Ignazio di Loyola
IGNAZIO DI LOYOLA
Ignazio nasce a Loyola nel 1491 in una casa torre nella provincia basca di Guipùzcoa.
E’ l’ultimo di tredici figli e alla morte dei genitori intraprende una vita di impegni nelle corti di Castiglia e successivamente nella Navarra.
Ma aveva già trenta anni quando in una situazione di convalescenza , nel cercare dei libri sulla cavalleria incontra un volume scritto da Ludolfo di Sassonia Vita Jesu Christi ex quatuor Evangeliis con la Vita di Cristo di Ludolfo il Certosino e la Leggenda Aurea di Giacomo da Varazze. Le gravi ferite che aveva riportato partecipando alla difesa di Pamplona assediata dai francesi, gli consentono tutto il tempo perché queste letture operino in lui la profonda trasformazione per lo porteranno ad una lunga testimonianza da pellegrino, ad una formazione religiosa e culturale e da formarlo infine come l’ideatore e il fondatore della Compagnia di Gesù : i Gesuiti.
Nonostante Loyola si trovi sulla grande via di pellegrinaggio verso Santiago di Compostela non si trova mai citato nelle sue opere che sono molte, questo santuario. Invece forte fu il richiamo che sentì verso Gerusalemme.
Nell’anno 1522 si trova a Manresa , conducendo una vita di castità e di preghiera, di intensa ricerca , che già, a solo un anno della sua conversione, pensa e trova gli elementi essenziali dei suoi ‘ Esercizi spirituali’.
26 autobiografia
Al di fuori delle sette ore di preghiera impiegava il suo tempo ad aiutare nella vita spirituale alcune persone che si rivolgevano a lui. Tutto il resto della giornata lo occupava in cose di Dio e a riflettere su ciò che aveva meditato o letto quel giorno
Da Barcellona s’imbarca per Gaeta
38 autobiografia
Navigarono con vento in poppa così impetuoso che da Barcellona giunsero a Gaeta in cinque giorni e cinque notti; tutti però erano pieni di spavento per quella violenta burrasca. In tutta la regione c’era l’incubo della peste, ma egli , appena sbarcato si mise in viaggio per Roma. Dei compagni di navigazione si unirono a lui in comitiva una madre che portava con sé una figlia vestita da ragazzo, e un altro giovane. Lo seguirono perché anch’essi chiedevano l’elemosina. Raggiunsero una cascina dove, attorno ad un fuoco, c’erano molti soldati che offrirono loro da mangiare e vino in abbondanza, con tanta insistenza che si sarebbe detto volessero ubriacarli. Poi li separarono: alloggiarono madre e figlia al di sopra in una camera, il pellegrino e il giovane in una stalla. A notte fonda sentì levarsi alte grida dal piano di sopra. Si alzò per vedere cosa succedeva e trovò madre e figlia in cortile tutte in lacrime: si lamentavano dicendo che avevano tentato di violentarle. Né provò uno sdegno così grande che cominciò a gridare dicendo . – Questo è intollerabile !. –e altre simili proteste. E si espresse con tanta energia che tutti quelli della casa ne rimasero spaventati; nessuno osò fargli alcun male . Il giovane era fuggito e loro tre ripresero il cammino che era ancora notte
Arrivato a Roma, aspetta di ricevere la benedizione del papa Adriano VI, poi parte per Venezia da dove cerca l’imbarco per Gerusalemme
45 autobiografia
Il pellegrino alla vista della città provò grande consolazione. Anche tutti gli altri, stando alle loro parole, erano molto confortati e provavano una gioia che pareva soprannaturale. Questa stessa devozione il pellegrino la provò poi sempre nel visitare i luoghi santi. Era suo ferma proposito stabilirsi a Gerusalemme per ritornare spesso si quei luoghi santi. Oltre a questo scopo di devozione ne aveva un altro: aiutare le anime. Per poter fare questo aveva portato con sé lettere di presentazione per il padre Guardiano… Il Guardiano gli rispose che non riteneva possibile la sua permanenza: la casa si trovava in tali ristrettezze che non poteva nemmeno mantenere i frati, tanto che aveva già deciso di rinviare alcuni in occidente insieme con i pellegrini.
