Num. 20 - ottobre 2021
- Le Fontane
- La Via dell'acqua di Luciano Mazzucco
- Sui Monti Sibillini di Luciano Mazzucco
- Due in cammino con il drone di Giulia e Cesare
- Il cammino alla ricerca di Simurgh di Lucia Mazzucco
- La zecca sgradita compagna di cammino di Enrico Marchi
- Leggendo Goethe di Fabiano Zambelli
- Il sentiero della predica agli uccelli di Niccolò Mazzucco
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Ad integrazione dell'argomento di questo numero, propongo questo interessante articolo di Leonardo Lombardi
La strada regia modenese e le fontane dell'alta Lima
La prima metà del Settecento fu contrassegnata da varie guerre di successione che coinvolsero le più grandi potenze europee, Quella per la successione al trono d'Austria iniziò nel 1740 e terminò dopo otto anni con la pace di Vienna. Il conseguente trattato di Aquisgrana (1748) contribuì a ridisegnare l'assetto continentale tra Stati grandi e piccoli. In un'Italia centro-settentrionale frammentata maturarono le condizioni per una convergenza fra l'Impero asburgico e due Stati retti da sovrani ad esso legati da vincoli di parentela, come il Duca di Modena Francesco III d' Este ed il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena. Per mettere a sistema la continuità territoriale fra le tre entità necessitava, dunque, un salto di qualità strutturale, istituzionale, economico e, non ultimo, militare.
Il tratto di dorsale appenninica di confine fra il Ducato di Modena ed il Granducato di Toscana consentiva, all'epoca, collegamenti precari tramite valichi storici come il passo d'Annibale (m. 1798 slm) ad ovest o quello della Croce Arcana (m, 1669 slm), attraversato dalla "Romea Strata", ad est o altri minori. Le vie di valico erano, per lo più, sentieri o mulattiere impervi e poco sicuri, percorsi, in genere, da pastori ed armenti, cacciatori, pellegrini, soldataglie, rari mercanti. Erano soggetti a frequenti interruzioni a causa di frane, intemperie o brigantaggio. L'antropizzazione della montagna era rarefatta e costituita da piccoli centri d'origine medioevale o presidi religiosi e militari di stampo longobardo. Fu deciso, quindi, di creare un collegamento sicuro, efficiente e "moderno", atto ad evitare l'attraversamento di altri Stati, fra la zona di Mantova, presidiata dall'Austria, la città di Modena, capiatale del Ducato, e Firenze, capitale del Granducato.
Furono stanziate ingenti somme ed arruolate grandi quantità di maestranze su ciascuno dei due versanti appenninici, mentre la progettazione e direzione dei lavori fu affidata a professionisti di primordine. Il Duca Francesco scelse l'ingegnere ed architetto Pietro Giardini ed il Granduca Leopoldo mise in campo Leonardo Ximenes (Trapani 1716 – Firenze 1786), abate gesuita, astronomo, matematico, ingegnere idraulico e civile, nonchè geografo. Le tratte appenniniche sui due versanti furono iniziate nel 1766. Ovviamente, fu scelto un tarcciato più comodo rispetto ai precedenti del passo d'Annibale-Alto Sestaione, della Croce Arcana o di quello che, probabilmente, raccoglieva sentieri e mulattiere proveniva da Rivoreta (m. 900 slm) sulla costa sinistra dell'Alta Lima. Fu scelto, infatti, quello di Serra Bassa (m. 1388), rinominata "Abetone" perchè, per liberare adeguatamente il passaggio, fu necessario abbattere un abete per abbracciare il tronco del quale erano necessari sei uomini.
Possiamo immaginare le caratteristiche di vari cantieri, ragguardevoli per l'epoca, che operavano in contemporanea in vari punti dei due versanti, benché, nelle tratte meno impervie, si trattasse di ampliare o ristrutturare precedenti tracciati. Ad es, oltre il collegamento Firenze-Pistoia già molto attivo, interventi di rilievo furono effettuati da Pistoia a Le Piastre (m. 770 slm), nella valle dell'Alto Reno fino a Ponte Petri (m. 669 slm), probabilmente bypassando un percorso che, per Prunetta (m. 958 slm) presso le sorgenti del Reno, raggiungeva Mammiano (m. 650 slm). Il nuovo percorso a Ponte Petri, quindi, deviò in costa occidentale fino a raggiungere il passo dell' Oppio (m. 821 slm) da dove fu realizzata un'ulteriore alternativa ad un tracciato di mezzomonte. Probabilmente si trattava di quello individuabile come Cammino di San Bartolomeo che, fra l'altro, passava da Maresca (m. 790 slm), Gavinana (m. 820 slm), Lizzano pistoiese (m. 730 slm), Cutugliano (m. 678 slm) e Rivoreta (m. 900 slm). Quindi, riunendo anche quello della "Romea Strata" proveniente dalla Croce Arcana e dal Melo (m. 1.000 ca slm), lambiva il valico a Serra Bassa ( Abetone) e proseguiva per Fiumalbo (m. 953 slm) nel Frignano. Dal passo dell' Oppio fu, così, sviluppato il percorso della Val di Limestre per S. Marcello (m. 623 slm) e La Lima (m. 450 slm), subito dopo Mammiano, dove confluiva il tracciato proveniente da Prunetta, presso il crocevia ancor oggi segnato dalla "palla", la particolare colonna sormontata dalla sfera trafitta da lancia, contrassegno delle grandi vie granducali.
