La transumanza
di Gabriele D'Annunzio
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io cò miei pastori?
racconto pubblicato su Cronaca Francigena
Il Tratturo
Il fenomeno a cui il tratturo deve la propria esistenza è la pastorizia transumante che rimane una delle più antiche e diffuse attività dell’uomo economico e per questo è molto difficile datarne l’origine, ma per millenni, nel loro interrotto peregrinare, i pastori lungo i tratturi hanno trasportato energia, calore e cultura.
La presenza in epoca protostorica è ampiamente documentata; erano lunghe vie battute dagli armenti e dalle greggi, ma le loro radici affondano nelle tracce millenarie che antichissime genti ricalcarono nelle loro migrazioni seguendo sia l’istinto proprio, sia il moto delle stelle, i corsi dei fiumi oppure il colore dell’orizzonte.
Li troviamo sin dall’epoca preromana perché prima di essere contadino, l’uomo fu pastore, come il fiero popolo dei Sanniti che, prima di cedere, riuscì a piegare Roma.
Gli antichi romani consideravano la pastorizia attività fra le più nobili e redditizie e ne fecero un settore importante della loro economia.
Una volta occupato il Sannio ( 290a.C. ) e consolidato il dominio nel mezzogiorno, essi industrializzarono la transumanza, la disciplinarono con leggi importanti e la sottoposero al controllo pubblico e al prelievo fiscale, le piste armentizie divennero in sostanziale “ Calles publicae “
Come deformazione fonetica del termine ’ tractoria ‘il suo nome compare per la prima volta in epoca romana nei codici di Teodosio e Giustiniano (482 a.C.) e designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello stato.
Dopo la caduta di Roma la pastorizia trasmigrante quasi scomparve a causa dell’assenza di un potere politico centrale forte, in grado di garantire sicurezza in quelle aree.
I tratturi furono dichiarati beni demaniali dal normanno Guglielmo I il Malo nel 1155, ma ricevettero un grande impulso sotto la denominazione aragonese, periodo in cui ne vennero ridisegnati i tracciati, stabiliti i limiti e codificati gli usi.
Gli aragonesi ( 1445 ) fecero della transumanza il settore trainante della economia, istituendo addirittura un apposito ufficio per la sua gestione. Si chiamò Regia Dogana della Mena delle Pecore di Puglia e fu diretta da un alto funzionario detto Doganiere.
Nel periodo di massimo sviluppo la rete viaria tratturale si estendeva dall’Aquila a Taranto, dalla costa adriatica alle falde del Matese con uno sviluppo complessivo che superava i 3000 km.
Una disposizione governativa del 1549 stabilisce il tratturo una via larga 60 passi napoletani ( 110 metri ).
Queste vie erano disposte come meridiani ( tratturi ) e paralleli ( tratturelli e bracci ) formando una rete viaria a maglie strette che copriva in modo equilibrato e uniforme tutto il territorio. Avanzavano nel paesaggio, seguivano i declivi delle colline, sfidavano i fiumi e risalivano per rigare i crinali dei colli senza mai rompere o turbare l’equilibrio e l’armonia della natura.
Furono non solo strade, ma anche pascoli per le greggi in transito. Non solo corridoi di scorrimento, ma anche assi viari dotati di servizi e attrezzature per uomini e animali.
Lungo il manto verde d’erba dei tratturi e le fitte siepi ai lati sorsero opifici, chiese, taverne e fiorenti centri abitati.
Una vera e propria stazione di servizi i Sanniti la
organizzarono nel IV secolo a.C. dove sorge Altilia di Sepino, sulla via
armentizia battuta dalle greggi che si spostavano dalla Sabina all’Apulia (
Puglia ) e viceversa; via che in seguito fu chiamata consolare romana Minucia (
o Numicia ) poi tratturo Pescasseroli – Candela, oggi coincidente in gran parte
con una delle strade più importanti del Molise ovvero
Da alcuni anni iniziative di volontari, WWF, Istituto
Geografico Militare si adoperano per riaprire e riscoprire queste direttrici
che rappresentano un patrimonio inalienabile, e sono demanio pubblico che non
può essere soggetto al principio dell’uso capione, quindi sono e devono
continuare ad essere di tutti.
ANTONIO cAROSELLA
Herman Limbourg-Jean Limbourg-Pol Limbourg
dal Calendario : Mese di febbraio
Victoria and Albert Museum – Londra
in cammino per necessità
Le loro miniature che illustrano ‘il libro delle ore’ del Duca di Berry sono l’opera più famosa di tutti i tempi nel campo dell’illustrazione libraria.
Jean de Berry, figlio, fratello e zio di tre re di Francia: Giovanni II il buono, Carlo V e Carlo VI commissionò questo lavoro a questi tre affiatati e geniali fratelli che erano nati a Nimega sul finire del XIV secolo.
Il manoscritto è una testimonianza artistica di grande valore per la varietà e la ricchezza della sue miniature.
Sono 208 fogli, pari a 416 pagine con 3000 iniziali dorate e 130 miniatur e rialzate in oro e argento , tra cui le dodici celeberrime immagini del calendario. L’opera nata fra il crepuscolo del Gotico e l’inizio del Rinascimento rimase incompiuta per la morte prematura degli artisti; venne poi ultimata nel 1485 da Jean Colombe per incarico del Duca di Savoia Carlo I.
Nel calendario oltre a essere rappresentate scene delle più alte sfere della società francese sono ritratti momenti di vita contadina
Van Gogh
un doveroso omaggio a gli Sherpa
Gli Sherpa sono un gruppo etnico delle montagne del Nepal . Vivono nella zona orientale del Nepal . Provengono da regioni del Tibet dove il clima era abbastanza temperato e si sono insediati in zone molto più dure. Dopo l’occupazione cinese del Tibet si aprirono le frontiere del Nepal e la popolazione con una vita dedicata all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, ma anche al trasporto delle merci dal Nepal al Tibet ha trovato nuove forme di guadagno con il turismo. Di conseguenza il nome sherpa è riferito ai portatori di alta quota che vengono ricercati per le spedizioni himalayane