Il viaggio di ritorno passando per Venezia, Ferrara e Genova lo riporta a Barcellona dove nasce chiaramente il desiderio di dedicarsi agli studi. Si impegna per due anni seguito da il maestro Ardèvol che lo prepara alla basi fondamentali per le quali poi lo indirizza al corso di filosofia ad Alcalà. L’università di Alcalà era stata fondata nel 1508 dall’arcivescovo di Toledo Francesco Jiménez de Cisneros, e Ignazio vi rimane per un anno e mezzo dedicandosi allo studio di Domenico scoto , la cui opera fu stampata per la prima volta nel 1529 a Burgos, e il testo di San alberto Magno Physicorum libri VIII.Sempre ad Alcalà si dedica va anche ad opere di assistenza e ricerca di elemosine per i poveri. La sua attività di carità finisce per interessare l’Inquisizione prima e in seguito anche l’ufficiale giudiziario che lo fa imprigionare. Viene quindi liberato ma invitato ad avere un contegno simile agli altri studenti senza parlare di religione perché privo ancora di tutti gli studi necessari.
Chiede aiuto all’ arcivescovo di Toledo che lo indirizza all’ università di Salamanca ma anche in quella nuova città, dopo poco la sua attività di predicatore richiama l’attenzione e finisce nuovamente in carcere insieme a Callisto. La notizia dell’arresto si sparge per la città e molte persone li vanno a visitare.
70 Erano in carcere da ventidue giorni quando li convocarono per udire la sentenza. Essa stabiliva: non era stato trovato alcun errore nel loro comportamento e nelle loro idee; potevano dunque svolgere le attività di prima, cioè insegnare la dottrina cristana e parlare delle cose di Dio purchè non definissero mai che una cosa è peccato mortale, un’altra è veniale, prima di avere studiato per altri quattro anni. Letta la sentenza i giudici, come se volessero farla accettare, si mostrarono molto affabili. Il pellegrino dichiarò che avrebbe fatto tutto quello che la sentenza prescriveva, ma non la accettava perché, senza condannarlo in alcuna cosa, di fatto gli chiudeva la bocca impedendogli di fare del bene al prossimo in quello che poteva. E per quanto il baccelliere Frias , che adesso gli si dimostrava molto amico, insistesse, il pellegrino ripeté solamente che avrebbe obbedito a quelle disposizioni finchè si fosse trovato nella giurisdizione di Salamanca. Furono subito scarcerati ed egli cominciò a raccomandare a Dio e a considerare quello che doveva fare. Ormai gli ripugnava molto restare a Salamanca perché , con quella proibizione di definire ciò che è peccato mortale e veniale, gli era preclusa la possibilità di fare del bene alle anime.
Parte per Parigi e in un primo momento si sostiene con del danaro che aveva raccolto a Barcellona , ma quando finisce si trova di nuovo a mendicare.
74 Fu accolto nell’ospedale di San Giacomo he stava oltre la chiesa degli Innocenti. Era molto scomodo per andare a scuola perché l’ospedale distava dal collegio di Montaigu un bel pezzo di strada. Inoltre per trovare la porta dell’ospedale aperta bisognava entrare al suono dell’Ave Maria e uscire a giorno fatto e così non poteva frequentare tutte le lezioni. Anche il dover mendicare per mantenersi costituiva un impedimento allo studio. Perciò decise di cercarsi un padrone.
Riesce a continuare gli studi andando in Fiandra dove in due mesi ricavava l’occorrente per studiare per il resto dell’anno. Dopo un viaggio a piedi fino a Rouen per andare a trovare un amico malato, si presenta all’Inquisizione spontaneamente avendo saputo che era stato cercato. Gli viene concesso di continuare gli studi che segue con fatica a causa delle privazioni che lo fanno stare spesso male per i dolori allo stomaco.
E parlando insieme tutti doi, venne un prete a pregare al dottor Frafo , che gli volesse trovare una casa, perché in quella dove lui haveva la stanza erano morti molti, quali pensava che di peste, perché all’ora cominciava la peste in Parigi. Il dottor Frago col pellegrino volseo andare a vedere la casa, et menormo una donna, che se n’intendeva molto, la quale, entrata dentro, affermò esser peste. Il Pellegrino volse anche entrare; et trovando un ammalato lo consolò, toccandogli con la mano la piaga;et poi che l’ebbe consolato et animato un poco, se n’andò solo; et la mano gli cominciò a dolere, che gli pareva aver la peste;et questa immaginazione era tanto vehemente, che non la poteva vincere, finchè con gran impeto si pose la mano in bocca, rivoltandovela molto dentro, et dicendo:Se tu hai la peste alla mano, l’havrai anche alla bocca. Et quando ebbe fatto questo, se gli levò la imaginatione, et la doglia della mano.
