Cronache di Cammini - Anno 2° - Numero 1 - Aprile 2012

In questo numero:
L'anello del Rinascimento - Editoriale
Il ceppo di Niccolò Mazzucco
La foto di Guido di Guido Mori
La voce di San Giacomo di Costanza Vanni
Sant'Alluccio di Lucia Mazzucco
La colonna delle anella simbolo dell'Ospitalità
Il cammino di Globino di Giorgio Zambaldi
Kin.hin una pratica alternativa di Luciano Mazzucco
Da Firenze a La Verna - Le ultime due tappe. di Niccolò Mazzucco
Di seguito puoi vedere il giornale in formato sfogliabile, scaricare in formato .pdf il NUMERO COMPLETO o gli ARTICOLI SINGOLI del numero uno
L'anello del Rinascimento - Editoriale
Il ceppo di Niccolò Mazzucco
La foto di Guido di Guido Mori
La voce di San Giacomo di Costanza Vanni
Sant'Alluccio di Lucia Mazzucco
La colonna delle anella simbolo dell'Ospitalità
Il cammino di Globino di Giorgio Zambaldi
Kin.hin una pratica alternativa di Luciano Mazzucco
Da Firenze a La Verna - Le ultime due tappe. di Niccolò Mazzucco
Di seguito puoi vedere il giornale in formato sfogliabile, scaricare in formato .pdf il NUMERO COMPLETO o gli ARTICOLI SINGOLI del numero uno
L'anello del Rinascimento

E’ un percorso di 170 chilometri che avvolge ad anello la città di Firenze, la culla del Rinascimento, che consente di fare belle passeggiate, buoni allenamenti, e, volendo, anche impegnative escursioni in sicurezza, accompagnati da ottimi segnali e da magnifici panorami. Il cammino è in maggior parte su sentieri, strade bianche, e anche qualche tratto asfaltato; si svolge
più che altro lungo le colline del comprensorio fiorentino e, nella piana, lungo argini fluviali. Ogni sosta è ben collegata con i mezzi pubblici per cui si possono percorrere tratti di questo cammino di diversa lunghezza e facilmente raggiungere e lasciare le mete: vivere così delle esperienze alla totale insegna di una vita ecologica.
Camminare un sentiero è come leggere una poesia, ascoltare una musica, guardare un’opera d’arte , poter vivere i diversi momenti delle stagioni e
riconoscere le testimonianze e i segni di tanta storia passata. I nostri passi, i nostri bastoni hanno mantenute vive alcune di queste strade , le
nostre macchine fotografiche ci riportano le sensazioni delle fatiche, della contentezza, del benessere e ... continuiamo a sentirci pellegrini.
più che altro lungo le colline del comprensorio fiorentino e, nella piana, lungo argini fluviali. Ogni sosta è ben collegata con i mezzi pubblici per cui si possono percorrere tratti di questo cammino di diversa lunghezza e facilmente raggiungere e lasciare le mete: vivere così delle esperienze alla totale insegna di una vita ecologica.
Camminare un sentiero è come leggere una poesia, ascoltare una musica, guardare un’opera d’arte , poter vivere i diversi momenti delle stagioni e
riconoscere le testimonianze e i segni di tanta storia passata. I nostri passi, i nostri bastoni hanno mantenute vive alcune di queste strade , le
nostre macchine fotografiche ci riportano le sensazioni delle fatiche, della contentezza, del benessere e ... continuiamo a sentirci pellegrini.

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Il Ceppo

Arte e leggende attorno alla pricipale struttura assistenziale di Pistoia
Il loggiato dell’ospedale del Ceppo di Pistoia è una vetrina di opere d’arte. Commissionato nel 1526 da un’importante prelato, Leonardo Buonafede, a Santi Buglioni appare come una specie di manifesto della spiritualità cristiana: un fregio continuo in terracotta colorata corre al di sopra delle arcate, vivacemente rappresentando le sette opere di misericordia, intervallate dalle raffigurazioni delle virtù teologali e cardinali.
L’opera fu realizzata allo scopo di promuovere le finalità benefiche dell'ente assistenziale, a riprova della buona gestione dell’ospedale fatta sotto la gestione del ducato fiorentino. Infatti, tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, a seguito dei violenti scontri interni avvenuti a Pistoia (guerra civile pistoiese 1401-1042), la città cadde definitivamente sotto il dominio della città di Firenze. Non diversa fu la sorte dell’Ospedale del Ceppo, la cui amministrazione – fino ad allora contesa tra le famiglie nobili pistoiesi, in particolari tra quella dei Panciatichi e dei Cancellieri – passò sotto il controllo dell'Ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze.
La fondazione dell’Ospedale del Ceppo risale tuttavia a più di due secoli addietro. La tradizione vuole che fosse costruito nel 1277 per opera della Compagnia di Santa Maria, detta anche Compagnia della Crocetta o del Ceppo dei Poveri.
Tale periodo, ovvero i primi decenni del tredicesimo, rappresentarono un momento di grande apertura per le comunità religiose che cominciarono a intraprendere con maggiore intensità un’attività rivolta al sostegno dei bisognosi, uscendo da quello stile di vita recluso all’interno dei conventi o monasteri, proprio degli ordini monastici eremitici.
È possibile inquadrare la data della sua istituzione intorno alla metà del secolo, poiché esistono documentazioni di atti commerciali databili al 1286. Lavori d’ingrandimento delle strutture furono realizzati a partire del 1345, momento nel quale ebbe inizio l'edificazione di nuovi chiostri, dell’oratorio e della domus, ovvero uno spazio dedicato all’accoglienza femminile.
