spirito era fine e giusto, la sua memoria così ricca e varia, il suo animo così bello che spesso causava la nostra meraviglia e tratteneva la nostra attenzione. Conosceva anche tutte le regole del buon galateo e le praticava con ciascuno di noi non meno che con alcuni amici che ci visitavano, tanto perfettamente che non sapevamo più come combinare quelle sue singolarità con una tale educazione.
Davvero non osai più proporle un servizio nella nostra casa. Anche mia sorella, a cui era molto simpatica, ritenne suo dovere risparmiare la sensibilità d’animo della sconosciuta. Attendevano insieme alle faccende domestiche; e se in queste la buona creatura si abbassava spesso fino ai lavori materiali sapeva poi disporre e ordinare come una vera signora. In breve tempo lei stabilì in casa un nuovo ordine, a cui fino allora nel castello non avevamo mai pensato. Era una massaia intelligente; avendo cominciato a sedere alla nostra tavola, non si trasse poi indietro per falsa modestia e seguitò a desinare con noi con molta naturalezza; non toccava né le carte né alcun strumento prima d’aver terminato le sue faccende.
Ora io debbo confessare che il destino di questa ragazza cominciò a commuovermi profondamente. Compiangevo i genitori che forse dovevano sentire amaramente la mancanza di una tale figlia; mi faceva pena che virtù tanto umane, qualità tanto belle dovessero andare perdute così. Viveva con noi già da vari mesi, e io speravo che la fiducia che cercavamo d’ispirarle, avrebbe una volta portato il segreto fin sulle sue labbra. Se si trattava di una sventura avremmo potuto aiutarla; se era un errore la nostra mediazione poteva ottenerle il perdono. Ma tutte le nostre assicurazioni amichevoli, perfino le nostre preghiere restarono inefficaci. Appena notava il nostro desiderio d’indurla a una spiegazione si nascondeva, per giustificarsi, dietro massime morali generiche, senza illuminarci. Se, per esempio, parlavamo della sua sventura: ” La sventura - diceva – colpisce i buoni e i malvagi. E’ una medicina molto efficace che assale tutti gli umori del corpo, i buoni come i cattivi.”
Quando cercavamo di scoprire le cause della sua fuga dalla casa paterna diceva sorridendo: ” Se il capriolo fugge, non per questo è colpevole”. Chiedemmo se avesse sofferto persecuzioni. “ E il destino di molte ragazze di buona famiglia – rispondeva – incontrare molte avversità e sostenerle. Chi piange per un torto ricevuto, soffrirà ancora altri torti”.
Ma come si era potuta risolvere ad esporre la sua vita alla rozzezza e incomprensione degli uomini o, per lo meno, a esser debitrice alla loro pietà ? A questa domanda si mise di nuovo a ridere e disse:” Il povero che saluta il ricco mentre siede a tavola, non è certo privo d’intelligenza”. Una volta che la conversazione inclinava allo scherzo e si parlava di amanti, le chiedemmo se non conoscesse il freddoloso eroe della sua romanza. Ricordo bene anche oggi: quelle parole parvero quasi trafiggerla. Aprì verso di me due occhi così seri e severi, che i miei non poterono sostenere lo sguardo; ogni volta che in seguito si parlò d’amore, potevamo esser sicuri di veder turbata la grazia del suo essere e la vivacità del suo spirito. Subito cadeva in un silenzio meditabondo, che noi prendemmo per rimuginio, ed era invece solo dolore. Tuttavia, nell’insieme, restò allegra, pur senza grande vivacità, signorile senza darsi arie, schietta senz’essere espansiva, riservata ma non timida, più paziente che mite, riconoscente per le parole affettuose e le gentilezze, ma non cordiale. Certo, era una donna educata per sovrintendere ad una grande casa, eppure all’aspetto non mostrava più di ventun’anni.
Così si mostrò questa giovane inesplicabile donna, che mi conquistò interamente nei due anni che trascorse nella nostra casa, finché concluse il suo soggiorno tra noi con una pazzia, molto più singolare di quanto non fossero splendide e degne le sue doti. Mio figlio più giovane di me, potrà consolarsi; per quello che riguarda me temo di essere tanto debole da sentire sempre la sua mancanza.