Pietro Leopoldo, inoltre, mirò anche a conseguire un valore strategico aggiuntivo cercando di collegare il porto di Livorno con il vasto retroterra austrofilo e, viceversa, di garantire a questo uno sbocco tirrenico. Fu sviluppato, quindi, dal litorale un percorso che, raggiungendo Pisa tramite gli storici collegamenti, passava per Lucca e risaliva la valle della Lima per Bagni di Lucca (m. 150 slm). Si snodava, quindi, per una gola molto suggestiva che, ancor oggi, nel punto più stretto, in località Tana Termini (m. 400 ca. slm), conserva le vestigia della vecchia dogana. Ovviamente, tale collegamento convenne anche alla Repubblica di Lucca che, a suo modo, vi contribuì per la trratta di competenza.
Sul fronte toscano, dunque, si materializzò un sistema viario per così dire ad "Y" rovesciato che, partendo da Livorno ad ovest e da Firenze ad est, riuniva i due rami a La Lima per inerpicarsi fino all' Abetone da dove la nuova strada, congiungendosi con il tratto modenese, incrociava, prima, la Via Emilia, proseguiva, poi, fino alla zona di Mantova ed, infine, raggiungeva il passo del Brennero. Ancor oggi la S.S. 12 da Pisa al Brennero è detta "Statale dell'Abetone – Brennero", mentre la tratta da Firenze all'Abetone (FI – La Lima/S.S. 66) è chiamata anche "Via Ximenes" e, dall'Abetone a Modena "Via Giardini". Più comunemente, almeno il tratto Pistoia-Modena, è conosciuta come "Strada Regia Modenese".
Nel 1778 la nuova arteria aprì al pubblico. "A ricordo e celebrazione" dell'opera, l'anno precedente, su quello che all'epoca era il confine fra i due Stati, erano state erette due piramidi in bozze di pietra, disegnate e costruite dallo Ximenes con l'apposizione di scudi di marmo bianco rispettivamente orientati verso gli Stati di appartenenza. Su ciascuno di tali versanti, sulla piramide di destra era posto lo stemma dello Stato e su quella di sinistra erano incise in latino le diverse motivazioni della realizzazione. Sul lato toscano, veniva esaltato il Granduca Pietro Leopoldo come promotore di libertà e commercio, mentre su quello modenese si valorizzava il Duca Francesco III e la nuova strada "a vocazione militare che collegava la Toscana ai territori tedeschi di Mantova".
Per l'occasione fu stipulato un trattato internazionale per garantire la corrispondenza postale fra l'Austria ed il Granducato. Ma, poiché gli imprenditori locali si dimostrarono poco collaborativi in tal senso, furono predisposti bandi pubblici per la gestione delle stazioni di posta necessarie.Inoltre, si resero opportuni per le esigenze dei viaggiatori altri servizi quali: locande, stalle, botteghe, piccole officine, piazzali, chiese ed "ospitali", nonchè fontane pubbliche. Fu così che un primo nucleo abitativo si sviluppò vicino alla dogana ed alla chiesa - che in epoca successiva fu dedicata a S. Leopoldo - nella zona di Boscolungo (m. 1375 slm) i cui abitanti erano impegnati per lunghi periodi nella spalatura della neve per garantire il transito anche nella stagione invernale che, durante la "piccola era glaciale" ( metà XIV – metà XIX sec.), era assai più lunga e rigida di oggi.
La zona appenninica, interessata da abbondanti precipitazioni, era ricca di acqua, foreste, prati-pascoli e minerali. Pertanto, la nuova arteria intercettò, sfruttò ed, in parte, favorì la costruzione di gore, mulini, segherie, filande, cave, miniere, fonderie, burraie e ghiacciaie ( Alta valle del Reno). Dobbiamo supporre che, ancorché in territorio impervio, un tale sistema stradale consentisse lo scambio di carriaggi e carrozze ed il fondo, ordinariamente in terra battuta, venisse lastricato nei tratti più problematici, dotato di fossette di drenaggio e di muraglioni a retta per sostenere i numerosi tornanti.
