…. mi trovavo in cammino mi imbattei una volta in un enorme carro di fieno che si era ribaltato e bloccava la strada in tutta la sua larghezza. Il contadino, a cui apparteneva questo carro, mi chiamò e mi chiese di dargli una mano per rimetterlo in piedi. Considerai la cosa: è vero che ho delle braccia robuste e anche il contadino non sembrava essere da meno, ma come avremmo potuto in due sollevare quel peso? “Non sono capace”, dissi io. E il contadino, sbuffando: “Certo che sei capace”, esclamò, “ma non vuoi!” Fui ferito nel mio orgoglio. C’erano delle assi a portata di mano, le puntammo sotto il carro, mettemmo in opera tutte le nostre forze, il veicolo oscillò, si sollevò e si drizzò, ricaricammo il fieno. Il contadino accarezzo sui fianchi il bue tremante dal respiro ancora affannato. Poi si rimisero in cammino. “Lascia che ti accompagni per un tratto”, dissi. “Vieni pure fratello”, rispose lui. Camminammo insieme. “Ti vorrei chiedere una cosa”, dissi. “Chiedi pure fratello”, rispose lui. “Come ti venne in mente di dirmi che non volevo?” chiesi. “Mi venne in mente”, rispose lui, “perché avevi detto che non eri capace. Nessuno sa se è capace o meno di fare una cosa prima di averci provato”. “Ma come ti è venuto in mente che fossi capace?” continuai a chiedere. “Questo mi venne in mente cosi”, rispose lui. “Che cosa significa cosi?” chiesi io. “Fratello”, disse lui, “quanto vuoi sapere! Ebbene, mi è venuto in mente perché tu eri stato mandato sul mio cammino”. “Intendi forse dire”, chiesi, “che il tuo carro si sia rovesciato perché io ti potessi aiutare?” “Perché no, fratello?” disse il contadino.