E ora Le racconterò la follia di una giovane donna, per dimostrare che spesso la follia altro non è che la ragione ma con un aspetto diverso. E’ vero, si troverà una strana contraddizione tra il nobile cavaliere della pellegrina e il comico raggiro di cui si servì; del resto già conosciamo già due sue bizzarrie: il suo pellegrinaggio e la sua romanza.
E’ ben chiaro come il signor von Revanne fosse innamorato della sconosciuta. Ora egli non poteva in verità contare troppo sul suo volto cinquantenne, per quanto avesse un aspetto florido e vigoroso di un uomo di trenta, ma forse sperava di piacere per la sua salute fresca e pura come quella di un bambino, per la bontà, serenità, dolcezza, generosità del suo carattere; forse anche per il suo patrimonio, sebbene fosse troppo giudizioso per non sentire che non si può comprare ciò che non ha prezzo.
Ma il figlio, dall’altro lato, era gentile, tenero, focoso e senza pensare più al padre si gettò a capofitto nell’avventura. Dapprima cercò con molta prudenza di guadagnare la conosciuta, che aveva cominciato a divenirgli cara per le lodi e l’amicizia del padre e della zia. Aspirò seriamente a quell’amabile donna, che sembrava ben superiore alla sua condizione di quel momento. La sua severità ancor più dei suoi meriti e della sua bellezza lo infiammarono: osò parlare, tentare, promettere.
Il padre, pur senza volerlo, dava invece alla sua passione sempre qualcosa di paterno. Conosceva se stesso, e quando ebbe conosciuto il suo rivale, disperò di vincerlo, se non avesse ricorso a mezzi non certo degni di un uomo di buoni principi. Tuttavia continuò a perseguire il suo scopo, per sapendo che bontà e persino ricchezza sono allettamenti cui una donna si abbandona solo intenzionalmente, e che tuttavia restano del tutto inefficaci, non appena l’amore si mostra con le sue seduzioni e in compagnia della giovinezza. Il signor von Revanne commise anche altri errori di cui più tardi si pentì. In un’amicizia che si fondava soprattutto sulla stima parlò di unione duratura, segreta, ma sancita dalle leggi. Si lamentò anche, e pronunciò tra l’altro la parola ingratitudine. E certo egli non conosceva colei che amava, se un giorno poté dirle che molti benefattori raccolgono male per bene che hanno fatto. Con pronta schiettezza la sconosciuta gli rispose:” Molti benefattori vorrebbero comprarsi ogni diritto sul beneficato per un piatto di lenticchie. “
La bella straniera, venuta a trovarsi fra due rivali, guidata da motivi sconosciuti, parve non avere altra intenzione che di risparmiare a sé e agli altri delle sciocchezze, ricorrendo in una situazione così scabrosa a una bizzarra scappatoia. Il figlio la stringeva con l’audacia propria della sua età e, come usa, minacciava di sacrificare la sua vita alla spietata. Il padre, un po’meno irragionevole, era tuttavia non meno insistente. Tutt’e due, a loro modo, sinceri. Quell’essere amabile avrebbe potuto assicurarsi una ben meritata posizione: tutti e due signori von Revanne giuravano che la loro intenzione era di sposarla.
Ma dall’esempio di questa ragazza le donne possono imparare che un animo onesto, sebbene con lo spirito traviato da vanità o da vera follia, non lascia aperte le ferite che non ha intenzione di risanare. La pellegrina sentiva di essere giunta ormai al punto estremo, dove non le sarebbe stato più facile difendersi. Era in balia di due amanti che potevano oscurare ogni audacia con la purezza delle intenzioni, perché avevano in mente di giustificare la loro temerarietà con un’unione solenne. Era così, e lei lo comprese.