Di grande rilevanza fu quindi l’attività dello spedale durante la peste del 1348. In questo periodo, grazie alle offerte sempre più numerose, divenne il primo ospedale cittadino. Nel ‘500 con il passaggio dello spedale sotto l’amministrazione fiorentina, si procedette alla realizzazione di nuovi lavori, tra cui la ristrutturazione del loggiato e della facciata. Oltre al suddetto fregio affidato a Santi Buglione, furono affidati a Giovanni della Robbia una serie di medaglioni in terracotta dipinta, rappresentanti rispettivamente: l’Annunciazione, la Visitazione, l'Assunzione della Vergine e gli Stemmi del Ceppo e di Pistoia, oltre a quattro altri mezzi tondi con le insegne del Ceppo e di Pistoia. Il disegno della ristrutturazione fu eseguito secondo i caratteri architettonici dello stile brunelleschiano il cui prototipo è rappresentato nell'Ospedale degli Innocenti di Firenze.
Durante tutto il XV secolo il Ceppo fu probabilmente luogo di formazione per giovani medici, ma tuttavia ufficialmente, una scuola medica fu fondata solo a partire dal 1666, il cui ordinamento venne ufficialmente approvato dal granduca Pietro Leopoldo nel 1784. Qui vi si formarono personaggi di valore, tra cui l'anatomista-patologo Filippo Pacini. L’Ospedale mantenne un ruolo di primaria importanza in città praticamente fino ad oggi, per quanto già nel 1785 il granduca Pietro Leopoldo di Lorena avesse aggregato l’Ospedale del Ceppo all’ospedale di San Gregorio in un unico ente, detto degli "Spedali Riuniti di Pistoia".
Sebbene la realtà documentata dalla storia ci parli della fondazione dello Ospedale ad opera di un compagnia religiosa, la tradizione popolare racconta un’altra versione dei fatti. Si narra infatti che la nascita dell’Ospedale del Ceppo abbia avuto luogo a seguito di un evento miracoloso: ovvero la fioritura di un vecchio ceppo in pieno inverno. Tale fioritura sarebbe avvenuta per volere della stessa Madonna, che apparsa in visione a due coniugi, Antimo e Bendinella, comandò loro di fondare un ospedale che offrisse ricovero ai bisognosi. Il ceppo fiorito sarebbe servito proprio a indicare ai due devoti coniugi il luogo esatto ove costruire la struttura. L’importanza di tale leggenda è tale, che il ceppo lo si può vedere rappresentato ancora oggi nello stemma dell’ospedale. Si tratta di un tronco di ramo cavo, c’è chi dice che sia realmente esistito e che forse al quel tempo fu utilizzato per raccogliere offerte dei benefattori. Ad ogni modo, la leggenda è tutt’altro che originale. Il mito della fioritura di un ramo, di un arbusto, di un cespuglio o, appunto, di un ceppo, oramai morto e secco, è uno dei temi più diffuso tra la religiosità popolare dei secoli XI-XVI. Il carattere principale di tale mito è quello di narrare un evento eccezionale, un avvenimento che tradisce le nostre aspettative sulla realtà, ribaltando di fatto le regole della natura, il ciclo di morte e di vita. Allo stesso tempo però, tale evento miracoloso, è riportato in un contesto estremamente semplice, quotidiano, proprio del mondo contadino, ovvero la fioritura di arbusto fuori stagione. Si tratta di un evento quindi tanto eccezionale quanto semplice, immediato, e forse si deve a questa combinazione di fattori la fortuna che questo mito ebbe durante l’età medievale e moderna.
È importante ricordare che al tempo tali storie venivano generalmente accettate senza bisogno di alcuna verifica, senza essere messe in dubbio. Si deve pensare che non esisteva allora un rigore scientifico nell’analisi dei fatti e degli avvenimenti, soprattutto nel mondo contadino. Era anzi questa una realtà che si costruiva e nutriva regolarmente di tali elementi irreali e miracolosi.
L’intero complesso assistenziale può essere oggi visitato di maniera da poter conoscere più in dettaglio le attività che vi si svolsero durante i secoli e ricordare allo stesso tempo le credenze che a questa struttura si vincolarono. La visita comprende l'accesso a: l’Anfiteatro Anatomico del Ceppo, una struttura risalente alla fine del ‘700 che si trova all’interno del giardino dell'Ospedale, luogo nel quale avevano spazio le lezioni di anatomia, famoso per l’eleganza del suo arredo e dei suoi affreschi; al Museo dei ferri chirurgici, che, allestito in una piccola sala dell'antico ospedale, ospita una raccolta di strumenti medici e di testi antichi di medicina utilizzati al tempo; al Laboratorio di farmacia, uno spazio che conserva vasi e arredi per la preparazione dei farmaci e delle essenze officinali. Inoltre con la visita dell’Ospedale si accede alla Gora di Scornio, una struttura sotterranea che forniva l’acqua per le cure ed i lavaggi dei malati e che oggi può essere visitata come Museo. Tale spazio fu restaurato profondamente durante il Rinascimento, quando si realizzò un piano sotterraneo all’Ospedale coprendo con volte a botte di mattoni, l’antico corso del torrente Brana (poi noto come Gora di Scornio).
Attualmente l’Ospedale del Ceppo aspetta la costruzione di una nuova struttura, più grande e più adeguata alle esigenze della attuale sanità, per dare alla città la giusta protezione sanitaria. Ad ogni modo, in attesa della inaugurazione del nuovo plesso il nostro sguardo non poteva non onorare il vecchio ospedale per la sua importante opera svolta in tanta storia e per le sue uniche ed eccezionali opere d’arte.
Niccolò Mazzucco
La foto di Guido. La Cascata dell'abbraccio.
di Guido Mori

in località i Diacci - Passo della Colla

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La voce di San Giacomo
I devoti San Giacomo non solo nella sua figura di apostolo ma anche nel favore delle sue leggende, potranno trovare un sua presenza particolare nell’opera di Massenet, Le Cid.
