Michelina da Pesaro

MICHELINA da Pesaro
Nacque a Pesaro nel 1300 da famiglia nobile e facoltosa. Data in sposa dai genitori a 12 anni a un concittadino verosimilmente dello stesso rango, all’età di vent’anni perse il marito.
Le notizie sulla sua vita provengono quasi per intero dalla più antica anonima Vita redatta intorno al 1380 (in Acta sanctorum) e comunque nell’ambito della concessione da parte del vescovo Francesco (III) di Pesaro, nel 1393, di messa e ufficio di M. alla Confraternita della Ss. Annunziata: la prosa è pedestre ed evidenti sono le stilizzazioni edificatorie, ma all’autore va dato il giusto credito come a chi narra fatti a cui può aver assistito di persona.
Rimasta sola, al dire dell’agiografo, decise di spendere ricchezze e vita nella stretta sequela di Cristo al servizio di poveri e sofferenti sulle orme di Francesco d’Assisi, prima donna a Pesaro a indossare l’abito della penitenza del Terz’Ordine francescano. Si dedicò quindi a elemosine verso mendicanti e infermi, riservando ai più gravi, oltre ai conforti materiali, anche le sue cure dirette.
M. si fece essa stessa nullatenente vendendo i suoi averi in favore dei diseredati e vivendo da povera, contenta di una tunica e di un mantello che le ricopriva anche il capo, di un letto di paglia, attenta a mortificarsi e a trattarsi quale «vilissimam asinam» (Vita, 4, p. 928D). Andò ad abitare presso una poverissima donna a cui un giorno, secondo la Vita, fece miracolosamente trovare l’orciolo – rimasto vuoto – pieno d’olio per condire le erbe con cui si nutrivano. Quando per la prolungata preghiera non filava e non tesseva, rimanendo senza cibo, si faceva mendica a piedi nudi per le vie della città. La Vita narra inoltre di miracolose guarigioni avvenute per sua intercessione. M. fu anche un’aspra asceta che faceva uso di cilicio e scudiscio di catenelle. Ma la sua principale attenzione andava a miserabili e bisognosi, cui distribuiva la maggior parte di quanto raccoglieva mendicando, e quando non aveva nulla offriva la sua fraterna solidarietà: faceva questo soprattutto visitando ospedali e ricoveri degli infermi in cui apprestava i più umili servizi.
Più ampio e sistematico divenne il suo impegno caritativo quando, insieme con il concittadino Cecco Zanferdini – anch’egli terziario francescano e fondatore di una «schola scorizatorum» (disciplinati) per la sepoltura dei defunti poveri – nel 1347 costituì la Confraternita della Ss. Annunziata, istituzionalmente destinata alle pratiche di misericordia, all’assistenza degli infermi e all’accoglienza di mendicanti e pellegrini.
Perseverò nel servizio ai bisognosi e nell’assistenza ospedaliera sino alla morte, avvenuta a Pesaro il 19 giugno 1356 nella solennità della Ss. Trinità.
Già in vita M. fu venerata come santa, ma importante per lo sviluppo del suo culto fu la circostanza che all’indomani della sua morte Pandolfo (II) Malatesta, figlio del signore di Pesaro Malatesta detto Malatesta Antico o Guastafamiglia, attribuisse all’intervento di M. la sua salvezza da un naufragio: egli infatti le mostrò la sua riconoscenza ordinando che il suo corpo sepolto in città nella chiesa di S. Francesco fosse subito esposto alla venerazione dei fedeli. La stessa chiesa poco dopo fu ristrutturata e fu costruita una cappella dedicata a M. con l’arca sopraelevata delle sue spoglie; Pandolfo inoltre estese la fama di santità di M. a Rimini, dove ne fece affrescare la vita nel chiostro del convento di S. Francesco con la ovvia collaborazione dei minori conventuali che contribuirono in modo determinante, com’era naturale, a diffondere la devozione di M., facendola conoscere con la rete dei loro conventi al di là della provincia e della regione, mentre esplodevano le manifestazioni del suo potere taumaturgico; tanto che si decise di approntare un registro presso la tomba di M., dove alla presenza di degni testimoni e di notai se ne tramandasse la memoria. Nel Liber miraculorum che ne seguì, dal 9 luglio 1359 al 19 giugno 1379 furono registrati novantasei fatti prodigiosi. Né c’è da stupirsi se, orgogliose della loro santa, le autorità ecclesiastiche e civili di Pesaro nel tempo ne fecero una protagonista sempre più importante della loro storia. Ne sono testimoni la ricca iconografia sorta intorno a lei (con immagini affrescate, scolpite, dipinte, incise) e il suo inserimento nel santorale e negli Statuti civici, dove risulta come terza protettrice della città accanto alla Vergine delle Grazie e a s. Terenzio con celebrazioni di feste e pubbliche manifestazioni, fino a venir proclamata patriae patrona come si legge nell’iscrizione del suo sarcofago (sec. XVI).