Dobbiamo anche ricordare come, nei limiti demografici dell'epoca ( gli abitanti della Toscana, all'epoca erano meno di 1/3 degli attuali) , in territori marginali come quelli montani, la popolazione fosse ancor più rarefatta. Ciò nonostante, oltre ad una quantità contenuta di viaggiatori ad ampia percorrenza per ragioni diplomatiche, amministrative, militari e commerciali che si doveva muovere celermente, in carrozza o a cavallo, la Strada Regia era percorsa per tratti più brevi, ma in quantità più consistenti da varie altre tipologie di viandanti: pellegrini, artigiani, contadini, boscaioli, carbonai con animali da soma, nonché pastori con greggi ed armenti, che si procedevano ben più lentamente.
Fra tutti i servizi necessari ai viaggiatori, forse, quello più topico e che si è mantenuto, pressochè in versione originale, fino ai nostri giorni è quello costituito dal sistema di fontane sulla pubblica via. Ovviamente, in epoca premotorizzazione, su molte strade e centri abitati si trovavano fontane, pozzi ed abbeveratoi, a seconda delle necessità e disponibilità. L'Alta valle della Lima sembra essere un'area particolarmente privilegiata da questo punto di vista in quanto la frequenza di fonti risulta direttamente proporzionale al dislivello da superare. Lo stesso bastione di Cutigliano, crocevia fra la "Romea Strata" ed il Cammino di S. Bartolomeo, nonché presidio a ridosso della Strada Regia, è un borgo particolarmente ricco di fontane, sia nel centro abitato, con il Palazzo dei Capitani di Montagna che ne annovera una di lato ed una con pozzo sul retro, sia sul panoramico Viale di S. Vito. Così, sul tratto più ripido, che da La Lima (m. 450 slm) sale con svariati tornanti all' Abetone (m. 1388 slm) superando quasi 1.000 m di dislivello in meno di 20 km, vennero realizzate almeno nove fontane, in media una ogni 2 km, delle quali sette sono attive tutt'oggi.
Le caratteristiche peculiari di tali manufatti sono la solidità, l'utilità e la versatilità. Evidentemente le fonti furono realizzate intercettando sorgenti o faglie acquifere superficiali, in parte già individuate in modesti nuclei abitati esistenti. I materiali utilizzati erano la pietra serena disponibile e lavorabile nel territorio ed, in misura minore, ferro e marmo. La tipologia ricorrente, costituita da strutture più o meno importanti a seconda della collocazione e funzione, ingloba tubazioni che fuoriescono frontalmente con una o più bocche metalliche ricurve che riversano senza interruzione l'acqua cristallina di montagna in una vasca scavata in un unico blocco di pietra. Talvolta un ricciolo sulla bocca o un paio di barre di ferro poste di traverso ai bordi della vasca consentono l'appoggio di recipienti di raccolta. La bocca è adatta in genere all'approvvigionamento umano o al prelievo, mentre la vasca ad abbeveratoio per gli animali.
In alcuni casi, quelli riguardanti località minori, dove la fontana è dotata di una sola bocca, la vasca è collegata ad un viàio affiancato o posto sul retro. Tali tipologie, oltre ai fini prioritari, risultano utili anche come lavatoi, messa a mollo di vegetali o per tenere in fresco derrate nei momenti di sosta. Solitamente in prossimità di tali fonti erano ricavati ampi spiazzi o aie per soata di mandrie, armenti e carriaggi, nonché stoccaggio e movimentazione di legnami e merci varie. Alcune fontane furono ornate con motti scolpiti su pietra in italiano. Mentre iscrizioni più solenni che richiamavano la committenza, gli scopi e l'epoca della costruzione della strada vennero scolpite in latino su lapidi di marmo di Carrara.
La tratta dell'Alta valle della Lima, in ascesa, era contrassegnato dall'abbinamento fra due ponti, particolarmente importanti sotto il profilo tecnico e stilistico, e relative fontane. Con il ponte sulla Lima, appunto a La Lima (m. 450 slm) lo Ximenes realizzò un capolavoro assoluto, solido ed ornato di marmi. In mezzo, in corrispondenza del colmo dell'arcata, vi costruì due eleganti fontane interfacciate, dotate di slanciati frontoni impreziositi da stemmi e lapidi, affiancate, sulle spallette, ciascuna da quattro steli piramidali sormontate da sfere. Un tale ponte, all'epoca, poteva adempiere sia alla funzione naturale dell'attraversamento che a quella di spzio pubblico di incontro e ristoro.