Il libretto dell’opera di d’Ennery, Blau e Gallet prende origine da una celebre opera letteraria francese di Corneille “Le Cid ou L’honneur Castillan” che a sua volta sembra provenire dalla storia di un guerriero castigliano, Rodrigo Diaz de Vivar, dell’XI secolo. Le Cid è un cavaliere simbolo delle più nobili virtù e grande difensore della cristianità.
Nell’opera lirica la storia si ambienta a Burgos nell’XI secolo. Il protagonista è coinvolto in un dramma di onore per aver ucciso in duello il padre della donna che ama, quando si presenta l’opportunità di offrire la propria opera in difesa della patria attaccata dai Mori. Simbolo di devozione e di fede ma anche alla ricerca di giustizia, prima della battaglia, Rodrique chiede la protezione e l’aiuto di San Giacomo di Compostela. San Giacomo risponde e gli assicura la vittoria. Nel cast dei personaggi dell’opera di Massenet quindi è presente un cantante dalla voce di basso che interpreta San Giacomo.
Costanza Vanni
Il libretto dell’opera di d’Ennery, Blau e Gallet prende origine da una celebre opera letteraria francese di Corneille “Le Cid ou L’honneur Castillan” che a sua volta sembra provenire dalla storia di un guerriero castigliano, Rodrigo Diaz de Vivar, dell’XI secolo. Le Cid è un cavaliere simbolo delle più nobili virtù e grande difensore della cristianità.
Nell’opera lirica la storia si ambienta a Burgos nell’XI secolo. Il protagonista è coinvolto in un dramma di onore per aver ucciso in duello il padre della donna che ama, quando si presenta l’opportunità di offrire la propria opera in difesa della patria attaccata dai Mori. Simbolo di devozione e di fede ma anche alla ricerca di giustizia, prima della battaglia, Rodrique chiede la protezione e l’aiuto di San Giacomo di Compostela. San Giacomo risponde e gli assicura la vittoria. Nel cast dei personaggi dell’opera di Massenet quindi è presente un cantante dalla voce di basso che interpreta San Giacomo.
Costanza Vanni

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Sant'Alluccio

SANT’ ALLUCCIO
Se l’Irlanda può presentare il vanto di un impareggiabile primato per la diffusione del cristianesimo in Europa, un piccolo e amabile territorio della Valdinievole, in Toscana, culla dei fiori, può onorarsi dell’esempio di una eccezionale opera di carità che distinse un suo figlio, Sant’Alluccio, oggi patrono di Pescia.
Parliamo di tempi lontani che hanno certamente lasciato spazio libero alla creazione di una leggenda, ma intorno a questo personaggio è stata trovata una documentazione dalla quale raccogliere notizie fondamentali.
Il 23 ottobre del 1182 il vescovo di Lucca Guglielmo I prendendo atto della forte devozione popolare verso un suo figlio Alluccio di Omodeo che aveva condotto una vita in santità e portato avanti grandi opere di carità, ne riconobbe il valore e ne consentì il culto .
Fu poi nel 1344 che l’altro vescovo del tempo, Guglielmo Dulcini, informato del ritrovamento dei resti di una salma nella chiesa dell’ospitale di Campugliano , diede ordine al frate domenicano Paolo Lapi di recarsi sul posto per approfondire la circostanza. L’ ospedale che più anticamente aveva il nome di Ospedale di Campo, era situato nella piana pesciatina già dal IX secolo. Il luogo era attraversato dalla strada che univa Firenze a Lucca , proseguente poi per Luni, detta Cassia Minor. Che sia stata percorsa da molti pellegrini lo testimonia una statio a Pistoia, una a Lucca e nel mezzo la ‘ statio ad Martis ‘ nella Valdinievole. Qui il giovane Alluccio collaborando con il padre che era custode dell’ospedale,aveva iniziato la sua opera di carità occupandosi dei pellegrini e di tutti colori che avevano bisogno di soccorso, opera di grande necessità soprattutto nei frequenti periodi di carestia. Il suo impegno era stato di grande utilità riuscendo inoltre a coinvolgere nell’impegno altri giovani del luogo, dei quali viene ricordato il nome come i ‘ frates Allucii ‘.
La scrupolosa ispezione del frate, e la registrazione del ritrovamento portò alla conferma che ci si trovava di fronte alla salma di Alluccio, il rettore dell’ospedale, la cui morte e sepoltura, trovata segnata nei reperti, era avvenuta nell’anno 1134, il 23 ottobre.
L’elenco e la descrizione di quanto ritrovato fu rogato da un notaio e sottoscritto da 14 testimoni. Alla relazione venne aggiunto una pergamena il cui testo conteneva :
legendam de vita et quibusdam miraculis dicti sancti Alluccii.
Ugualmente sorprendente fu notare che sulla parete soprastante il luogo del ritrovamento erano dipinte le vicende che corrispondevano alle annotazioni della pergamena, quindi rappresentavano fatti della la vita e i miracoli del santo.
Al momento del ritrovamento l’ospedale era passato sotto la gestione dei Cavalieri Gerosolomitani di Pisa, in affido a loro per la diminuizione nel tempo dei ‘Frates Allucci’. In seguito sarà affidato ai Cavalieri di Malta, della Compagnia di San Iacopo in Campo Corbolini che a Firenze operava in Via Faenza. Questo passaggio di appartenenza se ebbe la sua importanza per il grande raggio di azione che aveva la Compagnia tolse al tempo stesso la giurisdizione del vescovo di Lucca , per cui il culto di Sant’ Alluccio non entrò mai nella liturgia della chiesa lucchese, tanto che presto se ne perse la devozione e persino la conoscenza.