Ma quando tornò al collegio di Santa Barbara, dove all’ora aveva la stanza e sentiva il corso, quelli del collegio che sapevano che egli era entrato nella casa della peste, fugivano dalui, et non volsero lasciarlo entrare; et così fu costretto star alcuni giorni fuori.
Il corso delle arti e quello di teologia e il consolidarsi i rapporti con i compagni sono tappe raggiunte ma sempre nelle condizioni di salute difficile. Alla fine il Pellegrino si lascia convincere di andare a Venezia con il progetto di ritornare a Gerusalemme , nella speranza di poter essere accolto e in alternativa pensa a Roma.
Questo era l’anno del 35, et li compagni erano per partirsi, secondo il patto, l’Anno del 37, il giorno della conversione di San Paolo benché poi si partirono, per le guerre che vennero, l’anno del 36, il novembre. Et stando il Pellegrino per partirse, intese che lo havevano accusato allo inquisitore, et fatto processo contro di lui. Intendendo qusto et vedendo che non lo chiamavano, se n’andò all’’inquisitore et gli disse quello che haveva inteso, et che lui era per partirsi in Spagna, et che aveva compagni; che lo pregava volesse dare la sentenza. L’inquisitore disse che era vero in quanto all’accusazione; ma che non vedeva esservi cosa d’importanza. Solamente voleva veder li suoi scritti degli Esercitii; et vedendogli, gli lodò molto, et pregò il Pellegrino gliene lasciasse la copia; et così lo fece.Nientedimeno tornò ad instar volesseandare con processo inanci, sino alla sentenza. Et scusandosi l’inquisitore, lui venne con un notaro publico et con testimoni a casa sua, et pigliò di tutto questo la fede.
Quando torna in Spagna trova il fratello che lo vuole aiutare e convincere ad una vita più dignitosa ; invece Ignazio tiene fede al suo impegno preso con i suoi compagni, ma non potendo raggiungere Gerusalemme a causa della guerra fra Venezia e i Turchi, si dirige verso l’Italia.
..deliberò di partirsi a fal le faccenda che gli erano state imposte dallicompagni, et partirsi senza quattrini;della qual cosa si scorrociò molto il suo fratello vergognandosi che volesse andare a piedi. Et alla sera il Pellegrino ha voluto condiscendere in questo, di andare insino alla fine della provincia a cavallo col suo fratello et con li suoi parenti,ma quando fu uscito dalla Provincia, scese a piedi senza pigliar niente, et se ne andò verso Pamplona …
….Et imbarcato in una nave grande, passò la tempesta della quale si è fatta menzione di sopra, quando si è detto che fu tre volte a punto di morte.
Arrivato a Genova , pigliò la strada verso Bologna, nella quale ha patito molto, maxime una volta che smarrì la via, et cominciò a caminare presso un fiume, il quale era basso et la strada alta, la quale, quanto più camminava per essa, tanto più si faceva stretta; e in tal modo si venne a far stretta, che non poteva più né andare inanzi né tornare indietro. Et così cominciò a caminare carpone; et così camminò un gran pezzo con gran paura; perché ogni volta che si moveva, credeva di cascare in fiume. Et questa fu la più gran fatica che mai havesse, ma alla fine campò. Et volendo entrare in Bologna, havendo a passare un ponticello di legno cade giù del ponte; e così, levandosi carco di fango ei di acqua, febe ridere molti, che si trovorno presenti.
Et entrando in Bologna cominciò a domandar elemosina, et non trovò pure un solo quattrino, quantunque la cercasse tutta. Stette alcun tempo in Bologna ammalato, dipoi se ne andò a Venezia, al medesimo modo sempre.
A Venezia lo raggiungono i nove compagni con i quali aveva stabilito di andare a Gerusalemme. Per due mesi si dedicano a servire nei diversi ospitali, poi sempre a piedi e mendicando andarono a Roma per essere benedetti dal papa. Tornati a Venezia vennero ordinati sacerdoti e fecero voto di castità e di povertà. Ma alla fine, non potendo partire per Gerusalemme, perché a causa della guerra di Venezia contro i Turchi non partivano navi verso levante, decisero che la loro meta diventava Roma.
