Una tappa sulla via della Plata
11a tappa Da Casar de Caceres a Embalse de Alcantara km 22
Partiamo alle 7 che non è ancora giorno. Attraversiamo il paese, troviamo l’Ermita dedicata a Santiago alla quale facciamo una foto e poco dopo ci immettiamo alla nostra sinistra in una canada, che a tratti è delimitata da muri a secco. Il paesaggio è brullo, in parte pianeggiante, in parte ondulato, qualche arbusto qua è là, ciuffetti di emere gialle, fiori, grandi pascoli. Anche oggi molti recinti per pecore, già tosate dato il caldo, e le solite mucche e tori che al nostro passaggio spesso alzano il muso e ci guardano. In alcuni tratti la strada si restringe e diventa un piccolo sentiero sassoso e più avanti troviamo una zona con grandi e grandissimi massi. Ci sorpassano i ciclisti che erano con noi all’alberghe e più tardi arriva anche Wolfang che è al suo primo cammino ed è entusiasta di tutto e di tutti. Lui cammina molto veloce e dopo poco sparisce. Alessandro stamattina è andato via presto perché vuole arrivare fino a Canaveral. Oggi fa veramente Caldo e Carlo non si toglie dalla testa il suo bel cappello sperando di non doverlo restituire. Ci fermiamo a fare un riposino ed uno spuntino. Tiro fuori un biscotto al cioccolato che è tutto squagliato. Carlo dice: ‘Mucho calor’ e ci facciamo una bella risata. Si riparte. Ogni tanto si trovano dei miliari o spezzoni di miliari, colonne lapidee che i romani ponevano sul ciglio della strada per indicare il numero del miglio. In un campo, alla nostra sinistra ce ne sono alcuni ammucchiati. Non manchiamo di fare una foto. Lungo il percorso si trovano anche cubi di marmo che la Regione Extremadura ha adottato come segnaletica per la Via de la Plata. Lateralmente vi sono incastonate mattonelle di colore giallo e/o verde. La mattonella gialla sta ad indicare che da lì passa il Cammino di Santiago e la verde indica che da lì passava l’antica via romana. La presenza di entrambe le mattonelle indica che le due vie coincidono.
Cammina cammina finalmente di arriva in vista dell’Embalse. Si inizia a scendere in un sentiero stretto e sassoso che per i piedi di Carlo è una vera tortura. La scheda di Luciano indica che è bene evitare questo sentiero ed entrare il prima possibile nella carrettiera, e così facciamo. La carrettiera N 630 oggi è un forno. Meno male che c’è pochissimo traffico. Si oltrepassa la stazione ferroviaria e si attraversano i ponti sul rio Almone e sul Rio Tajo ( Tago in italiano ) che nasce qui vicino ed entrato in Portogallo diventa il fiume di Lisbona. In tempi passati il Tajo è stato anche una frontiera naturale fra la Spagna cristiana del Nord e quella mussulmana del sud.
Questa carrettera sembra non finire mai. Nonostante i pochi Km oggi siamo stanchi. La strada è tutta curve; alla fine di ognuna speriamo di trovare il rifugio e invece ci troviamo davanti altri rettilinei e altre curve. E poi non troviamo la segnaletica per il rifugio. Gira e rigira finalmente imbocchiamo una piccola strada sterrata dove c’è un cartello attaccato ad un albero che indica l’Albergue del pellegrino. Dietro di noi vediamo Wolfang, anche lui ha fatto molti giri prima di trovare la strada giusta. Il rifugio è chiuso ma telefoniamo all’ospitaliero, persona molto gentile, che arriva quasi subito. Si tratta di un edificio ultra moderno, grande, bello, funzionale. Costo 15 euro a testa con colazione. Siamo soltanto in tre. Ci viene assegnato un dormitorio a quattro letti, uno a noi e uno a Wolfang. Fatta la doccia, mentre Carlo si cura i piedi con cerotti, frizioni e fasce, io mi accingo a lavare e mi fa tanta fatica perché oggi, dalla prima volta da quando siamo partiti, sono molto stanca. L’ospitaliero mi dice che se voglio può mettermi tutti i panni nella lavadora. Se voglio? Figuriamo se voglio! Che bel ragalo, grazie. Chiedo a Wolfang se vuole darmi i suoi panni e mi fa cenno di si con un gran sorriso. Per la seccadora non ci sono problemi: fuori saranno sui 35 gradi.
Il rifugio si trova su una piccola altura dalla quale si domina gran parte del lago con le numerose insenature e le colline circostanti. E’ un panorama stupendo. Alle 7,30 si cena a base di cibi già preparati: dal congelatore al microonde. Meglio dimenticare.