Nel 1607, il gesuita Héribert Rosweyde cominciò a raccogliere dai manoscritti agiografici delle biblioteche le vite dei santi; fu l’inizio della grande opera che prese il nome di ‘Acta Sanctorum’ proseguita da Jean Bolland al morte del suo ideatore. I ricercatori che continuarono si chiamarono di Bollandisti.
J. VAN HECKE da questi testi ha rilevato la storia di Sant’Alluccio, in una prosa ritmica che aveva la formula di poter essere sia recitata che ricordata con facilità.
Non vogliamo occuparci dei miracoli attribuiti a questo sant’uomo perché è un argomento troppo delicato, ma guardiamo quali sono le opere delle quali si è conservata la memoria.
La prima attività, quello di ‘spedaligno ‘ , iniziata da giovanissimo, fu subito seguita da quella di costruttore, e , accanto all’ospedale sorse una chiesa dedicata ai santi Luca Evangelista ed Ercolano martire. Di questi edifici oggi non rimane che una fattoria in località Campugliano, ma l’attività dell’ospedale si è mantenuta nei secoli, soppressa soltanto nel 1791.
Sempre a grande vantaggio dei pellegrini Alluccio costruì un ponte sul fiume Arno che viene individuato fosse nei pressi di Signa. Risulta che nel 1120 fra Firenze e Pisa esistesse un unico ponte fatto di legno utilizzato fino al 1287 quando fu sostituito da un altro più stabile. La leggenda dice che per la sua costruzione Alluccio dovette combattere con la reticenza del barcaiolo che con il ponte perdeva la sua fonte di reddito. Anche presso il ponte fu costruita una struttura di accoglienza a favore soprattutto dei pellegrini e dei viandanti. Altri storici suppongono invece che il ponte costruito da Sant’Alluccio fosse in prossimità di Fucecchio.
Invece ancora presente con tutta la sua verificabilità e l’altro ospizio per pellegrini che si trova sul Montalbano. Come documento importante di vita della zona del tempo è registrato da un disegno di Leonardo da Vinci , con il nome di Santo Lucco( è una delle scritture di Leonardo con un andamento normale e quindi facilmente comprensibile al lettore). Il luogo è pericolosamente lasciato a se stesso, oggi metà esclusiva di qualche scampagnata e ritrovo annuale di raduno per gli alpini che vi hanno fatto installare una grande croce. Questo luogo conosciuto da sempre come Torre di Sant’Alluccio viene anche associato all’eremita pellegrino francese Alucien che assieme a Giusto e Baronto nel settimo secolo si stabilirono da eremiti sul Montalbano, dove ognuno costruì un monastero. E’ probabile che effettivamente una prima costruzione dell’edificio risponda a questa tradizione e che l’opera fatta dal santo di Pescia, sia stata quella di sostegno e di ampliamento di un ospitale già esistente e della aggiunta di una chiesa dedicata ai santi Bartolomeo , Clemente e Colombano. Un’altra impresa di rilevante importanza per quanto sia difficile trovarne una buona documentazione è l’azione di mediatore e di paciere che Alluccio ebbe nella lotta fra la città di Faenza e quella di Ravenna. La città di Faenza in quel periodo viveva una grande rivoluzione per la sua trasformazione da feudo in comune, e in quel contesto , come raccontano più le leggende che i cronisti dell’epoca, fu in grande rivalità e spesso anche in guerra con la vicina Ravenna.
Nel 1934 è stata fatta la celebrazione dell’800° anniversario della morte del santo, ed è in quella occasione che la località di Campugliano ha preso il nome di Sant’Alluccio di Uzzano. Le reliquie del santo sono conservate sin dal 1791 nella cattedrale di Pescia sormontate da un dipinto di Romano Stefanelli.
Da Relazione sul riconoscimento delle reliquie ( 4 giugno 1344)dall’ Archivio arcivescovile di Lucca
Rigo 118 Item invenit supra dictam arcam directe in pariete dicte ecclesie picturam ex antiquissimis figuris ymaginem dicti sancti Allucii cum aliquali ystoria sua vite.
Rigo 133Item retulit se invenisse Legendam de vita et quibusdam miracoli dicti sancti Allucci, quam in cartula pecudina scruta, eidem….
Rigo 144 In monte Albano, magnoin heremo sito, ecclesiam aliam in honorem sancti Bartholomey et sancti Clementi set sancti Columbani et aliurum sanctorum, cum summo desiderio magnoque labore ordinare curavit ad honorem hospitalis et pauperum substentationem, quod in suproscritto monte perfecerat. Iuxta Arnum etiam in strata publica, aliud hospitale constituit….ubi multi peregrini periclitabantur
Se l’Irlanda può presentare il vanto di un impareggiabile primato per la diffusione del cristianesimo in Europa, un piccolo e amabile territorio della Valdinievole, in Toscana, culla dei fiori, può onorarsi dell’esempio di una eccezionale opera di carità che distinse un suo figlio, Sant’Alluccio, oggi patrono di Pescia.
Parliamo di tempi lontani che hanno certamente lasciato spazio libero alla creazione di una leggenda, ma intorno a questo personaggio è stata trovata una documentazione dalla quale raccogliere notizie fondamentali.
Il 23 ottobre del 1182 il vescovo di Lucca Guglielmo I prendendo atto della forte devozione popolare verso un suo figlio Alluccio di Omodeo che aveva condotto una vita in santità e portato avanti grandi opere di carità, ne riconobbe il valore e ne consentì il culto .