Al pellegrino toccò andare con Fabro et Laynez a Vicenza. La’ trovarono una certa casa fuori della terra, che non haveva né porte né fenestre, nella quale stavano dormendo sopra un poco di paglia che avevano portata. Dui di loro andavano sempre a cercare elemosina alla terra due volte il dì et portavano tanto poco, che quasi non si potevano sostentare. Ordinariamente mangiavano un poco di pan cotto, quando l’havevano, il quale attendeva a cuocere quello che restava in casa. In questo modo passorno 40 dì , non attendendo ad altro che ad orationi. Passati li 40 d’ venne Mro. Gioanne Coduri, et tutti quatro si deliberorono di incominciare a predicare;et andando tutti 4 in diverse piazze, il medesimo dì e la medesima hora cominciorno la sua predica, gridando prima forte, et chiamando la gente con la berretta.
Alla fine dell’anno sono a Roma, dove si dedicano ad aiutare le anime e a diffondere gli esercizi spirituali
Poi cominciorno a perseguitare Mudarra e Barreda dicendo che il pellegrino e li suoi compagni erano fuggiti di Spagna , di Parigi e di Venezia.
continua
E’ l’ultimo di tredici figli e alla morte dei genitori intraprende una vita di impegni nelle corti di Castiglia e successivamente nella Navarra.
Ma aveva già trenta anni quando in una situazione di convalescenza , nel cercare dei libri sulla cavalleria incontra un volume scritto da Ludolfo di Sassonia Vita Jesu Christi ex quatuor Evangeliis con la Vita di Cristo di Ludolfo il Certosino e la Leggenda Aurea di Giacomo da Varazze. Le gravi ferite che aveva riportato partecipando alla difesa di Pamplona assediata dai francesi, gli consentono tutto il tempo perché queste letture operino in lui la profonda trasformazione per lo porteranno ad una lunga testimonianza da pellegrino, ad una formazione religiosa e culturale e da formarlo infine come l’ideatore e il fondatore della Compagnia di Gesù : i Gesuiti.
Nonostante Loyola si trovi sulla grande via di pellegrinaggio verso Santiago di Compostela non si trova mai citato nelle sue opere che sono molte, questo santuario. Invece forte fu il richiamo che sentì verso Gerusalemme.
Nell’anno 1522 si trova a Manresa , conducendo una vita di castità e di preghiera, di intensa ricerca , che già, a solo un anno della sua conversione, pensa e trova gli elementi essenziali dei suoi ‘ Esercizi spirituali’.
26 autobiografia
Al di fuori delle sette ore di preghiera impiegava il suo tempo ad aiutare nella vita spirituale alcune persone che si rivolgevano a lui. Tutto il resto della giornata lo occupava in cose di Dio e a riflettere su ciò che aveva meditato o letto quel giorno
Da Barcellona s’imbarca per Gaeta
38 autobiografia
Navigarono con vento in poppa così impetuoso che da Barcellona giunsero a Gaeta in cinque giorni e cinque notti; tutti però erano pieni di spavento per quella violenta burrasca. In tutta la regione c’era l’incubo della peste, ma egli , appena sbarcato si mise in viaggio per Roma. Dei compagni di navigazione si unirono a lui in comitiva una madre che portava con sé una figlia vestita da ragazzo, e un altro giovane. Lo seguirono perché anch’essi chiedevano l’elemosina. Raggiunsero una cascina dove, attorno ad un fuoco, c’erano molti soldati che offrirono loro da mangiare e vino in abbondanza, con tanta insistenza che si sarebbe detto volessero ubriacarli. Poi li separarono: alloggiarono madre e figlia al di sopra in una camera, il pellegrino e il giovane in una stalla. A notte fonda sentì levarsi alte grida dal piano di sopra. Si alzò per vedere cosa succedeva e trovò madre e figlia in cortile tutte in lacrime: si lamentavano dicendo che avevano tentato di violentarle. Né provò uno sdegno così grande che cominciò a gridare dicendo . – Questo è intollerabile !. –e altre simili proteste. E si espresse con tanta energia che tutti quelli della casa ne rimasero spaventati; nessuno osò fargli alcun male . Il giovane era fuggito e loro tre ripresero il cammino che era ancora notte
Arrivato a Roma, aspetta di ricevere la benedizione del papa Adriano VI, poi parte per Venezia da dove cerca l’imbarco per Gerusalemme
45 autobiografia
Il pellegrino alla vista della città provò grande consolazione. Anche tutti gli altri, stando alle loro parole, erano molto confortati e provavano una gioia che pareva soprannaturale. Questa stessa devozione il pellegrino la provò poi sempre nel visitare i luoghi santi. Era suo ferma proposito stabilirsi a Gerusalemme per ritornare spesso si quei luoghi santi. Oltre a questo scopo di devozione ne aveva un altro: aiutare le anime. Per poter fare questo aveva portato con sé lettere di presentazione per il padre Guardiano… Il Guardiano gli rispose che non riteneva possibile la sua permanenza: la casa si trovava in tali ristrettezze che non poteva nemmeno mantenere i frati, tanto che aveva già deciso di rinviare alcuni in occidente insieme con i pellegrini.