Nei secoli XV e XVI se ne riscrisse la biografia, arricchendola di nuovi particolari, frutto più della devozione dei singoli autori che recupero di residui di tradizione: M. sarebbe stata discendente delle famiglie Metelli e Pardi, avrebbe sposato un nobile amico dei Malatesta o addirittura un membro di quella casata, avrebbe avuto un figlio, Pardino; rimasta vedova, avrebbe incontrato Soriana terziaria francescana venuta provvidenzialmente dalla Siria a Pesaro, dalla cui santità sarebbe stata spinta a cambiar vita; mortole il figlioletto e non avendo più legami familiari, si sarebbe convertita a vita penitente; più tardi la meditazione della Passione di Cristo e le notizie fornitele dalla devota Soriana l’avrebbero indotta ad andare pellegrina in Terrasanta. È impossibile accogliere dati storicamente fondati in quest’opera agiografica; è invece più importante rilevare il legame sempre più stretto verificatosi tra M. e i suoi devoti, i bisognosi beneficati in vita, e tra M. e la sua città, che agli inizi del Settecento – dopo la presentazione fattane dal bollandista D. Papebroch negli autorevolissimi Acta sanctorum – con il vescovo di Pesaro Filippo Carlo Spada s’impegnò a istruirne il processo di beatificazione, maturato sotto lo stesso vescovo nel 1733-37 e solennemente sancito da papa Clemente XII il 24 apr. 1737.
Rilevante è la bonifica apportata sull’intero materiale agiografico da J. Dalarun, che però va troppo oltre nel trasformare il normale sviluppo del culto di un santo cittadino in un interessato prodotto di forze politiche (minori conventuali, Malatesta, chiesa locale, autorità comunali, corporazioni) in concorrenza tra loro.
Dal Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)
di A. Gattucci
Nacque a Pesaro nel 1300 da famiglia nobile e facoltosa. Data in sposa dai genitori a 12 anni a un concittadino verosimilmente dello stesso rango, all’età di vent’anni perse il marito.
Le notizie sulla sua vita provengono quasi per intero dalla più antica anonima Vita redatta intorno al 1380 (in Acta sanctorum) e comunque nell’ambito della concessione da parte del vescovo Francesco (III) di Pesaro, nel 1393, di messa e ufficio di M. alla Confraternita della Ss. Annunziata: la prosa è pedestre ed evidenti sono le stilizzazioni edificatorie, ma all’autore va dato il giusto credito come a chi narra fatti a cui può aver assistito di persona.
Rimasta sola, al dire dell’agiografo, decise di spendere ricchezze e vita nella stretta sequela di Cristo al servizio di poveri e sofferenti sulle orme di Francesco d’Assisi, prima donna a Pesaro a indossare l’abito della penitenza del Terz’Ordine francescano. Si dedicò quindi a elemosine verso mendicanti e infermi, riservando ai più gravi, oltre ai conforti materiali, anche le sue cure dirette.
M. si fece essa stessa nullatenente vendendo i suoi averi in favore dei diseredati e vivendo da povera, contenta di una tunica e di un mantello che le ricopriva anche il capo, di un letto di paglia, attenta a mortificarsi e a trattarsi quale «vilissimam asinam» (Vita, 4, p. 928D). Andò ad abitare presso una poverissima donna a cui un giorno, secondo la Vita, fece miracolosamente trovare l’orciolo – rimasto vuoto – pieno d’olio per condire le erbe con cui si nutrivano. Quando per la prolungata preghiera non filava e non tesseva, rimanendo senza cibo, si faceva mendica a piedi nudi per le vie della città. La Vita narra inoltre di miracolose guarigioni avvenute per sua intercessione. M. fu anche un’aspra asceta che faceva uso di cilicio e scudiscio di catenelle. Ma la sua principale attenzione andava a miserabili e bisognosi, cui distribuiva la maggior parte di quanto raccoglieva mendicando, e quando non aveva nulla offriva la sua fraterna solidarietà: faceva questo soprattutto visitando ospedali e ricoveri degli infermi in cui apprestava i più umili servizi.
Più ampio e sistematico divenne il suo impegno caritativo quando, insieme con il concittadino Cecco Zanferdini – anch’egli terziario francescano e fondatore di una «schola scorizatorum» (disciplinati) per la sepoltura dei defunti poveri – nel 1347 costituì la Confraternita della Ss. Annunziata, istituzionalmente destinata alle pratiche di misericordia, all’assistenza degli infermi e all’accoglienza di mendicanti e pellegrini.
Perseverò nel servizio ai bisognosi e nell’assistenza ospedaliera sino alla morte, avvenuta a Pesaro il 19 giugno 1356 nella solennità della Ss. Trinità.
