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La Via Romea e l'Alpe di Serra

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Sono originaria del Casentino. Dai miei genitori e dagli anziani del luogo ho ascoltato molti racconti sulle famiglie della Valle Santa e sugli spostamenti, a piedi o a cavallo, tra i vari paesi o casolari della Valle del Corsalone e della Romagna. Questi nomi: Rimbocchi, Biforco, Corezzo, Serra, Siregiolo, Pezza, Maiolica, Corsalone, Savio, Rotta dei Cavalli e decine di altri, sentiti fin da piccola, sono sempre rimasti impressi nella mia mente.
Molti anni più tardi ho visitato quei paesi, ora per la maggior parte completamente disabitati e, purtroppo, in gran parte in rovina. Ho anche avuto modo di percorrere molti dei sentieri tra La verna, la Valle Santa e la Romagna.
E' stato importante per me ripercorrere le strade che furono dei miei genitori e che io avevo sempre creduto esserestate utilizzate soltanto dagli stanziali casentinesi e romagnoli. Finché, qualche tempo fa, con Carlo ed alcuni amici, lungo il sentiero C.A.I. n. 59 con partenza da Corezzo verso l'Alpe di Serra, al confine con la Romagna abbiamo trovato un cippo con la scritta che da lì passava la Via Romea.
Ho cercato di saperne di più e le scoperte fatte, per me, sono state sorprendenti: quel semplice sentiero in realtà è un tratto della celebre Via Romea che nel medioevo era uno fra i più importanti itinerari che collegavano l'Europa del Nord con Roma e la Terra Santa.
In Germania, ad Hannover, è conservato un testo dal titolo "Annalee Stadenses" autore il monaco Alberto di Stade, compilato il 1230 che descrive il percorso verso Roma. A Londra, nella British Library esiste un altro documento duecentesco, anch'esso una guida alle strade per Roma e Gerusalemme.
Secondo gli Annales Stadenses, chi proveniva dalla Germania percorreva quella via che viene chiamata la "via romea peregrinorum": la nostra Via Romea. La Via Romea di Stade, come ogni strada del suo tipo, aveva varianti, deviazioni, ramificazioni, ed era quindi una rete di strade, ognuna delle quali con una propria ragion d'essere. Il percorso, come direttrice principale, prevedeva quella che dal Brennero, attraverso il Veneto e la Romagna raggiungeva Forlì. A Bagno di Romagna i pellegrini attraversavano l'Appennino in corrispondenza del passo di Serra. Da lì il per orso scendeva nel Casentino dirigendosi verso Arezzo e si innestava nelle Via Francigena ad Acquapendente.
Questa strada che merita l'appellativo di Via dei Crociati o degli Svevi, poiché vide il passaggio di re, papi, crociati, pellegrini ed eserciti, è descritta come la "Via Major" in antichi documenti notarili riguardanti la valle del torrente Corsalone (Giovanni Caselli - Sentieri storici in Italia - 2004).
I luoghi di tappa e le distanze fra questi, espressi in leghe, sono meticolosamente documentati.
Sulla base di documenti storici il Prof: Alberto Fatucchi ha individuato il tratto aretino e l'esatto tracciato.
Limitatamente al tratto Arezzo-Bagno di Romagna, un documento del 1262 attinente al Monastero di San Giovanni Evangelista di Pratovecchio, menziona nel piano di Arezzo presso l'abitato di Puglia "la strada pubblica per la quale si va da Arezzo a sabbiano e Bagno.
Gli Annali di Stade compilati nel medesimo periodo, ne indicano le tappe principali e le distanze il leghe, che hanno permesso di individuare con precisione: Arezzo, a 6 leghe da Subiano, a 8 leghe da Campi Bibbiena, a 15 leghe, dopo il valico dell'Appennino, a Bagno di Romagna (15 leghe sono circa 30 km) .
Sul percorso esistevano vari ospitali: a Ponte di Aiole, ( Ponte di Rimbocchi) Ospedale di san Leonardo, ricordato già il !5 agosto 1185; ospedale di Santa Maria Maddalena del Buterone, era una chiesa ospedaliera poco distante; altro ospedale era a Campi, ricordato nel 1349, come esistente da tempo.
Questo ospedali non sono che alcuni che una serie che la carità cristiana fece nascere lungo il percorso; testimonianza anche di una notevole frequentazione delle strada. Un dato numerico relativo al transito dei passeggeri si riferisce al giubileo del 1450: ad Arezzo giunsero "cinque o sei mila pellegrini romei", per ricevere degnamente i quali si mobilitò la città con tutte le sue istituzioni (Antonio Bacci - " La Melior Via per Roma - Centro Studi Romei 2002)
Leggere questi documenti è un piacere per le notizie che contengono, ovviamente! Ma per mec'è anche un motivo in più: ritrovare citati i tanti nomi più volte sentiti, e mai dimenticati , è un po' come rivivere la mia infanzia. Nello stesso tempo mi chiedo con stupore e con dispiacere, come mai alle popolazioni del Casentino non fossero state tramandate notizie sull'importanza storica di questa strada. E mi dispiaccio altresì perché anch'io solo da poco sono venuta a conoscenza dell'importante ruolo che per secoli ha avuto la Via Romea dell'Alpe di Serra. Mi consolerò con il vecchio detto "meglio tardi che mai".
