Sul Cammino di Santiago
Il 21 luglio 2002 a GRANON

Sono arrivata alle due sotto un sole totale, senza occasioni di ombra, dopo un’ultima piccola salita al paese di Granon.
C’è una fontana ma nonostante abbia i simboli del ‘camino’ e la freccia gialla , è asciutta.
A sinistra la chiesa e finalmente l’albergue.
Un giardinetto, un portone, la scala che porta in cima, fino al campanile.
Dopo due rampe la Sala Parrocchiale con tanti materassini pronti in vari angoli a terra ed altri ancora disponibili.
Poso lo zaino ed una pellegrina mi informa che nella stanza di sopra i pellegrini si stavano sedendo ad una tavola preparata da volontari. Salgo e mi trovo in una struttura molto bella, di recente sistemazione, con un totale rispetto delle parti originali e anche di buon gusto e di doverosa sobrietà in quelle nuove. Cucinino, bagni, docce, lavanderia nel campanile, e un grande soppalco con ancora materassi, il vero dormitorio quando non c’è l’affollamento.
Hanno aggiunto dei tavoli, hanno ricontato le persone hanno messo in tavola il pane, io quasi automaticamente ne ho preso un pezzo quando in un lampo è arrivato un uomo grosso e pastoso con una bandana in testa : ‘ prima la preghiera ‘ ha detto non so in quale lingua, ma io ho capito benissimo.
Lui sembrava un tipo strano ma io intanto avevo fatto proprio una brutta figura.
Abbiamo mangiato un pasto abbondante e sobrio assieme al parroco ed ai volontari che non si distinguevano dai pellegrini. Clima di dialogo tranquillo, sempre meno imbarazzo, in qualcuno restava lo stupore.
All’inizio del salone c’era un tavolo con una scatola per l’offerta con scritto : metti se puoi, prendi se hai bisogno.
Dopo pranzo i volontari non hanno voluto aiuto e i pellegrini tutti o quasi sono andati a riposare.
Nel pomeriggio ho visto arrivare un ragazzo francese, i coniugi olandesi incontrati nella precedente accoglienza.
I volontari prima di preparare si sono informati se tutti i pellegrini potevano mangiare carne. Lenticchie saranno il piatto di fondo.
Mentre cerco di socializzare mi pare di essere osservata da un pellegrino che stava in disparte, infatti poco dopo si avvicina e mi dice che è austriaco e che ha piacere di parlare con una italiana perché era stato a Bologna a fare un corso di italiano ecc. Cosi a tavola conversando gli ho raccontato la storia del piatto di lenticchie. Non la sapeva, invece una ragazza francese di nome Carine che era seduta vicina la sapeva e più una nutrita di tanti particolari.
A Finis Terrae Carine vuole fare l’operazione del nuovo battesimo, cioè brucerà i vestiti portati nel pellegrinaggio e ne indosserà altri rigorosamente bianchi.
Tutti : anch’io anch’io. Non tutti, solo quelli che hanno sentito perché la tavolata per la cena era diventata lunga il doppio. La conversazione è fittissima si parla e si traduce con diverse linee di collaborazione.
Diana, una pellegrina compagna dal secondo giorno mi dice che l’uomo seduto vicino al Parroco le sembra ubriaco. Io dico che anche lui fa il suo tipo di ‘camino’ e l’austriaco comincia a ridere proprio divertito. Traduce tutto al vicino, che è suo fratello, e ridono di nuovo, ma questo argomento non gira e si ferma lì.
A fine cena il Parroco invita in chiesa per una piccola orazione alla quale si è liberi di partecipare, ma prima un aiutino per sistemare la cucina e preparare per la colazione del mattino dopo. Io spazzo il salone con molta cura. C’è una chitarra, qualcuno accenna un accordo. Aspetto di vedere se il giovane francese prende il suo flauto. E’ il più giovane di tutta la compagnia ma di fronte a tutto ciò sicuramente si sente ancora più piccolo ed io questa volta non gli chiedo di suonare.
Nel coro della chiesa vengono tutti, ci si entra dal nostro dormitorio. Uno alla volta diciamo da dove veniamo e dove desideriamo andare. La preghiera è in spagnolo ma tutti capiscono soprattutto la dolcezza del tono .
Nel frattempo sono arrivati altri pellegrini, probabilmente ciclisti. Dormiranno lì, nel coro della chiesa. Il tipo con la bandana fa un massaggio al ginocchio di Diana e così sappiamo che è un californiano, un pellegrino bloccato lì dal parroco a lavorare per creare un nuovo albergue a 20 km avanti.
Di notte hanno russato proprio quelli che credevo i più innocui vicino ai quali avevo steso il mio materassino! Al mattino,non sono ancora le sei, vorrei partire senza disturbare e per quanto abbia fatto piano una volontaria mi raggiunge sulle scale e mi abbraccia forte, dice qualcosa che io interpreto sia pregare per lei a Santiago.
La sera prima, come tutte le sere avevo guardato qual’ era la strada da prendere, ma forse avevo sbagliato e mentre mi avviavo per una stradina nella mattina ancora al buio e nel silenzio totale ho sentito un: pss pss. Un uomo dalla finestra mi ha avvisato che la direzione era sbagliata. In Spagna c’è l’abitudine al alzarsi molto tardi, ed è difficile trovare qualcuno che ti possa indicare la strada la mattina presto.
Senza dubbio quello è stato un angelo, di nome e di fatto.
C’è una fontana ma nonostante abbia i simboli del ‘camino’ e la freccia gialla , è asciutta.
A sinistra la chiesa e finalmente l’albergue.
Un giardinetto, un portone, la scala che porta in cima, fino al campanile.