Già in vita M. fu venerata come santa, ma importante per lo sviluppo del suo culto fu la circostanza che all’indomani della sua morte Pandolfo (II) Malatesta, figlio del signore di Pesaro Malatesta detto Malatesta Antico o Guastafamiglia, attribuisse all’intervento di M. la sua salvezza da un naufragio: egli infatti le mostrò la sua riconoscenza ordinando che il suo corpo sepolto in città nella chiesa di S. Francesco fosse subito esposto alla venerazione dei fedeli. La stessa chiesa poco dopo fu ristrutturata e fu costruita una cappella dedicata a M. con l’arca sopraelevata delle sue spoglie; Pandolfo inoltre estese la fama di santità di M. a Rimini, dove ne fece affrescare la vita nel chiostro del convento di S. Francesco con la ovvia collaborazione dei minori conventuali che contribuirono in modo determinante, com’era naturale, a diffondere la devozione di M., facendola conoscere con la rete dei loro conventi al di là della provincia e della regione, mentre esplodevano le manifestazioni del suo potere taumaturgico; tanto che si decise di approntare un registro presso la tomba di M., dove alla presenza di degni testimoni e di notai se ne tramandasse la memoria. Nel Liber miraculorum che ne seguì, dal 9 luglio 1359 al 19 giugno 1379 furono registrati novantasei fatti prodigiosi. Né c’è da stupirsi se, orgogliose della loro santa, le autorità ecclesiastiche e civili di Pesaro nel tempo ne fecero una protagonista sempre più importante della loro storia. Ne sono testimoni la ricca iconografia sorta intorno a lei (con immagini affrescate, scolpite, dipinte, incise) e il suo inserimento nel santorale e negli Statuti civici, dove risulta come terza protettrice della città accanto alla Vergine delle Grazie e a s. Terenzio con celebrazioni di feste e pubbliche manifestazioni, fino a venir proclamata patriae patrona come si legge nell’iscrizione del suo sarcofago (sec. XVI).
Nei secoli XV e XVI se ne riscrisse la biografia, arricchendola di nuovi particolari, frutto più della devozione dei singoli autori che recupero di residui di tradizione: M. sarebbe stata discendente delle famiglie Metelli e Pardi, avrebbe sposato un nobile amico dei Malatesta o addirittura un membro di quella casata, avrebbe avuto un figlio, Pardino; rimasta vedova, avrebbe incontrato Soriana terziaria francescana venuta provvidenzialmente dalla Siria a Pesaro, dalla cui santità sarebbe stata spinta a cambiar vita; mortole il figlioletto e non avendo più legami familiari, si sarebbe convertita a vita penitente; più tardi la meditazione della Passione di Cristo e le notizie fornitele dalla devota Soriana l’avrebbero indotta ad andare pellegrina in Terrasanta. È impossibile accogliere dati storicamente fondati in quest’opera agiografica; è invece più importante rilevare il legame sempre più stretto verificatosi tra M. e i suoi devoti, i bisognosi beneficati in vita, e tra M. e la sua città, che agli inizi del Settecento – dopo la presentazione fattane dal bollandista D. Papebroch negli autorevolissimi Acta sanctorum – con il vescovo di Pesaro Filippo Carlo Spada s’impegnò a istruirne il processo di beatificazione, maturato sotto lo stesso vescovo nel 1733-37 e solennemente sancito da papa Clemente XII il 24 apr. 1737.
Rilevante è la bonifica apportata sull’intero materiale agiografico da J. Dalarun, che però va troppo oltre nel trasformare il normale sviluppo del culto di un santo cittadino in un interessato prodotto di forze politiche (minori conventuali, Malatesta, chiesa locale, autorità comunali, corporazioni) in concorrenza tra loro.
Dal Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)
di A. Gattucci
Polittico della Beata Michelina

IACOBELLO DA FIORE
PINACOTECA DI PESARO
PINACOTECA DI PESARO
Chiesa di San Francesco - Lucignano ( Arezzo)

Costruita nel XIII secolo in forme gotiche, è decorata all'interno da pregevoli affreschi di artisti senesi del XIV e XV secolo tra i quali Taddeo di Bartolo e Bartolo di Fredi. Significativa è la scena, sulla parete destra della navata, con Il Trionfo della Morte. Un affresco votivo rappresenta il miracolo della Santa Michelina da Pesaro che ha salvato la barca dei pellegrini di ritorno da Gerusalemme mentre infuriava una tempesta
Bartolo di Fredi

Bartolo di Fredi (Siena, 1330 ca. - 1410) ebbe la sua bottega a Siena assieme ad altri pittori
Seguì le orme dei maestri senesi del primo Trecento creando al tempo stesso un proprio stile.Il suo primo dipinto è una Madonna della Misericordia conservata nel Museo Diocesano di Pienza. Fra le sue opere le Storie del Vecchio Testamento alla Collegiata di S. Gimignano, la Cappella Maggiore del Duomo di Volterra e a Montalcino si trova la pala con l' lncoronazione della Vergine.
Seguì le orme dei maestri senesi del primo Trecento creando al tempo stesso un proprio stile.Il suo primo dipinto è una Madonna della Misericordia conservata nel Museo Diocesano di Pienza. Fra le sue opere le Storie del Vecchio Testamento alla Collegiata di S. Gimignano, la Cappella Maggiore del Duomo di Volterra e a Montalcino si trova la pala con l' lncoronazione della Vergine.