Salendo di 5 km poco a monte della confluenza nella Lima e del bivio inferiore pe la valle del Sestaione fu costruito un viadotto ancora più ardito a due ampie arcate ellittiche di 24 m, con un grosso pilone centrale alto 30 m e largo 5, per superare la gola del torrente stesso, appunto a Ponte Sestaione (m. 650 slm). Tale località, fino all'avvento dei veicoli a motore, costituiva una sosta fondamentale per il "trapelo", il cavallo che, aggiunto a quelli già al tiro, aiutava a superare la tratta più ripida del percorso fino all'Abetone. Immediatamente prima del ponte fu costruita un'importante fontana con due bocche elaborate alla base, un imponente frontone, un'iscrizione in italiano su pietra ed una lapide marmorea scolpita in latino. Le fontane abbinate a questi due ponti erano adeguate all'importanza degli stessi che, distrutti nel 1944 dalle truppe germaniche in ritirata verso la vicina linea Gotica, furono ricostruite nel dopoguerra in modo semplificato ed adeguato alla nuova viabilità, ma sostanzialmente rispettosa dei progetti originali.
La successiva fontana di Pian dei Sisi (m. 770 slm), probabilmente ristrutturata, corrispondente alla tipologia più semplice, si trova oggi collocata in un giardino privato sul margine esterno di un tornante. Alcuni chilometri più in alto, nella frazione di Piano Sinatico (m. 948 slm) si trova una fontana della tipologia, per così dire, "intermedia" rispetto a quelle descritte. Superando un ulteriore dislivello, in un tratto di falso piano fra i 1.100 ed i 1.300 m ca. slm, si trovano in successione, a pochi chilometri l'una dall'altra, tre fontane del tipo semplice e versatile, con frontone modesto, una bocca ed uno o due viài collegati alla vasca centrale. Tipica in tal senso è quella situata presso il grappolo di case che ne prende il nome (m. 1253 slm), Fontana Vaccaia (Nomina sunt consequentia rerum), alla ricongiunzione con la strada dell'Alto Sestaione. Infine, a Boscolungo (m. 1375 slm), nei pressi della chiesa parrocchiale di S. Leopoldo all'Abetone, si trova un'ultima fontana, molto elegante, ma ristrutturata nel 1905, addirittura con tre bocche ed altrettante vasche, una principale e due laterali più piccole a conchiglia rovesciata.
In definitiva, possiamo ritenere che le fontane dell' Alta valle della Lima pistoiese rappresentino la testimonianza ancor oggi evidente e fruibile di un'impresa geopolitica in uno scenario europeo tormentato ed in sempre più rapida evoluzione. La Strada Regia Modenese, realizzata in poco più di un decennio, svolse, in qualche modo, la sua funzione militare, economica e culturale per quasi un secolo. Appena otto anni dopo l' apertura ufficiale dell'arteria, le grandi riforme leopoldine nel Granducato, primo Stato al mondo, culminarono con l'abolizione della tortura e della pena di morte. Dopo altri quattro anni, nel 1790, alla morte del fratello Giuseppe, privo di eredi, Pietro Leopoldo ricevette la corona asburgica e fu richiamato a Vienna per divenire, come Leopoldo II, Imperatore del Sacro Romano Impero, Re d' Ungheria e di Boemia fino alla morte che sopraggiunse dopo soli due anni. Al vertice del Granducato, in una situazione già alquanto insatabile, gli era succeduto il figlio Ferdinando III.
A onor del vero, dal 1796 le complesse dinamiche connesse alle Campagne napoleoniche, alla costituzione delle Repubbliche Cispadana e Cisalpina, alla Restaurazione ed alle guerre d'Indipendenza stemperarono, a fasi alterne, parte delle funzioni originarie della Strada Regia. Con l'Unità d' Italia (1861) l'arteria internazionale subì un naturale "declassamento" all'ambito della rete nazionale. Ad ogni buon conto, l'opera lasciò al nuovo Stato unitario un patrimonio infrastrutturale di grande rilievo per l'integrazione territoriale lungo l'asse centro-settentrionale e fondamentale per i i collegamenti con il Centro Europa. Con la costruzione della rete autostradale, nel secondo dopoguerra, la Strada dell' Abetone-Brennero, ormai ristrutturata ed asfaltata, subì un ulteriore inevitabile ridimensionamento. In ogni caso ha continuato a svolgere un più che dignitoso ruolo di collegamento interregionale mantenendo una parte delle funzioni storiche ed, a riprova del suo valore intrinseco, sviluppando quelle turistiche più attuali. Comunque sia, ci sono rimaste le sue fontane, costruite a regola d'arte, belle da vedere e buone da utilizzare come ristoro del corpo e dello spirito.