Fu poi nel 1344 che l’altro vescovo del tempo, Guglielmo Dulcini, informato del ritrovamento dei resti di una salma nella chiesa dell’ospitale di Campugliano , diede ordine al frate domenicano Paolo Lapi di recarsi sul posto per approfondire la circostanza. L’ ospedale che più anticamente aveva il nome di Ospedale di Campo, era situato nella piana pesciatina già dal IX secolo. Il luogo era attraversato dalla strada che univa Firenze a Lucca , proseguente poi per Luni, detta Cassia Minor. Che sia stata percorsa da molti pellegrini lo testimonia una statio a Pistoia, una a Lucca e nel mezzo la ‘ statio ad Martis ‘ nella Valdinievole. Qui il giovane Alluccio collaborando con il padre che era custode dell’ospedale,aveva iniziato la sua opera di carità occupandosi dei pellegrini e di tutti colori che avevano bisogno di soccorso, opera di grande necessità soprattutto nei frequenti periodi di carestia. Il suo impegno era stato di grande utilità riuscendo inoltre a coinvolgere nell’impegno altri giovani del luogo, dei quali viene ricordato il nome come i ‘ frates Allucii ‘.
La scrupolosa ispezione del frate, e la registrazione del ritrovamento portò alla conferma che ci si trovava di fronte alla salma di Alluccio, il rettore dell’ospedale, la cui morte e sepoltura, trovata segnata nei reperti, era avvenuta nell’anno 1134, il 23 ottobre.
L’elenco e la descrizione di quanto ritrovato fu rogato da un notaio e sottoscritto da 14 testimoni. Alla relazione venne aggiunto una pergamena il cui testo conteneva :
legendam de vita et quibusdam miraculis dicti sancti Alluccii.
Ugualmente sorprendente fu notare che sulla parete soprastante il luogo del ritrovamento erano dipinte le vicende che corrispondevano alle annotazioni della pergamena, quindi rappresentavano fatti della la vita e i miracoli del santo.
Al momento del ritrovamento l’ospedale era passato sotto la gestione dei Cavalieri Gerosolomitani di Pisa, in affido a loro per la diminuizione nel tempo dei ‘Frates Allucci’. In seguito sarà affidato ai Cavalieri di Malta, della Compagnia di San Iacopo in Campo Corbolini che a Firenze operava in Via Faenza. Questo passaggio di appartenenza se ebbe la sua importanza per il grande raggio di azione che aveva la Compagnia tolse al tempo stesso la giurisdizione del vescovo di Lucca , per cui il culto di Sant’ Alluccio non entrò mai nella liturgia della chiesa lucchese, tanto che presto se ne perse la devozione e persino la conoscenza.
Nel 1607, il gesuita Héribert Rosweyde cominciò a raccogliere dai manoscritti agiografici delle biblioteche le vite dei santi; fu l’inizio della grande opera che prese il nome di ‘Acta Sanctorum’ proseguita da Jean Bolland al morte del suo ideatore. I ricercatori che continuarono si chiamarono di Bollandisti.
J. VAN HECKE da questi testi ha rilevato la storia di Sant’Alluccio, in una prosa ritmica che aveva la formula di poter essere sia recitata che ricordata con facilità.
Non vogliamo occuparci dei miracoli attribuiti a questo sant’uomo perché è un argomento troppo delicato, ma guardiamo quali sono le opere delle quali si è conservata la memoria.
La prima attività, quello di ‘spedaligno ‘ , iniziata da giovanissimo, fu subito seguita da quella di costruttore, e , accanto all’ospedale sorse una chiesa dedicata ai santi Luca Evangelista ed Ercolano martire. Di questi edifici oggi non rimane che una fattoria in località Campugliano, ma l’attività dell’ospedale si è mantenuta nei secoli, soppressa soltanto nel 1791.
Sempre a grande vantaggio dei pellegrini Alluccio costruì un ponte sul fiume Arno che viene individuato fosse nei pressi di Signa. Risulta che nel 1120 fra Firenze e Pisa esistesse un unico ponte fatto di legno utilizzato fino al 1287 quando fu sostituito da un altro più stabile. La leggenda dice che per la sua costruzione Alluccio dovette combattere con la reticenza del barcaiolo che con il ponte perdeva la sua fonte di reddito. Anche presso il ponte fu costruita una struttura di accoglienza a favore soprattutto dei pellegrini e dei viandanti. Altri storici suppongono invece che il ponte costruito da Sant’Alluccio fosse in prossimità di Fucecchio.
Invece ancora presente con tutta la sua verificabilità e l’altro ospizio per pellegrini che si trova sul Montalbano. Come documento importante di vita della zona del tempo è registrato da un disegno di Leonardo da Vinci , con il nome di Santo Lucco( è una delle scritture di Leonardo con un andamento normale e quindi facilmente comprensibile al lettore). Il luogo è pericolosamente lasciato a se stesso, oggi metà esclusiva di qualche scampagnata e ritrovo annuale di raduno per gli alpini che vi hanno fatto installare una grande croce. Questo luogo conosciuto da sempre come Torre di Sant’Alluccio viene anche associato all’eremita pellegrino francese Alucien che assieme a Giusto e Baronto nel settimo secolo si stabilirono da eremiti sul Montalbano, dove ognuno costruì un monastero. E’ probabile che effettivamente una prima costruzione dell’edificio risponda a questa tradizione e che l’opera fatta dal santo di Pescia, sia stata quella di sostegno e di ampliamento di un ospitale già esistente e della aggiunta di una chiesa dedicata ai santi Bartolomeo , Clemente e Colombano. Un’altra impresa di rilevante importanza per quanto sia difficile trovarne una buona documentazione è l’azione di mediatore e di paciere che Alluccio ebbe nella lotta fra la città di Faenza e quella di Ravenna. La città di Faenza in quel periodo viveva una grande rivoluzione per la sua trasformazione da feudo in comune, e in quel contesto , come raccontano più le leggende che i cronisti dell’epoca, fu in grande rivalità e spesso anche in guerra con la vicina Ravenna.