Il viaggio di ritorno passando per Venezia, Ferrara e Genova lo riporta a Barcellona dove nasce chiaramente il desiderio di dedicarsi agli studi. Si impegna per due anni seguito da il maestro Ardèvol che lo prepara alla basi fondamentali per le quali poi lo indirizza al corso di filosofia ad Alcalà. L’università di Alcalà era stata fondata nel 1508 dall’arcivescovo di Toledo Francesco Jiménez de Cisneros, e Ignazio vi rimane per un anno e mezzo dedicandosi allo studio di Domenico scoto , la cui opera fu stampata per la prima volta nel 1529 a Burgos, e il testo di San alberto Magno Physicorum libri VIII.Sempre ad Alcalà si dedica va anche ad opere di assistenza e ricerca di elemosine per i poveri. La sua attività di carità finisce per interessare l’Inquisizione prima e in seguito anche l’ufficiale giudiziario che lo fa imprigionare. Viene quindi liberato ma invitato ad avere un contegno simile agli altri studenti senza parlare di religione perché privo ancora di tutti gli studi necessari.
Chiede aiuto all’ arcivescovo di Toledo che lo indirizza all’ università di Salamanca ma anche in quella nuova città, dopo poco la sua attività di predicatore richiama l’attenzione e finisce nuovamente in carcere insieme a Callisto. La notizia dell’arresto si sparge per la città e molte persone li vanno a visitare.
70 Erano in carcere da ventidue giorni quando li convocarono per udire la sentenza. Essa stabiliva: non era stato trovato alcun errore nel loro comportamento e nelle loro idee; potevano dunque svolgere le attività di prima, cioè insegnare la dottrina cristana e parlare delle cose di Dio purchè non definissero mai che una cosa è peccato mortale, un’altra è veniale, prima di avere studiato per altri quattro anni. Letta la sentenza i giudici, come se volessero farla accettare, si mostrarono molto affabili. Il pellegrino dichiarò che avrebbe fatto tutto quello che la sentenza prescriveva, ma non la accettava perché, senza condannarlo in alcuna cosa, di fatto gli chiudeva la bocca impedendogli di fare del bene al prossimo in quello che poteva. E per quanto il baccelliere Frias , che adesso gli si dimostrava molto amico, insistesse, il pellegrino ripeté solamente che avrebbe obbedito a quelle disposizioni finchè si fosse trovato nella giurisdizione di Salamanca. Furono subito scarcerati ed egli cominciò a raccomandare a Dio e a considerare quello che doveva fare. Ormai gli ripugnava molto restare a Salamanca perché , con quella proibizione di definire ciò che è peccato mortale e veniale, gli era preclusa la possibilità di fare del bene alle anime.
Parte per Parigi e in un primo momento si sostiene con del danaro che aveva raccolto a Barcellona , ma quando finisce si trova di nuovo a mendicare.
74 Fu accolto nell’ospedale di San Giacomo he stava oltre la chiesa degli Innocenti. Era molto scomodo per andare a scuola perché l’ospedale distava dal collegio di Montaigu un bel pezzo di strada. Inoltre per trovare la porta dell’ospedale aperta bisognava entrare al suono dell’Ave Maria e uscire a giorno fatto e così non poteva frequentare tutte le lezioni. Anche il dover mendicare per mantenersi costituiva un impedimento allo studio. Perciò decise di cercarsi un padrone.
Riesce a continuare gli studi andando in Fiandra dove in due mesi ricavava l’occorrente per studiare per il resto dell’anno. Dopo un viaggio a piedi fino a Rouen per andare a trovare un amico malato, si presenta all’Inquisizione spontaneamente avendo saputo che era stato cercato. Gli viene concesso di continuare gli studi che segue con fatica a causa delle privazioni che lo fanno stare spesso male per i dolori allo stomaco.