Cercherò di documentarmi ancora, questo è certo, sia sui libri che sul territorio. Intanto,insieme a Carlo abbiamo fatto a piedi due tratti di questa strada, uno in territorio toscano e l'altro in Romagna: da Corezzo siamo saliti al Passo Serra e poi scesi a Bagno di Romagna . Questa volta però non come escursionisti C.A.I., ma con lo spirito da pellegrini, e con la consapevolezza che si stava percorrendo una strada ricca di storia dove per secoli sono transitati migliaia di pellegrini nostri predecessori.
Speriamo di poter proseguire per la via Romea di Stade questo nostro cammino appena iniziato.
Vera Biagioni

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Una Tappa sulla Via Romea di Stade

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Il monaco Alberto di Stade ci ha lasciato importanti indicazioni sull’itinerario di un suo viaggio a Roma effettuato verso l’anno 1230. La “Guida-diario”, intitolata Annales Stadenses, conservata nella città di Hannover, descrive il percorso che dal Nord d’Europa proseguiva fino a Roma.
Noi ci occuperemo della tappa che da Bagno di Romagna, attraverso il Passo di Serra, scende fino a Campi.
Provenendo da Bagno di Romagna la via supera l’Appennino al Passo di Serra (mt.1148).
Esiste inoltre il valico del Montecoronaro (mt. 850), di 300 m. più basso di quello di Serra, quasi tutto l’anno sgombro da neve, e quindi percorribile.
Il percorso dal Montecoronaro scende nella valle del Tevere e giunge a Roma passando per Pieve Santo Stefano e Sansepolcro: nome unico in Italia che si riferisce alla meta dei pellegrini, il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Ma diquesto itinerario, che pure doveva essere utilizzato, non ci è giunta documentazione scritta. “Un aspetto metodologico fondamentale è la necessità di tener presente sia che non tutti i percorsi sono attestati da fonti scritte, sia che probabilmente non tutte le fonti scritte odeporiche ci sono pervenute.”(Alberto Fatucchi, La Melior via per Roma).
Gli studiosi che da alcuni anni si occupano di questa via, si sono posti l’interrogativo se la preferenza del monaco tedesco Alberto per il percorso Alpe di Serra-Casentino-  Arezzo, sia dovuta al fatto che i vescovi di Arezzo avevano forti legami con gli imperatori germanici, e ciò già dal tempo di Federico Barbarossa (1122-1190) e, inoltre, proprio il Casentino era feudo del Vescovo. Va infine tenuto presente che questo percorso offriva buone possibilità di accoglienza per i pellegrini. La riprova che la Via dell’Alpe di Serra era considerata la strada principale per Roma è la dicitura giunta fino a noi di “Via Maior”.
Nelle valli e pianure, oggi è molto difficile individuare i tracciati di antiche vie perché ormai  inglobati da una fitta rete viaria e da paesi e città che sono stati edificati.
Invece, nella zona montuosa dell’alto Casentino e del versante romagnolo, il paesaggio, i sentieri e le strade, nel corso dei secoli sono rimasti quasi intatti. Le popolazioni che vivevano nei piccoli paesini e nei casolari isolati, hanno sempre tenuto efficienti sentieri e strade sassose che servivano per gli spostamenti di persone, bestiame e per il trasporto dei prodotti della terra,quali grano, fieno per vacche e pecore, letame per concimare i pochi campi, legna per cucinare, per riscaldarsi e per scaldare i forni nei quali si cuoceva il pane. Il trasporto avveniva con asini o con buoi che trainavano tregge, civee o carri. Paradossalmente,
sostanziali mutamenti in quelle zone si sono verificati proprio nell’ultimo mezzo secolo a seguito delle migrazioni verso le città. Le case nei paesi abbandonati sono andate in gran parte in rovina e molti sentieri e strade sono stati ostruiti da frane o invasi dalla vegetazione. Lungo la tappa descritta dal monaco di Stade, da Campi a Bagno di Romagna, di 15 leghe (circa 30 Km.), vi è infatti una interruzione: in un sopralluogo da noi effettuato abbiamo
verificato che nel tratto Corezzo- Frassineta una frana e la folta vegetazione cresciuta rigogliosa, impediscono il passaggio.
Alla competente Amministrazione comunale di Chiusi della Verna abbiamo chiesto se era possibile il ripristino di detto percorso, ma ci è stato risposto che il collegamento tra Corezzo e Frassineta è quello per la via asfaltata (Km. 6) e che “Le altre viabilità alternative non sono nel patrimonio comunale e
quindi non sicure al transito”. La stessa nostra richiesta fatta al CAI di Arezzo ha avuto la risposta che “il sentiero fra Corezzo e Frassineta non è segnalato nella nuova cartografia tra l’Arno e il Tevere”.