Nel 1934 è stata fatta la celebrazione dell’800° anniversario della morte del santo, ed è in quella occasione che la località di Campugliano ha preso il nome di Sant’Alluccio di Uzzano. Le reliquie del santo sono conservate sin dal 1791 nella cattedrale di Pescia sormontate da un dipinto di Romano Stefanelli.
Da Relazione sul riconoscimento delle reliquie ( 4 giugno 1344)dall’ Archivio arcivescovile di Lucca
Rigo 118 Item invenit supra dictam arcam directe in pariete dicte ecclesie picturam ex antiquissimis figuris ymaginem dicti sancti Allucii cum aliquali ystoria sua vite.
Rigo 133Item retulit se invenisse Legendam de vita et quibusdam miracoli dicti sancti Allucci, quam in cartula pecudina scruta, eidem….
Rigo 144 In monte Albano, magnoin heremo sito, ecclesiam aliam in honorem sancti Bartholomey et sancti Clementi set sancti Columbani et aliurum sanctorum, cum summo desiderio magnoque labore ordinare curavit ad honorem hospitalis et pauperum substentationem, quod in suproscritto monte perfecerat. Iuxta Arnum etiam in strata publica, aliud hospitale constituit….ubi multi peregrini periclitabantur
Dal mensile " Orizzonti " n. 48 - febbraio 2013
MONTALBANO DA SALVAGUARDARE: LA TORRE DI SANT’ALLUCCIO
di Michela Cammilli
La redazione di Orizzonti è stata recentemente contattata dalla signora Lucia Mazzucco, oggi residente a Bologna ma originaria di San Baronto, per richiamare l’attenzione dei nostri lettori e delle amministrazioni comunali di competenza sullo stato di abbandono in cui versa l’antico complesso di Sant’Alluccio, situato sul crinale del Montalbano.
Emanuele Repetti, nel suo Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana, descriveva così la località come si presentava al suo tempo: «[…] Alluccio (Torre di S.) - Casalone con torre sopra una delle più eminenti creste del Monte Albano, dove, a riferire del biografo di S. Alluccio, sembra che questi vi avesse edificato un qualche ospizio o eremo, divenuto in seguito possessione del vicino monastero di S. Baronto. È un punto di prospettiva magnifico, di dove si dominano le valli dell'Arno dai monti di Vallombrosa sino a bocca d'Arno con tutte le sue tributarie. Risiede a 929 braccia sopra il livello del mare […]».
Anche Renato Fucini inserì un'appassionata descrizione di quell'area del Montalbano nella novella Fiorella, raccolta ne Le veglie di Neri: «[…] La cima sulla quale sorge la torre di Sant'Alluccio è certamente la più pittoresca del Monte Albano; e mi rincresce che i nostri alpinisti l'abbiano dimenticata nel loro itinerario, additando invece la prossima vetta di Pietra Marina, bellissima anco quella, ma senza dubbio da posporsi alla mia preferita, quantunque s'innalzi circa cento metri di più sul livello del mare. La prima volta che giunsi lassù quasi mi si abbagliarono gli occhi, e per qualche minuto, incantato dal maraviglioso spettacolo che mi stava dinanzi, non seppi fare altro che guardare attonito in giro, senza distinguere nulla di definito nel largo e verde orizzonte […]».
Una leggenda fa ricondurre le origini del complesso di Sant’Alluccio alla vicenda di tre monaci cluniacensi, chiamati Giusto, Baronto e Alluccio, che nell' XI secolo lasciarono la Francia e, pellegrinando, giunsero alle pendici del Montalbano. Decisi a condurre una vita da eremiti, si fermarono in tre luoghi diversi e ognuno di loro vi edificò una cappella e un romitorio (luogo dove dimora l'eremita, da "romito", cioè "eremita"). Si racconta che i tre edifici furono costruiti in una sola notte e che i monaci si servirono di un'unica mestola e di un unico martello, che si passarono grazie a un allungamento delle braccia dovuto alla fede. I luoghi ai quali dettero vita furono l’abbazia di San Giusto al Pinone, la pieve di San Baronto e il complesso di Sant’Alluccio.
Una seconda ipotesi, non inconciliabile con la prima, fa ricondurre il complesso ad Alluccio, un religioso di Campugliano (frazione nel comune di Uzzano che nel 1934 prese l'attuale denominazione "Sant'Alluccio"). Nato nel 1070 da una famiglia di contadini, figlio di tale Omodeo, Alluccio iniziò fin da giovanissimo l’attività di “spedaligno” (spedalingo) e si dedicò alla costruzione di strutture di accoglienza con lo scopo di prestare soccorso ai pellegrini. Fondò anche una sorta di congregazione laicale d'assistenza, i "fratres Allucii" e portò avanti grandi opere di carità, tanto da conquistarsi una forte devozione popolare in tutto il pesciatino. Tra le sue principali opere come "costruttore" ci fu anche un ponte sul fiume Arno, indicativamente all'altezza di Signa. Risulta che nel 1120 fra Firenze e Pisa esistesse un unico ponte fatto di legno utilizzato fino al 1287, quando fu sostituito da un altro più stabile. La leggenda dice che, per la sua costruzione, Alluccio dovette combattere con la reticenza del barcaiolo che con il ponte perdeva la sua fonte di reddito. Anche presso il ponte fu costruita una struttura di accoglienza, a favore soprattutto dei pellegrini e dei viandanti. Altri storici suppongono invece che il ponte costruito da Sant’Alluccio fosse in prossimità di Fucecchio. Secondo la tradizione, furono ascrivibili a lui numerosi miracoli. Morto nel 1134, il 23 ottobre del 1182 il vescovo di Lucca, Guglielmo I, lo proclamò santo e acconsentì al suo culto. Anche se la prima costruzione dell’edificio sul Montalbano risalisse realmente a un periodo precedente, è possibile che il religioso di Pescia abbia portato avanti un’opera di sostegno e di ampliamento dell’ospitale già esistente, con l'aggiunta di una chiesa dedicata ai santi Bartolomeo, Clemente e Colombano.