Vera Biagioni Carlo Barducci
Partiamo alle 7 che non è ancora giorno. Attraversiamo il paese, troviamo l’Ermita dedicata a Santiago alla quale facciamo una foto e poco dopo ci immettiamo alla nostra sinistra in una canada, che a tratti è delimitata da muri a secco. Il paesaggio è brullo, in parte pianeggiante, in parte ondulato, qualche arbusto qua è là, ciuffetti di emere gialle, fiori, grandi pascoli. Anche oggi molti recinti per pecore, già tosate dato il caldo, e le solite mucche e tori che al nostro passaggio spesso alzano il muso e ci guardano. In alcuni tratti la strada si restringe e diventa un piccolo sentiero sassoso e più avanti troviamo una zona con grandi e grandissimi massi. Ci sorpassano i ciclisti che erano con noi all’alberghe e più tardi arriva anche Wolfang che è al suo primo cammino ed è entusiasta di tutto e di tutti. Lui cammina molto veloce e dopo poco sparisce. Alessandro stamattina è andato via presto perché vuole arrivare fino a Canaveral. Oggi fa veramente Caldo e Carlo non si toglie dalla testa il suo bel cappello sperando di non doverlo restituire. Ci fermiamo a fare un riposino ed uno spuntino. Tiro fuori un biscotto al cioccolato che è tutto squagliato. Carlo dice: ‘Mucho calor’ e ci facciamo una bella risata. Si riparte. Ogni tanto si trovano dei miliari o spezzoni di miliari, colonne lapidee che i romani ponevano sul ciglio della strada per indicare il numero del miglio. In un campo, alla nostra sinistra ce ne sono alcuni ammucchiati. Non manchiamo di fare una foto. Lungo il percorso si trovano anche cubi di marmo che la Regione Extremadura ha adottato come segnaletica per la Via de la Plata. Lateralmente vi sono incastonate mattonelle di colore giallo e/o verde. La mattonella gialla sta ad indicare che da lì passa il Cammino di Santiago e la verde indica che da lì passava l’antica via romana. La presenza di entrambe le mattonelle indica che le due vie coincidono.
Cammina cammina finalmente di arriva in vista dell’Embalse. Si inizia a scendere in un sentiero stretto e sassoso che per i piedi di Carlo è una vera tortura. La scheda di Luciano indica che è bene evitare questo sentiero ed entrare il prima possibile nella carrettiera, e così facciamo. La carrettiera N 630 oggi è un forno. Meno male che c’è pochissimo traffico. Si oltrepassa la stazione ferroviaria e si attraversano i ponti sul rio Almone e sul Rio Tajo ( Tago in italiano ) che nasce qui vicino ed entrato in Portogallo diventa il fiume di Lisbona. In tempi passati il Tajo è stato anche una frontiera naturale fra la Spagna cristiana del Nord e quella mussulmana del sud.
Questa carrettera sembra non finire mai. Nonostante i pochi Km oggi siamo stanchi. La strada è tutta curve; alla fine di ognuna speriamo di trovare il rifugio e invece ci troviamo davanti altri rettilinei e altre curve. E poi non troviamo la segnaletica per il rifugio. Gira e rigira finalmente imbocchiamo una piccola strada sterrata dove c’è un cartello attaccato ad un albero che indica l’Albergue del pellegrino. Dietro di noi vediamo Wolfang, anche lui ha fatto molti giri prima di trovare la strada giusta. Il rifugio è chiuso ma telefoniamo all’ospitaliero, persona molto gentile, che arriva quasi subito. Si tratta di un edificio ultra moderno, grande, bello, funzionale. Costo 15 euro a testa con colazione. Siamo soltanto in tre. Ci viene assegnato un dormitorio a quattro letti, uno a noi e uno a Wolfang. Fatta la doccia, mentre Carlo si cura i piedi con cerotti, frizioni e fasce, io mi accingo a lavare e mi fa tanta fatica perché oggi, dalla prima volta da quando siamo partiti, sono molto stanca. L’ospitaliero mi dice che se voglio può mettermi tutti i panni nella lavadora. Se voglio? Figuriamo se voglio! Che bel ragalo, grazie. Chiedo a Wolfang se vuole darmi i suoi panni e mi fa cenno di si con un gran sorriso. Per la seccadora non ci sono problemi: fuori saranno sui 35 gradi.
Il rifugio si trova su una piccola altura dalla quale si domina gran parte del lago con le numerose insenature e le colline circostanti. E’ un panorama stupendo. Alle 7,30 si cena a base di cibi già preparati: dal congelatore al microonde. Meglio dimenticare.
Vera Biagioni Carlo Barducci