Gli zampilli di tali nobili fontane ancor oggi ci sussurrano di sovrani, cavalieri, artisti, pellegrini e generazioni di "poveri cristi" che, con i loro animali, faticarono e viaggiarono in ambedue le direzioni in un ambiente aspro e ricco di fascino rendendo sempre attuale l'esortazione scolpita sulla pietra della fontana di Ponte Sestaione: " O PELLEGRIN SE DEL SENTIER SEI LASSO FERMATI BEVI E POI RADDOPPIA IL PASSO".
15 Novembre 2021
Il tratto di dorsale appenninica di confine fra il Ducato di Modena ed il Granducato di Toscana consentiva, all'epoca, collegamenti precari tramite valichi storici come il passo d'Annibale (m. 1798 slm) ad ovest o quello della Croce Arcana (m, 1669 slm), attraversato dalla "Romea Strata", ad est o altri minori. Le vie di valico erano, per lo più, sentieri o mulattiere impervi e poco sicuri, percorsi, in genere, da pastori ed armenti, cacciatori, pellegrini, soldataglie, rari mercanti. Erano soggetti a frequenti interruzioni a causa di frane, intemperie o brigantaggio. L'antropizzazione della montagna era rarefatta e costituita da piccoli centri d'origine medioevale o presidi religiosi e militari di stampo longobardo. Fu deciso, quindi, di creare un collegamento sicuro, efficiente e "moderno", atto ad evitare l'attraversamento di altri Stati, fra la zona di Mantova, presidiata dall'Austria, la città di Modena, capiatale del Ducato, e Firenze, capitale del Granducato.
Furono stanziate ingenti somme ed arruolate grandi quantità di maestranze su ciascuno dei due versanti appenninici, mentre la progettazione e direzione dei lavori fu affidata a professionisti di primordine. Il Duca Francesco scelse l'ingegnere ed architetto Pietro Giardini ed il Granduca Leopoldo mise in campo Leonardo Ximenes (Trapani 1716 – Firenze 1786), abate gesuita, astronomo, matematico, ingegnere idraulico e civile, nonchè geografo. Le tratte appenniniche sui due versanti furono iniziate nel 1766. Ovviamente, fu scelto un tarcciato più comodo rispetto ai precedenti del passo d'Annibale-Alto Sestaione, della Croce Arcana o di quello che, probabilmente, raccoglieva sentieri e mulattiere proveniva da Rivoreta (m. 900 slm) sulla costa sinistra dell'Alta Lima. Fu scelto, infatti, quello di Serra Bassa (m. 1388), rinominata "Abetone" perchè, per liberare adeguatamente il passaggio, fu necessario abbattere un abete per abbracciare il tronco del quale erano necessari sei uomini.
Possiamo immaginare le caratteristiche di vari cantieri, ragguardevoli per l'epoca, che operavano in contemporanea in vari punti dei due versanti, benché, nelle tratte meno impervie, si trattasse di ampliare o ristrutturare precedenti tracciati. Ad es, oltre il collegamento Firenze-Pistoia già molto attivo, interventi di rilievo furono effettuati da Pistoia a Le Piastre (m. 770 slm), nella valle dell'Alto Reno fino a Ponte Petri (m. 669 slm), probabilmente bypassando un percorso che, per Prunetta (m. 958 slm) presso le sorgenti del Reno, raggiungeva Mammiano (m. 650 slm). Il nuovo percorso a Ponte Petri, quindi, deviò in costa occidentale fino a raggiungere il passo dell' Oppio (m. 821 slm) da dove fu realizzata un'ulteriore alternativa ad un tracciato di mezzomonte. Probabilmente si trattava di quello individuabile come Cammino di San Bartolomeo che, fra l'altro, passava da Maresca (m. 790 slm), Gavinana (m. 820 slm), Lizzano pistoiese (m. 730 slm), Cutugliano (m. 678 slm) e Rivoreta (m. 900 slm). Quindi, riunendo anche quello della "Romea Strata" proveniente dalla Croce Arcana e dal Melo (m. 1.000 ca slm), lambiva il valico a Serra Bassa ( Abetone) e proseguiva per Fiumalbo (m. 953 slm) nel Frignano. Dal passo dell' Oppio fu, così, sviluppato il percorso della Val di Limestre per S. Marcello (m. 623 slm) e La Lima (m. 450 slm), subito dopo Mammiano, dove confluiva il tracciato proveniente da Prunetta, presso il crocevia ancor oggi segnato dalla "palla", la particolare colonna sormontata dalla sfera trafitta da lancia, contrassegno delle grandi vie granducali.