Considerato quanto sopra, abbiamo valutato che con partenza da Campi la tappa sarebbe risultata troppo lunga. Il percorso che abbiamo scelto di fare è stato pertanto il seguente:Corezzo (Alto Casentino) - Passo di Serra - Bagno di Romagna.
Tempo di percorrenza 5 ore circa. Dislivello in salita m.450, in discesa m.700.
Si lascia il paese di Corezzo (alt. m.760). Percorrendo il sentiero CAI n.59, in parte invaso erbe e spini, dopo aver incontrato un piccolo tabernacolo, si scende al fosso Serra e lo si attraversa su un ponticino di legno ( quello in muratura è crollato alcuni anni fa). Si risale a Serra di Sotto e poi a Serra di Sopra, piccolo paesino in pietra ben ristrutturato usato quasi esclusivamente come residenza estiva. La chiesa di Serra, ricordata nelle decime del 1302, era dedicata a San Cristoforo. Alla fine del paese si prende una ripida piaggia.Ora la strada è larga circa m. 2-2,5. Si attraversano boschi di querce e faggi. Su uno sperone roccioso detto “La Maestà” si trova un rudimentale tabernacolo con una Madonna e in un masso accanto, in occasione del Giubileo 2000, e stata posta una targa in alluminio con incisa una poesia dedicata ai pellegrini. A tratti la strada conserva ancora il vecchio lastricato di pietre disposte a coltello e tenute da cordonati laterali di pietre messi in parte piatte e in parte verticalmente. A mano a mano che si sale si godono dei panorami bellissimi: Corezzo, con i suoi tetti rossi, tutto circondato da colline boscose e dall’altra parte ancora boschi con il monte della Verna sullo sfondo. La strada in mezzo ai boschi si percorre agevolmente. Ai lati
in molti punti ci sono distese di piante di lamponi che in stagione sono cariche di frutti maturi. E’il segno che da lì non ci passa nessuno, o quasi nessuno.
A circa 900 m. di altitudine si guada il Fosso di Serra. Si trovano poi dei prati dove erba alta e felci invadono la strada, e tuttavia non c’è rischio di perdere il percorso. Si ritrova un bel bosco di faggi e in molti tratti riaffiora la vecchia massicciata. Una ripida salita e si arriva all’incrocio con il sentiero GEA che va dai Mandrioli alla Verna (m.1090). Lo si attraversa e si prosegue per il sentiero 59 che in cinque minuti porta al Passo di Serra (m. 1148) dove il comune di
Bagno di Romagna ha posto un cippo a ricordo della Via Romea. Dal Passo inizia la ripida discesa a zig-zag per il sentiero, in parte lastricato, segnato CAI con il n.177. Dopo circa 1 Km. un breve piano e poi si trovano i primi calanchi, argille in disgregamento che rendono il cammino alquanto difficoltoso. Lo spettacolo intorno è incantevole. Continuando a scendere la vegetazione si fa più rada. Si trovano dei bonsai spontanei di querce, faggi e frassini. Si arriva
al bivio con il sentiero 181 che porta a Castel dell’Alpe. Proseguendo il nostro cammino si trova una specie di viale alberato: ai lati della strada vi sono dei vecchissimi aceri campestri con enormi radici contorte da entrambi i lati. A 900 m. di altitudine si trova Nasseto, un insediamento ora abbandonato e in rovina, che un tempo era luogo di sosta per i viandanti. E’ stato attivo fino al 1967. E ciò è una riprova della frequentazione della via. Da Nasseto ancora
una lunga, ripida discesa per la strada che ora è contrassegnata con il n. 181. Si raggiunge la confluenza dei fossi di Faeta e delle Gualchiere. Si trova una cappella, tre muri con copertura a lastre, risalente alla fine del 1600, detta Cappella di Lorenzo Birbone, che serviva anche come rifugio per i viandanti. Dopo circa un’ora di cammino si arriva alle Gualchiere, opificio di origini medievali tutto restaurato e abitato. Subito dopo si trova la strada per Bagno di Romagna.
Di fronte ci troviamo i piloni della Superstrada E 45. Si supera la confluenza del Fosso di Becca e il Fiume Savio e si trova l’incrocio con la Via del Passo dei Mandrioli. Dopo 1 Km. siamo a Bagno Romagna (m.490), cittadina termale di 6.200 abitanti, ricca di testimonianze storiche, artistiche e religiose, con una efficiente rete di servizi. Il centro storico è perfettamente tenuto. Vale una visita il Palazzo del Capitano, sede del potere fin dal Medioevo, la Basilica di Santa Maria Assunta, documentata già dall’871 d.C. e altre chiese della città ricche di opere d’arte.
E’ stato emozionante verificare di persona che quanto ci ha lasciato scritto il monaco Alberto di Stade oltre 700 fa, è esatto.
Vera Biagioni

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