E parlando insieme tutti doi, venne un prete a pregare al dottor Frafo , che gli volesse trovare una casa, perché in quella dove lui haveva la stanza erano morti molti, quali pensava che di peste, perché all’ora cominciava la peste in Parigi. Il dottor Frago col pellegrino volseo andare a vedere la casa, et menormo una donna, che se n’intendeva molto, la quale, entrata dentro, affermò esser peste. Il Pellegrino volse anche entrare; et trovando un ammalato lo consolò, toccandogli con la mano la piaga;et poi che l’ebbe consolato et animato un poco, se n’andò solo; et la mano gli cominciò a dolere, che gli pareva aver la peste;et questa immaginazione era tanto vehemente, che non la poteva vincere, finchè con gran impeto si pose la mano in bocca, rivoltandovela molto dentro, et dicendo:Se tu hai la peste alla mano, l’havrai anche alla bocca. Et quando ebbe fatto questo, se gli levò la imaginatione, et la doglia della mano.
Ma quando tornò al collegio di Santa Barbara, dove all’ora aveva la stanza e sentiva il corso, quelli del collegio che sapevano che egli era entrato nella casa della peste, fugivano dalui, et non volsero lasciarlo entrare; et così fu costretto star alcuni giorni fuori.
Il corso delle arti e quello di teologia e il consolidarsi i rapporti con i compagni sono tappe raggiunte ma sempre nelle condizioni di salute difficile. Alla fine il Pellegrino si lascia convincere di andare a Venezia con il progetto di ritornare a Gerusalemme , nella speranza di poter essere accolto e in alternativa pensa a Roma.
Questo era l’anno del 35, et li compagni erano per partirsi, secondo il patto, l’Anno del 37, il giorno della conversione di San Paolo benché poi si partirono, per le guerre che vennero, l’anno del 36, il novembre. Et stando il Pellegrino per partirse, intese che lo havevano accusato allo inquisitore, et fatto processo contro di lui. Intendendo qusto et vedendo che non lo chiamavano, se n’andò all’’inquisitore et gli disse quello che haveva inteso, et che lui era per partirsi in Spagna, et che aveva compagni; che lo pregava volesse dare la sentenza. L’inquisitore disse che era vero in quanto all’accusazione; ma che non vedeva esservi cosa d’importanza. Solamente voleva veder li suoi scritti degli Esercitii; et vedendogli, gli lodò molto, et pregò il Pellegrino gliene lasciasse la copia; et così lo fece.Nientedimeno tornò ad instar volesseandare con processo inanci, sino alla sentenza. Et scusandosi l’inquisitore, lui venne con un notaro publico et con testimoni a casa sua, et pigliò di tutto questo la fede.
Quando torna in Spagna trova il fratello che lo vuole aiutare e convincere ad una vita più dignitosa ; invece Ignazio tiene fede al suo impegno preso con i suoi compagni, ma non potendo raggiungere Gerusalemme a causa della guerra fra Venezia e i Turchi, si dirige verso l’Italia.
..deliberò di partirsi a fal le faccenda che gli erano state imposte dallicompagni, et partirsi senza quattrini;della qual cosa si scorrociò molto il suo fratello vergognandosi che volesse andare a piedi. Et alla sera il Pellegrino ha voluto condiscendere in questo, di andare insino alla fine della provincia a cavallo col suo fratello et con li suoi parenti,ma quando fu uscito dalla Provincia, scese a piedi senza pigliar niente, et se ne andò verso Pamplona …
….Et imbarcato in una nave grande, passò la tempesta della quale si è fatta menzione di sopra, quando si è detto che fu tre volte a punto di morte.
Arrivato a Genova , pigliò la strada verso Bologna, nella quale ha patito molto, maxime una volta che smarrì la via, et cominciò a caminare presso un fiume, il quale era basso et la strada alta, la quale, quanto più camminava per essa, tanto più si faceva stretta; e in tal modo si venne a far stretta, che non poteva più né andare inanzi né tornare indietro. Et così cominciò a caminare carpone; et così camminò un gran pezzo con gran paura; perché ogni volta che si moveva, credeva di cascare in fiume. Et questa fu la più gran fatica che mai havesse, ma alla fine campò. Et volendo entrare in Bologna, havendo a passare un ponticello di legno cade giù del ponte; e così, levandosi carco di fango ei di acqua, febe ridere molti, che si trovorno presenti.
Et entrando in Bologna cominciò a domandar elemosina, et non trovò pure un solo quattrino, quantunque la cercasse tutta. Stette alcun tempo in Bologna ammalato, dipoi se ne andò a Venezia, al medesimo modo sempre.