Avrebbe potuto trincerarsi dietro la signorina von Revanne, ma non lo fece, certo per delicatezza, per rispetto versi i suoi benefattori. Non si confonde, escogita un modo che permetta a ognuno di conservare la propria virtù, anche a costo di far sorgere dubbi sulla virtù di se stessa. E’ pazza per fedeltà, una fedeltà che il suo amante senza dubbio non merita se egli non intuisce tutti i sacrifici che lei fa per lui, dovessero anche restargli per sempre sconosciuti.
Un giorno che il signor von Revanne contraccambiava forse troppo vivacemente l’amicizia, la gratitudine che la ragazza gli protestava, lei assunse d’un tratto un contegno ingenuo, che lo colpì.” La sua bontà signore mi inquieta – disse - e permetta che le sveli sinceramente il perché. Lo sento bene, io debbo a Lei tutta la gratitudine, eppure ….” “ crudele ragazza! – disse il signor Revanne – La capisco. Mio figlio Le ha toccato il cuore. “ Oh, signore fosse stato il cuore soltanto! Posso spiegare la cosa con lo stato di profondo sconvolgimento in cui mi trovavo …” “ Come? Signorina, Lei sarebbe …”. “ Credo di si- rispose chinando il capo e versando una lacrima. Alle donne nella loro furberia, non manca mai una lacrima, non mai una giustificazione delle loro colpe.
Per quanto innamorato il signor von Revanne dovette tuttavia ammirare fra sé quella nuova specie di incolpevole sincerità che nascondeva pudicamente il viso, e trovò quel chinare del capo molto opportuno.” Ma mademoiselle mi è del tutto inconcepibile.”
“ Anche a me – rispose mentre le sue lacrime sgorgavano più copiose. Sgorgarono finché il signor von Revanne, al termine di una riflessione molto penosa, atteggiando il volto a tranquillità, riprese la parola e disse “Ora capisco! Vedo bene tutto il ridicolo delle mie pretese. Non le faccio nessun rimprovero, e come unica punizione per il dolore che mi procura, Le prometto della eredità di mio figlio, tutto quanto sia sufficiente a sperimentare, se l’amore di lui è pari al mio” “ Oh, mio signore, abbia pietà della mia innocen<za e non gli dica nulla”. Domandare segretezza non è il miglior modo per ottenerla. Dopo questa scena la bella sconosciuta aspettava di vedersi davanti il suo innamorato pieno di dispetto e irritatissimo. Subito infatti apparve, con uno sguardo che annunziava parole di fuoco, tuttavia si arrestò e non riuscì ad emettere che. “ Come ? Mademoiselle, è mai possibile ?” “ E allora se è così, mio signore –disse con un sorriso che in una tale occasione poteva portare alla disperazione. “ Come ? Se è così? Lei è davvero originale mademoiselle! Ma almeno non si dovrebbero diseredare i figli legittimi: è già molto accusarli. Sì, mademoiselle, io intendo perfettamente il suo complotto con mio padre. Voi mi date un figlio che è mio fratello, di ciò sono sicuro.” Con lo stesso volto pacato e sereno la bella squilibrata rispose: “ Lei non può essere certo di niente, non è né suo figlio né suo fratello. Bambini maschi non ne ho voluti, sono cattivi. E’ una povera ragazza che io voglio condurre lontano, molto lontano dagli uomini, i cattivi, i pazzi e gli infedeli uomini”. E prosegui sfogandosi:” Addio, addio caro signor von Revanne! Lei ha ricevuto dalla natura un cuore leale: si mantenga fedele ai suoi pricipi: essi non sono pericolosi quando si ha una ricchezza ben fondata. Sia buono con i poveri. Chi disprezza la preghiera dell’innocenza che soffre, pregherà lui stesso una volta, e non sarà esaudito. Chi non si fa scrupolo di disprezzare gli scrupoli di una ragazza indifesa, diventerà lui stesso vittima di donne senza scrupoli. Chi non sente quel che deve provare una ragazza onesta, quando viene chiesta la sua mano, non merita di averla. Chi progetta piani irragionevoli, contrari agli intendimenti, alla volontà della sua famiglia, per seguire le sue passioni merita di perdere i frutti della sua vera passione e il rispetto della sua famiglia. Credo bene che lei mi abbia amato sinceramente; ma mio caro Revanne, la gatta sa bene a chi lecca la barba. Se sarà mai amato da una nobile donna, si ricordi del mulino, del mulino dell’infedele! Impari dal mio esempio ad avere fiducia nella costanza e nella segretezza della sua amata. Lei sa se io sono infedele, anche suo padre lo sa. Io volevo girare il mondo ed espormi a tutti i pericoli. Certo, i pericoli che mi minacciano in questa casa sono i più grandi. Ma poiché Lei è giovane dico a Lei solo e in confidenza: uomini e donne sono infedeli solo quando lo vogliono; e questo io volli dimostrare all’amico del mulino, che forse tornerà a vedermi, quando il suo cuore sarà puro abbastanza, per sentire la mancanza di quel che ha perduto.”