Come ricorda la professoressa Mazzucco in un saggio dal titolo Sant'Alluccio, pubblicato sul giornale semestrale Cronache di Cammini, il luogo è stato registrato da Leonardo da Vinci in uno dei suoi disegni con il nome di Santo Lucco. Il complesso architettonico era composto da una torre, una struttura di accoglienza e una cappella. La torre, originariamente dotata di una merlatura oggi andata distrutta, serviva come rifugio per i numerosi viandanti che attraversavano quei luoghi, per proteggersi dalle aggressioni dei banditi che si appostavano sui monti. L' "ospitale" rappresentava invece luogo di accoglienza e ristoro per quei pellegrini che, deviando dalla via Francigena, si recavano a Pistoia per venerare San Jacopo percorrendo il crinale del Montalbano. Dopo che il complesso perse la sua funzione primaria, la cappella fu trasformata in edificio rustico e la struttura è stata abitata fino agli anni Cinquanta: nel lato verso Quarrata era posta l'abitazione del contadino con le stalle e le rimesse, mentre l'altro lato costituiva la residenza di vacanza dei Conti Spalletti, che lì trascorrevano alcuni periodi nella stagione estiva. Tutta la zona circostante alla Torre era fittamente coltivata, anche se ora sembra impossibile in quanto il bosco ha preso possesso dei campi. Fino agli anni Trenta vi abitò anche il guardiacaccia dei conti. Alcune testimonianze orali giunte fino a noi raccontano che, a seguito di un diverbio, il guardiacaccia rimase brutalmente ucciso a bastonate dal contadino che abitava a fianco.
Fino alla metà del secolo scorso, il prato di Sant’Alluccio è stato uno dei ritrovi più frequentati dalle località a valle vicine, meta di passeggiate e merende all'aperto. Racconta Roberto Trinci, CapoGruppo Alpini di Quarrata: «La gente arrivava a piedi o con i calessi e la giornata si svolgeva nel clima di una festa campestre: veniva montata una grande altalena fra i due enormi pini accanto alla Torre, si faceva il tiro alla fune fra le squadre delle varie frazioni, si ballava con l’orchestrina improvvisata e c’erano pure i brigidinai saliti da Lamporecchio ed i venditori di cocomero». Nel giugno 1989, dopo aver ricevuto le necessarie autorizzazioni da parte del Conte Venceslao Spalletti, l'Associazione Nazionale Alpini di Quarrata ha innalzato una croce nel prato antistante la costruzione, "a ricordo di tutti gli alpini, comunque e dovunque deceduti". Ogni anno, l'ultima domenica del mese di giugno, il gruppo di Quarrata organizza una passeggiata-pellegrinaggio con arrivo sul pianoro di Sant’Alluccio, dove si ha una celebrazione commemorativa. Solitamente, nel corso del mese precedente, gli alpini provvedono con i propri mezzi anche alla parziale sistemazione e ripulitura della strada di accesso verso la torre. Alcuni percorsi escursionistici che collegano Sant'Alluccio agli altri punti di interesse della zona (Pietramarina, Casino dei Birri, fonte del Romito, Leporaia, Le croci...) si trovano indicati su molte pubblicazioni di itinerari storico-naturalistici e sono quindi promossi. Attualmente l'intera zona è di proprietà della famiglia Spalletti e di conseguenza anche la costruzione, oramai ridotta a rudere. Qualche anno fa, a cura dell'amministrazione comunale di Quarrata, era stato redatto un progetto che prevedeva il recupero dell'edificio e la trasformazione dell'area circostante in parco. Erano già stati presi contatti con il conte Spalletti, resosi prontamente disponibile a cedere l'intera area, e sembrava che dovesse giungere anche un finanziamento dalla Comunità Europea, nell'ottica di un piano di recupero di edifici storici. Purtroppo, come spesso accade, il progetto è svanito nel niente... La speranza è che si riesca realmente a risanare questo tipo di strutture, restituire loro il valore che avevano originariamente all'interno dei cammini ed evitare di perderle definitivamente.
v Un ringraziamento a Roberto Trinci, CapoGruppo Alpini di Quarrata.
v BIBLIOGRAFIA:
- CASTORE - Catasti Storici Regionali - Regione Toscana, <http://web.rete.toscana.it/castoreapp/>
- M. DELLI, Sant'Allucio da Pescia, in Santi Toscani, <http://www.santitoscani.it/sant-allucio-da-pescia.html>
- R. Fucini, Le veglie di Neri: paesi e figure della campagna toscana, Barbera, Firenze 1882
- A. INNOCENTI, Torre di S. Alluccio, da Buriano, in URSEA-Unione Rocciatori Scalatori e Affini,
<http://www.ursea.it/gite/torre_s_alluccio_da_buriano/torre_s_alluccio_da_buriano.htm>
- L. MAZZUCCO, Sant'Alluccio, in «Cronache di Cammini», anno 2°, volume 1° (aprile 2012)
- E. Repetti, Dizionario Geografico Fisico e Storico della Toscana, presso l'autore ed editore, Firenze 1833-1846
- A. SPICCIANI, Santi lucchesi nel Medioevo: Allucio da Pescia, Edizioni ETS, Pisa 2008
- R. TRINCI, Riconoscimento comunale agli Alpini di Quarrata, in «La nostra penna», 2006

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Globino in cammino

Il Cuore è una rossa casina dove Globino non sta mai fermo.