A Venezia lo raggiungono i nove compagni con i quali aveva stabilito di andare a Gerusalemme. Per due mesi si dedicano a servire nei diversi ospitali, poi sempre a piedi e mendicando andarono a Roma per essere benedetti dal papa. Tornati a Venezia vennero ordinati sacerdoti e fecero voto di castità e di povertà. Ma alla fine, non potendo partire per Gerusalemme, perché a causa della guerra di Venezia contro i Turchi non partivano navi verso levante, decisero che la loro meta diventava Roma.
Al pellegrino toccò andare con Fabro et Laynez a Vicenza. La’ trovarono una certa casa fuori della terra, che non haveva né porte né fenestre, nella quale stavano dormendo sopra un poco di paglia che avevano portata. Dui di loro andavano sempre a cercare elemosina alla terra due volte il dì et portavano tanto poco, che quasi non si potevano sostentare. Ordinariamente mangiavano un poco di pan cotto, quando l’havevano, il quale attendeva a cuocere quello che restava in casa. In questo modo passorno 40 dì , non attendendo ad altro che ad orationi. Passati li 40 d’ venne Mro. Gioanne Coduri, et tutti quatro si deliberorono di incominciare a predicare;et andando tutti 4 in diverse piazze, il medesimo dì e la medesima hora cominciorno la sua predica, gridando prima forte, et chiamando la gente con la berretta.
Alla fine dell’anno sono a Roma, dove si dedicano ad aiutare le anime e a diffondere gli esercizi spirituali
Poi cominciorno a perseguitare Mudarra e Barreda dicendo che il pellegrino e li suoi compagni erano fuggiti di Spagna , di Parigi e di Venezia.
continua
in libreria

dal risvolto
Nel racconto della sua vita, sant’Ignazio ignora gli avvenimenti anteriori al 1521, anno della sua conversione. Come in altre grandi autobiografie religiose, ci viene così presentata l’immagine di una esistenza spezzata in un prima e in un dopo incommensurabili e discontinui. Nato nel 1491, Ignazio aveva seguito il mondo nella prima parte della sua vita. Uomo di corte e cavaliere, le sue massime ambizioni erano rivolte all’esercizio delle armi. Non mancano in questa sua prima giovinezza episodi oscuri, come il processo che egli subì nel 1515 per un delitto grave, la cui natura ci è tuttora ignota. Nel 1521 egli partecipa alla difesa della fortezza di Pamplona, assediata dai Francesi. Ferito a una gamba da un colpo di bombarda e fatto prigioniero, gli viene poi consentito di tornare nelle proprie terre. Durante la lunga convalescenza, che lo costringe all’immobilità e alla solitudine, egli chiede dei romanzi cavallereschi, di cui è appassionato; gli danno solamente due libri di devozione, una Vita Christie la Leggenda aurea. All’origine della sua conversione sarà proprio la lettura di questi due libri, o, più precisamente, la sperimentazione radicale della loro azione sull’anima – primo e personalissimo esempio di quella «discrezione degli spiriti» che diventerà poi fondamento della prodigiosa scienza psicologica degli Esercizi spirituali. Appena guarito, Ignazio abbandona la sua casa e rompe con la vita precedente, avviando così quel processo che muterà il cavaliere mondano Iñigo di Loyola nello stratega sovrannaturale Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Il percorso fra questi due termini si compie attraverso una storia tortuosa e virulenta che, nella narrazione autobiografica, ci rivela progressivamente l’eccezionale complessità della figura di sant’Ignazio. In lui sono congiunte in un nodo strettissimo personalità apparentemente incompatibili: il visionario e il tattico, il politico e l’estatico. Egli è il «contemplativo nell’azione» secondo la perfetta definizione del suo compagno Jerónimo Nadal. Ma sant’Ignazio, nella sua autobiografia, sceglierà per sé un altro nome: il Pellegrino. Vorrà cioè apparire, innanzitutto, come un essere votato a seguire fino in fondo un percorso già tracciato. Il racconto del Pellegrino, dettato da sant’Ignazio nei suoi ultimi anni (1553-1555) al devoto Gonçalves da Cámara, è appunto il resoconto del suo vertiginoso itinerario: una prosa rapida e scabra, del tutto priva di vezzi letterari, che conserva il respiro della narrazione orale. Non vi si fa differenza tra fatti e introspezione: i casi e gli incidenti, le visioni, le grazie e le disgrazie vi assumono l’identica natura di segni coinvolti nello scambio continuo che c’è fra il Pellegrino e Dio: ogni dato è una mossa, in un gioco nell’assoluto fra due parti infinitamente sbilanciate. Le rivelazioni di Manresa, i viaggi in Palestina e in Italia, gli studi a Parigi, le persecuzioni e la formazione della Compagnia di Gesù – tutte le vicende più note della vita di sant’Ignazio ci appaiono in questa prospettiva come viste da un occhio che è irriducibilmente vòlto verso l’interno. Così il tono e la maniera della narrazione non corrispondono affatto ai canoni agiografici. Non c’è un momento di indugio, di commento, di apologia – ma solo una registrazione di fatti, un catalogo folto di particolari che penetrano profondamente nella memoria. Dopo essere rimasto inedito per tre secoli e mezzo, Il racconto del Pellegrino fu pubblicato nel testo originale all’inizio del Novecento. Da allora è stata sempre più riconosciuta la grande importanza dell’opera, non solamente come documento storico e devozionale, ma come capolavoro della letteratura autobiografica.