Pietro Leopoldo, inoltre, mirò anche a conseguire un valore strategico aggiuntivo cercando di collegare il porto di Livorno con il vasto retroterra austrofilo e, viceversa, di garantire a questo uno sbocco tirrenico. Fu sviluppato, quindi, dal litorale un percorso che, raggiungendo Pisa tramite gli storici collegamenti, passava per Lucca e risaliva la valle della Lima per Bagni di Lucca (m. 150 slm). Si snodava, quindi, per una gola molto suggestiva che, ancor oggi, nel punto più stretto, in località Tana Termini (m. 400 ca. slm), conserva le vestigia della vecchia dogana. Ovviamente, tale collegamento convenne anche alla Repubblica di Lucca che, a suo modo, vi contribuì per la trratta di competenza.
Sul fronte toscano, dunque, si materializzò un sistema viario per così dire ad "Y" rovesciato che, partendo da Livorno ad ovest e da Firenze ad est, riuniva i due rami a La Lima per inerpicarsi fino all' Abetone da dove la nuova strada, congiungendosi con il tratto modenese, incrociava, prima, la Via Emilia, proseguiva, poi, fino alla zona di Mantova ed, infine, raggiungeva il passo del Brennero. Ancor oggi la S.S. 12 da Pisa al Brennero è detta "Statale dell'Abetone – Brennero", mentre la tratta da Firenze all'Abetone (FI – La Lima/S.S. 66) è chiamata anche "Via Ximenes" e, dall'Abetone a Modena "Via Giardini". Più comunemente, almeno il tratto Pistoia-Modena, è conosciuta come "Strada Regia Modenese".
Nel 1778 la nuova arteria aprì al pubblico. "A ricordo e celebrazione" dell'opera, l'anno precedente, su quello che all'epoca era il confine fra i due Stati, erano state erette due piramidi in bozze di pietra, disegnate e costruite dallo Ximenes con l'apposizione di scudi di marmo bianco rispettivamente orientati verso gli Stati di appartenenza. Su ciascuno di tali versanti, sulla piramide di destra era posto lo stemma dello Stato e su quella di sinistra erano incise in latino le diverse motivazioni della realizzazione. Sul lato toscano, veniva esaltato il Granduca Pietro Leopoldo come promotore di libertà e commercio, mentre su quello modenese si valorizzava il Duca Francesco III e la nuova strada "a vocazione militare che collegava la Toscana ai territori tedeschi di Mantova".
Per l'occasione fu stipulato un trattato internazionale per garantire la corrispondenza postale fra l'Austria ed il Granducato. Ma, poiché gli imprenditori locali si dimostrarono poco collaborativi in tal senso, furono predisposti bandi pubblici per la gestione delle stazioni di posta necessarie.Inoltre, si resero opportuni per le esigenze dei viaggiatori altri servizi quali: locande, stalle, botteghe, piccole officine, piazzali, chiese ed "ospitali", nonchè fontane pubbliche. Fu così che un primo nucleo abitativo si sviluppò vicino alla dogana ed alla chiesa - che in epoca successiva fu dedicata a S. Leopoldo - nella zona di Boscolungo (m. 1375 slm) i cui abitanti erano impegnati per lunghi periodi nella spalatura della neve per garantire il transito anche nella stagione invernale che, durante la "piccola era glaciale" ( metà XIV – metà XIX sec.), era assai più lunga e rigida di oggi.
La zona appenninica, interessata da abbondanti precipitazioni, era ricca di acqua, foreste, prati-pascoli e minerali. Pertanto, la nuova arteria intercettò, sfruttò ed, in parte, favorì la costruzione di gore, mulini, segherie, filande, cave, miniere, fonderie, burraie e ghiacciaie ( Alta valle del Reno). Dobbiamo supporre che, ancorché in territorio impervio, un tale sistema stradale consentisse lo scambio di carriaggi e carrozze ed il fondo, ordinariamente in terra battuta, venisse lastricato nei tratti più problematici, dotato di fossette di drenaggio e di muraglioni a retta per sostenere i numerosi tornanti.
Dobbiamo anche ricordare come, nei limiti demografici dell'epoca ( gli abitanti della Toscana, all'epoca erano meno di 1/3 degli attuali) , in territori marginali come quelli montani, la popolazione fosse ancor più rarefatta. Ciò nonostante, oltre ad una quantità contenuta di viaggiatori ad ampia percorrenza per ragioni diplomatiche, amministrative, militari e commerciali che si doveva muovere celermente, in carrozza o a cavallo, la Strada Regia era percorsa per tratti più brevi, ma in quantità più consistenti da varie altre tipologie di viandanti: pellegrini, artigiani, contadini, boscaioli, carbonai con animali da soma, nonché pastori con greggi ed armenti, che si procedevano ben più lentamente.