“ Vado a fare il mio giretto “ dice tutto baldanzoso al Cuore.
Il Cuore risponde:- Ma dove vuoi andare? che finisci sempre per sporcarti!
“ Ma no che non mi sporco, c’è una bella stradina che devo fare, è come se mi chiamasse!”.
Il Cuore non fa in tempo a insistere che Globino è già scappato dalla porta di cucina.
Corre, corre tutto felice, per fortuna non trova intoppi, è dato che è molto curioso s’infila dappertutto, guarda e tocca tutto quello che incontra, strade grandi, stradine più piccole, fa proprio un giretto interessante. Dopo un po’ però si sente stanco, è meno baldanzoso, e mentre sta pensando di tornare nella sua casina rossa si accorge anche di essersi sporcato molto e ridotto in modo impresentabile.
“Adesso mi prenderò la solita sgridata dal Cuore. Bisogna che rientri da dietro per non farmi vedere”.
Cerca così di rientrare con cautela e di non farsi vedere ma il Cuore se ne accorge subito e prontamente “ Guardati in che condizione sei, non puoi entrare in casa così sporco e portare la tua sporcizia dappertutto ? Vai nella rimessa e non presentarti se non ti sei prima pulito.”
Globino cerca di protestare e non fa nemmeno in tempo trovare delle scuse , a chiedere aiuto che il cuore lo ha già spinto e chiuso la porta. Si sente piuttosto afflitto: lui è sempre pieno di iniziative ma per quanto riguarda la pulizia non sa proprio da che parte cominciare. Ma ecco che sente una vocina, una vocina che già conosce della quale in quello stato di imbarazzo si era dimenticato.
” Cosa aspetti a venire ? La strada la conosci e non ti ricordi chi è che può togliere tutto quello lo sporco che hai raccolto in giro ? In questo momento guarda che ho proprio una buona qualità di aria; è bella e pulita e vedrai che in un attimo torni pulito e fresco più di prima”
E’ il Polmone che parla e Globino si rincuora e eccolo ancora in cammino per andare a farsi ripulire.
Il Polmone ha la sua tecnica perfetta che non solo gli fa lasciare tutto lo sporco ma lo riassesta per benino aria tanto che in un Globino torna a splendere del suo bel colore.
“ Puoi andare adesso” dice il Polmone “ ed entra pure dalla porta principale che il Cuore sarà ben contento di vederti così fresco e pulito. “
Tutto bene, dunque! Globino entra in casa e il cuore lo accoglie contento e non è più arrabbiato.
Ma questa storia non finisce qui,anzi non fginisce mai perchè Globino si è già spostato verso la porta di cucina pronto a partire per una nuova impresa.
“ Vado a fare il mio giretto “ dice tutto baldanzoso al Cuore……
Che volete farci! Globino è fatto così , e fin tanto che si comporta così VA TUTTO BENE.
Buona salute a tutti!
Giorgio Zambaldi
“ Vado a fare il mio giretto “ dice tutto baldanzoso al Cuore.
Il Cuore risponde:- Ma dove vuoi andare? che finisci sempre per sporcarti!
“ Ma no che non mi sporco, c’è una bella stradina che devo fare, è come se mi chiamasse!”.
Il Cuore non fa in tempo a insistere che Globino è già scappato dalla porta di cucina.
Corre, corre tutto felice, per fortuna non trova intoppi, è dato che è molto curioso s’infila dappertutto, guarda e tocca tutto quello che incontra, strade grandi, stradine più piccole, fa proprio un giretto interessante. Dopo un po’ però si sente stanco, è meno baldanzoso, e mentre sta pensando di tornare nella sua casina rossa si accorge anche di essersi sporcato molto e ridotto in modo impresentabile.
“Adesso mi prenderò la solita sgridata dal Cuore. Bisogna che rientri da dietro per non farmi vedere”.
Cerca così di rientrare con cautela e di non farsi vedere ma il Cuore se ne accorge subito e prontamente “ Guardati in che condizione sei, non puoi entrare in casa così sporco e portare la tua sporcizia dappertutto ? Vai nella rimessa e non presentarti se non ti sei prima pulito.”
Globino cerca di protestare e non fa nemmeno in tempo trovare delle scuse , a chiedere aiuto che il cuore lo ha già spinto e chiuso la porta. Si sente piuttosto afflitto: lui è sempre pieno di iniziative ma per quanto riguarda la pulizia non sa proprio da che parte cominciare. Ma ecco che sente una vocina, una vocina che già conosce della quale in quello stato di imbarazzo si era dimenticato.
” Cosa aspetti a venire ? La strada la conosci e non ti ricordi chi è che può togliere tutto quello lo sporco che hai raccolto in giro ? In questo momento guarda che ho proprio una buona qualità di aria; è bella e pulita e vedrai che in un attimo torni pulito e fresco più di prima”
E’ il Polmone che parla e Globino si rincuora e eccolo ancora in cammino per andare a farsi ripulire.
Il Polmone ha la sua tecnica perfetta che non solo gli fa lasciare tutto lo sporco ma lo riassesta per benino aria tanto che in un Globino torna a splendere del suo bel colore.
“ Puoi andare adesso” dice il Polmone “ ed entra pure dalla porta principale che il Cuore sarà ben contento di vederti così fresco e pulito. “
Tutto bene, dunque! Globino entra in casa e il cuore lo accoglie contento e non è più arrabbiato.
Ma questa storia non finisce qui,anzi non fginisce mai perchè Globino si è già spostato verso la porta di cucina pronto a partire per una nuova impresa.
“ Vado a fare il mio giretto “ dice tutto baldanzoso al Cuore……
Che volete farci! Globino è fatto così , e fin tanto che si comporta così VA TUTTO BENE.
Buona salute a tutti!
Giorgio Zambaldi

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