Nel racconto della sua vita, sant’Ignazio ignora gli avvenimenti anteriori al 1521, anno della sua conversione. Come in altre grandi autobiografie religiose, ci viene così presentata l’immagine di una esistenza spezzata in un prima e in un dopo incommensurabili e discontinui. Nato nel 1491, Ignazio aveva seguito il mondo nella prima parte della sua vita. Uomo di corte e cavaliere, le sue massime ambizioni erano rivolte all’esercizio delle armi. Non mancano in questa sua prima giovinezza episodi oscuri, come il processo che egli subì nel 1515 per un delitto grave, la cui natura ci è tuttora ignota. Nel 1521 egli partecipa alla difesa della fortezza di Pamplona, assediata dai Francesi. Ferito a una gamba da un colpo di bombarda e fatto prigioniero, gli viene poi consentito di tornare nelle proprie terre. Durante la lunga convalescenza, che lo costringe all’immobilità e alla solitudine, egli chiede dei romanzi cavallereschi, di cui è appassionato; gli danno solamente due libri di devozione, una Vita Christie la Leggenda aurea. All’origine della sua conversione sarà proprio la lettura di questi due libri, o, più precisamente, la sperimentazione radicale della loro azione sull’anima – primo e personalissimo esempio di quella «discrezione degli spiriti» che diventerà poi fondamento della prodigiosa scienza psicologica degli Esercizi spirituali. Appena guarito, Ignazio abbandona la sua casa e rompe con la vita precedente, avviando così quel processo che muterà il cavaliere mondano Iñigo di Loyola nello stratega sovrannaturale Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Il percorso fra questi due termini si compie attraverso una storia tortuosa e virulenta che, nella narrazione autobiografica, ci rivela progressivamente l’eccezionale complessità della figura di sant’Ignazio. In lui sono congiunte in un nodo strettissimo personalità apparentemente incompatibili: il visionario e il tattico, il politico e l’estatico. Egli è il «contemplativo nell’azione» secondo la perfetta definizione del suo compagno Jerónimo Nadal. Ma sant’Ignazio, nella sua autobiografia, sceglierà per sé un altro nome: il Pellegrino. Vorrà cioè apparire, innanzitutto, come un essere votato a seguire fino in fondo un percorso già tracciato. Il racconto del Pellegrino, dettato da sant’Ignazio nei suoi ultimi anni (1553-1555) al devoto Gonçalves da Cámara, è appunto il resoconto del suo vertiginoso itinerario: una prosa rapida e scabra, del tutto priva di vezzi letterari, che conserva il respiro della narrazione orale. Non vi si fa differenza tra fatti e introspezione: i casi e gli incidenti, le visioni, le grazie e le disgrazie vi assumono l’identica natura di segni coinvolti nello scambio continuo che c’è fra il Pellegrino e Dio: ogni dato è una mossa, in un gioco nell’assoluto fra due parti infinitamente sbilanciate. Le rivelazioni di Manresa, i viaggi in Palestina e in Italia, gli studi a Parigi, le persecuzioni e la formazione della Compagnia di Gesù – tutte le vicende più note della vita di sant’Ignazio ci appaiono in questa prospettiva come viste da un occhio che è irriducibilmente vòlto verso l’interno. Così il tono e la maniera della narrazione non corrispondono affatto ai canoni agiografici. Non c’è un momento di indugio, di commento, di apologia – ma solo una registrazione di fatti, un catalogo folto di particolari che penetrano profondamente nella memoria. Dopo essere rimasto inedito per tre secoli e mezzo, Il racconto del Pellegrino fu pubblicato nel testo originale all’inizio del Novecento. Da allora è stata sempre più riconosciuta la grande importanza dell’opera, non solamente come documento storico e devozionale, ma come capolavoro della letteratura autobiografica.