Il giovane Revanne era ancora in ascolto, ma la ragazza era già uscita. Rimase là come colpito dal fulmine. Alla fine le lacrime aprirono i suoi occhi, in questa commozione corse dalla zia, dal padre, per dire loro: “Mademoiselle è andata via, mademoiselle è un angelo o piuttosto un demonio, vagante per il mondo per tormentare ogni cuore.” Ma la pellegrina aveva predisposto tutto così bene che non la si ritrovò più. E quando padre e figlio parlarono insieme chiaramente, non ebbero più dubbi sulla sua innocenza, sui suoi talenti e sulla sua follia. Per quanto da allora il signor von Revanne abbia molto cercato e indagato, non gli è riuscito di ottenere la più piccola notizia su quella bella persona, che era apparsa fuggevole e amabile come un angelo.
dal capitolo IV de ' Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister ' pag 57 ed Medusa
.....somigli ad un bordone di pellegrino che ha la strana virtù di fiorire in ogni angolo dove si posi, manon di mettere radici in nussun luogo.
dal capitolo I del libro III de ' Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister '
….. chiesero se anche a lui nelle sue peregrinazioni a piedi non veniva talora in mente qualche canto, che poi canticchiasse fra sé. “ La natura – rispose Wilhelm – mi ha negato una bella voce, ma nel mio intimo mi pare talvolta che un genio segreto mi sussurri qualche cosa di ritmico, così che, camminando, mi muovo sempre ritmicamente e credo, così andando, di udire una melodia sommessa che accompagna qualche canzone e che, in un modo o nell’altro, mi si presenta spontanea nella mente”.
“ Se ricordate qualcuna di queste canzoni, scrivetela. Vogliamo vedere se siamo capaci di accompagnare il vostro demone canoro”.
Wilhelm prese un foglio dal suo taccuino e consegnò loro i seguenti versi:
Dalla montagna alle colline,
fino in fondo alla valle,
frulla come un batter d’ali
Vi si leva come un canto;
quello slancio infinito
lo segua gioia, lo segua saggezza!
E il tuo desiderio sia nell’amore
e la tua vita sia l’azione.
……
Harzreise im Winter (Viaggio invernale nello Harz).
Nella macchia il sentiero si perde,
dietro i suoi passi
si chiudono di colpo gli arbusti,
si rialzano l'erbe,
l'inghiotte la solitudine. (...)
Dapprima spregiato, or spregiatore,
segretamente, in inetto
amore di sé,
il proprio valore consuma
, Wanderers Sturmlied, "Canto del viandante nella tempesta",
Da Francoforte a Darmsstadt ci sono 27 km
“ mangiavo in qualche osteria lungo la strada maestra, poi riprendevo il cammino. Più che mai ero tutto rivolto verso il mondo aperto e la libera natura. Mentre camminava cantavo a me stesso strani inni e ditirambi dei quali se n’è salvato uno solo, dal titolo ‘ Canto del viandante nella tempesta’ Wanderes Sturmlied
Joseph Karl von Eichendorff ( 1788 – 1857 )
Lirico e narratore Tedesco di nobile famiglia e di religione cattolica. Un rappresentante dl romanticismo tedesco sulla soglia dell’apertura al realismo , risente dell’influenza di Goethe.