Fra tutti i servizi necessari ai viaggiatori, forse, quello più topico e che si è mantenuto, pressochè in versione originale, fino ai nostri giorni è quello costituito dal sistema di fontane sulla pubblica via. Ovviamente, in epoca premotorizzazione, su molte strade e centri abitati si trovavano fontane, pozzi ed abbeveratoi, a seconda delle necessità e disponibilità. L'Alta valle della Lima sembra essere un'area particolarmente privilegiata da questo punto di vista in quanto la frequenza di fonti risulta direttamente proporzionale al dislivello da superare. Lo stesso bastione di Cutigliano, crocevia fra la "Romea Strata" ed il Cammino di S. Bartolomeo, nonché presidio a ridosso della Strada Regia, è un borgo particolarmente ricco di fontane, sia nel centro abitato, con il Palazzo dei Capitani di Montagna che ne annovera una di lato ed una con pozzo sul retro, sia sul panoramico Viale di S. Vito. Così, sul tratto più ripido, che da La Lima (m. 450 slm) sale con svariati tornanti all' Abetone (m. 1388 slm) superando quasi 1.000 m di dislivello in meno di 20 km, vennero realizzate almeno nove fontane, in media una ogni 2 km, delle quali sette sono attive tutt'oggi.
Le caratteristiche peculiari di tali manufatti sono la solidità, l'utilità e la versatilità. Evidentemente le fonti furono realizzate intercettando sorgenti o faglie acquifere superficiali, in parte già individuate in modesti nuclei abitati esistenti. I materiali utilizzati erano la pietra serena disponibile e lavorabile nel territorio ed, in misura minore, ferro e marmo. La tipologia ricorrente, costituita da strutture più o meno importanti a seconda della collocazione e funzione, ingloba tubazioni che fuoriescono frontalmente con una o più bocche metalliche ricurve che riversano senza interruzione l'acqua cristallina di montagna in una vasca scavata in un unico blocco di pietra. Talvolta un ricciolo sulla bocca o un paio di barre di ferro poste di traverso ai bordi della vasca consentono l'appoggio di recipienti di raccolta. La bocca è adatta in genere all'approvvigionamento umano o al prelievo, mentre la vasca ad abbeveratoio per gli animali.
In alcuni casi, quelli riguardanti località minori, dove la fontana è dotata di una sola bocca, la vasca è collegata ad un viàio affiancato o posto sul retro. Tali tipologie, oltre ai fini prioritari, risultano utili anche come lavatoi, messa a mollo di vegetali o per tenere in fresco derrate nei momenti di sosta. Solitamente in prossimità di tali fonti erano ricavati ampi spiazzi o aie per soata di mandrie, armenti e carriaggi, nonché stoccaggio e movimentazione di legnami e merci varie. Alcune fontane furono ornate con motti scolpiti su pietra in italiano. Mentre iscrizioni più solenni che richiamavano la committenza, gli scopi e l'epoca della costruzione della strada vennero scolpite in latino su lapidi di marmo di Carrara.
La tratta dell'Alta valle della Lima, in ascesa, era contrassegnato dall'abbinamento fra due ponti, particolarmente importanti sotto il profilo tecnico e stilistico, e relative fontane. Con il ponte sulla Lima, appunto a La Lima (m. 450 slm) lo Ximenes realizzò un capolavoro assoluto, solido ed ornato di marmi. In mezzo, in corrispondenza del colmo dell'arcata, vi costruì due eleganti fontane interfacciate, dotate di slanciati frontoni impreziositi da stemmi e lapidi, affiancate, sulle spallette, ciascuna da quattro steli piramidali sormontate da sfere. Un tale ponte, all'epoca, poteva adempiere sia alla funzione naturale dell'attraversamento che a quella di spzio pubblico di incontro e ristoro.
Salendo di 5 km poco a monte della confluenza nella Lima e del bivio inferiore pe la valle del Sestaione fu costruito un viadotto ancora più ardito a due ampie arcate ellittiche di 24 m, con un grosso pilone centrale alto 30 m e largo 5, per superare la gola del torrente stesso, appunto a Ponte Sestaione (m. 650 slm). Tale località, fino all'avvento dei veicoli a motore, costituiva una sosta fondamentale per il "trapelo", il cavallo che, aggiunto a quelli già al tiro, aiutava a superare la tratta più ripida del percorso fino all'Abetone. Immediatamente prima del ponte fu costruita un'importante fontana con due bocche elaborate alla base, un imponente frontone, un'iscrizione in italiano su pietra ed una lapide marmorea scolpita in latino. Le fontane abbinate a questi due ponti erano adeguate all'importanza degli stessi che, distrutti nel 1944 dalle truppe germaniche in ritirata verso la vicina linea Gotica, furono ricostruite nel dopoguerra in modo semplificato ed adeguato alla nuova viabilità, ma sostanzialmente rispettosa dei progetti originali.