La caratteristica della novella e della poesia di ‘ Vita di un perdigiorno’( Aus dem Leben eines Taugenichts) è l’interiorizzazione del paesaggio, modellato come rappresentazione di situazioni dell’anima
A chi Dio vuole mostrare una giusta benevolenza,
Quelli lui manda nel vasto mondo,
A quelli lui vuole far conoscere le sue meraviglie
Nelle montagne e nei boschi e nell'acqua e nei campi.
I pigri, che rimangono sdraiati a casa,
Non sono ristorati dall'alba rossa,
Loro conoscono solo l'accudimento dei bambini,
Le pene la fatica e l'affanno per il pane.
I ruscelletti scendono dalle montagne,
Le allodole frullano via in alto per divertimento
Quanto non vorrei con loro cantare
A squarcia gola e un cuore più puro?
Il caro Dio io lo lascio solo governare;
Il ruscelletto, le allodole, la foresta e i campi
E la terra e l cielo vuole conservare,
Ha anche predisposto le mie cose nel modo migliore. »
“Vagai tutto quel giorno. Il sole già splendeva obliquo fra i tronchi, allorché sbucai finalmente in una valle prativa, circondata da monti e costellata di fiori rossi e gialli, sui quali svolazzavano innumerevoli farfalle nell’oro del tramonto. Il luogo era talmente solitario da apparire migliaia di miglia lontano dal mondo. Solo i grilli stridevano; un pastore, seminascosto tra l’erba alta, traeva suoni tanto malinconici dalla zampogna da far dolorare il cuore di nostalgia. «Guarda che bella vita tocca a un distillaccio simile!» pensai. «Altro che noi poveretti, che dobbiamo andare in giro lontani da casa, sempre in pericolo!» Poiché un fiumicello limpido ci separava, gli gridai da lontano dove si trovava il villaggio più prossimo. Senza scomporsi, sollevò appena la testa sopra l’erba, m’indicò con la zampogna l’altro bosco e si rimise a zufolare”. (cap. III, p. 111)
La caratteristica della novella e della poesia di ‘ Vita di un perdigiorno’( Aus dem Leben eines Taugenichts) è l’interiorizzazione del paesaggio, modellato come rappresentazione di situazioni dell’anima
A chi Dio vuole mostrare una giusta benevolenza,
Quelli lui manda nel vasto mondo,
A quelli lui vuole far conoscere le sue meraviglie
Nelle montagne e nei boschi e nell'acqua e nei campi.
I pigri, che rimangono sdraiati a casa,
Non sono ristorati dall'alba rossa,
Loro conoscono solo l'accudimento dei bambini,
Le pene la fatica e l'affanno per il pane.
I ruscelletti scendono dalle montagne,
Le allodole frullano via in alto per divertimento
Quanto non vorrei con loro cantare
A squarcia gola e un cuore più puro?
Il caro Dio io lo lascio solo governare;
Il ruscelletto, le allodole, la foresta e i campi
E la terra e l cielo vuole conservare,
Ha anche predisposto le mie cose nel modo migliore. »
“Vagai tutto quel giorno. Il sole già splendeva obliquo fra i tronchi, allorché sbucai finalmente in una valle prativa, circondata da monti e costellata di fiori rossi e gialli, sui quali svolazzavano innumerevoli farfalle nell’oro del tramonto. Il luogo era talmente solitario da apparire migliaia di miglia lontano dal mondo. Solo i grilli stridevano; un pastore, seminascosto tra l’erba alta, traeva suoni tanto malinconici dalla zampogna da far dolorare il cuore di nostalgia. «Guarda che bella vita tocca a un distillaccio simile!» pensai. «Altro che noi poveretti, che dobbiamo andare in giro lontani da casa, sempre in pericolo!» Poiché un fiumicello limpido ci separava, gli gridai da lontano dove si trovava il villaggio più prossimo. Senza scomporsi, sollevò appena la testa sopra l’erba, m’indicò con la zampogna l’altro bosco e si rimise a zufolare”. (cap. III, p. 111)