La successiva fontana di Pian dei Sisi (m. 770 slm), probabilmente ristrutturata, corrispondente alla tipologia più semplice, si trova oggi collocata in un giardino privato sul margine esterno di un tornante. Alcuni chilometri più in alto, nella frazione di Piano Sinatico (m. 948 slm) si trova una fontana della tipologia, per così dire, "intermedia" rispetto a quelle descritte. Superando un ulteriore dislivello, in un tratto di falso piano fra i 1.100 ed i 1.300 m ca. slm, si trovano in successione, a pochi chilometri l'una dall'altra, tre fontane del tipo semplice e versatile, con frontone modesto, una bocca ed uno o due viài collegati alla vasca centrale. Tipica in tal senso è quella situata presso il grappolo di case che ne prende il nome (m. 1253 slm), Fontana Vaccaia (Nomina sunt consequentia rerum), alla ricongiunzione con la strada dell'Alto Sestaione. Infine, a Boscolungo (m. 1375 slm), nei pressi della chiesa parrocchiale di S. Leopoldo all'Abetone, si trova un'ultima fontana, molto elegante, ma ristrutturata nel 1905, addirittura con tre bocche ed altrettante vasche, una principale e due laterali più piccole a conchiglia rovesciata.
In definitiva, possiamo ritenere che le fontane dell' Alta valle della Lima pistoiese rappresentino la testimonianza ancor oggi evidente e fruibile di un'impresa geopolitica in uno scenario europeo tormentato ed in sempre più rapida evoluzione. La Strada Regia Modenese, realizzata in poco più di un decennio, svolse, in qualche modo, la sua funzione militare, economica e culturale per quasi un secolo. Appena otto anni dopo l' apertura ufficiale dell'arteria, le grandi riforme leopoldine nel Granducato, primo Stato al mondo, culminarono con l'abolizione della tortura e della pena di morte. Dopo altri quattro anni, nel 1790, alla morte del fratello Giuseppe, privo di eredi, Pietro Leopoldo ricevette la corona asburgica e fu richiamato a Vienna per divenire, come Leopoldo II, Imperatore del Sacro Romano Impero, Re d' Ungheria e di Boemia fino alla morte che sopraggiunse dopo soli due anni. Al vertice del Granducato, in una situazione già alquanto insatabile, gli era succeduto il figlio Ferdinando III.
A onor del vero, dal 1796 le complesse dinamiche connesse alle Campagne napoleoniche, alla costituzione delle Repubbliche Cispadana e Cisalpina, alla Restaurazione ed alle guerre d'Indipendenza stemperarono, a fasi alterne, parte delle funzioni originarie della Strada Regia. Con l'Unità d' Italia (1861) l'arteria internazionale subì un naturale "declassamento" all'ambito della rete nazionale. Ad ogni buon conto, l'opera lasciò al nuovo Stato unitario un patrimonio infrastrutturale di grande rilievo per l'integrazione territoriale lungo l'asse centro-settentrionale e fondamentale per i i collegamenti con il Centro Europa. Con la costruzione della rete autostradale, nel secondo dopoguerra, la Strada dell' Abetone-Brennero, ormai ristrutturata ed asfaltata, subì un ulteriore inevitabile ridimensionamento. In ogni caso ha continuato a svolgere un più che dignitoso ruolo di collegamento interregionale mantenendo una parte delle funzioni storiche ed, a riprova del suo valore intrinseco, sviluppando quelle turistiche più attuali. Comunque sia, ci sono rimaste le sue fontane, costruite a regola d'arte, belle da vedere e buone da utilizzare come ristoro del corpo e dello spirito.
Gli zampilli di tali nobili fontane ancor oggi ci sussurrano di sovrani, cavalieri, artisti, pellegrini e generazioni di "poveri cristi" che, con i loro animali, faticarono e viaggiarono in ambedue le direzioni in un ambiente aspro e ricco di fascino rendendo sempre attuale l'esortazione scolpita sulla pietra della fontana di Ponte Sestaione: " O PELLEGRIN SE DEL SENTIER SEI LASSO FERMATI BEVI E POI RADDOPPIA IL PASSO".
15 Novembre 2021