Dopo due rampe la Sala Parrocchiale con tanti materassini pronti in vari angoli a terra ed altri ancora disponibili.
Poso lo zaino ed una pellegrina mi informa che nella stanza di sopra i pellegrini si stavano sedendo ad una tavola preparata da volontari. Salgo e mi trovo in una struttura molto bella, di recente sistemazione, con un totale rispetto delle parti originali e anche di buon gusto e di doverosa sobrietà in quelle nuove. Cucinino, bagni, docce, lavanderia nel campanile, e un grande soppalco con ancora materassi, il vero dormitorio quando non c’è l’affollamento.
Hanno aggiunto dei tavoli, hanno ricontato le persone hanno messo in tavola il pane, io quasi automaticamente ne ho preso un pezzo quando in un lampo è arrivato un uomo grosso e pastoso con una bandana in testa : ‘ prima la preghiera ‘ ha detto non so in quale lingua, ma io ho capito benissimo.
Lui sembrava un tipo strano ma io intanto avevo fatto proprio una brutta figura.
Abbiamo mangiato un pasto abbondante e sobrio assieme al parroco ed ai volontari che non si distinguevano dai pellegrini. Clima di dialogo tranquillo, sempre meno imbarazzo, in qualcuno restava lo stupore.
All’inizio del salone c’era un tavolo con una scatola per l’offerta con scritto : metti se puoi, prendi se hai bisogno.
Dopo pranzo i volontari non hanno voluto aiuto e i pellegrini tutti o quasi sono andati a riposare.
Nel pomeriggio ho visto arrivare un ragazzo francese, i coniugi olandesi incontrati nella precedente accoglienza.
I volontari prima di preparare si sono informati se tutti i pellegrini potevano mangiare carne. Lenticchie saranno il piatto di fondo.
Mentre cerco di socializzare mi pare di essere osservata da un pellegrino che stava in disparte, infatti poco dopo si avvicina e mi dice che è austriaco e che ha piacere di parlare con una italiana perché era stato a Bologna a fare un corso di italiano ecc. Cosi a tavola conversando gli ho raccontato la storia del piatto di lenticchie. Non la sapeva, invece una ragazza francese di nome Carine che era seduta vicina la sapeva e più una nutrita di tanti particolari.
A Finis Terrae Carine vuole fare l’operazione del nuovo battesimo, cioè brucerà i vestiti portati nel pellegrinaggio e ne indosserà altri rigorosamente bianchi.
Tutti : anch’io anch’io. Non tutti, solo quelli che hanno sentito perché la tavolata per la cena era diventata lunga il doppio. La conversazione è fittissima si parla e si traduce con diverse linee di collaborazione.
Diana, una pellegrina compagna dal secondo giorno mi dice che l’uomo seduto vicino al Parroco le sembra ubriaco. Io dico che anche lui fa il suo tipo di ‘camino’ e l’austriaco comincia a ridere proprio divertito. Traduce tutto al vicino, che è suo fratello, e ridono di nuovo, ma questo argomento non gira e si ferma lì.
A fine cena il Parroco invita in chiesa per una piccola orazione alla quale si è liberi di partecipare, ma prima un aiutino per sistemare la cucina e preparare per la colazione del mattino dopo. Io spazzo il salone con molta cura. C’è una chitarra, qualcuno accenna un accordo. Aspetto di vedere se il giovane francese prende il suo flauto. E’ il più giovane di tutta la compagnia ma di fronte a tutto ciò sicuramente si sente ancora più piccolo ed io questa volta non gli chiedo di suonare.
Nel coro della chiesa vengono tutti, ci si entra dal nostro dormitorio. Uno alla volta diciamo da dove veniamo e dove desideriamo andare. La preghiera è in spagnolo ma tutti capiscono soprattutto la dolcezza del tono .
Nel frattempo sono arrivati altri pellegrini, probabilmente ciclisti. Dormiranno lì, nel coro della chiesa. Il tipo con la bandana fa un massaggio al ginocchio di Diana e così sappiamo che è un californiano, un pellegrino bloccato lì dal parroco a lavorare per creare un nuovo albergue a 20 km avanti.
Di notte hanno russato proprio quelli che credevo i più innocui vicino ai quali avevo steso il mio materassino! Al mattino,non sono ancora le sei, vorrei partire senza disturbare e per quanto abbia fatto piano una volontaria mi raggiunge sulle scale e mi abbraccia forte, dice qualcosa che io interpreto sia pregare per lei a Santiago.
La sera prima, come tutte le sere avevo guardato qual’ era la strada da prendere, ma forse avevo sbagliato e mentre mi avviavo per una stradina nella mattina ancora al buio e nel silenzio totale ho sentito un: pss pss. Un uomo dalla finestra mi ha avvisato che la direzione era sbagliata. In Spagna c’è l’abitudine al alzarsi molto tardi, ed è difficile trovare qualcuno che ti possa indicare la strada la mattina presto.
Senza dubbio quello è stato un angelo, di nome e di fatto.
Bercianos

Dopo l’accoglienza avuta a Tosantos dalla coppia di ospitalieri francesi ho fatto in modo , assieme alla mia compagna di cammino, di fare tappa a Bercianos, dove avevamo saputo che li avremmo incontrati di nuovo.
Il rifugio è di tipo parrocchiale come quello di Granon e Tosantos , tutte le persone vengono accolte senza controllo di documenti né di credenziale e… anche la buchetta delle offerte non è molto in vista!
I volontari francesi ci riconoscono ma come era avvenutoa Granon nel mio primo cammino quando il parroco mi salutò come se mi avesse visto il giorno prima, anche loro rimangono fermi in un fraterno sorriso: io sono il pellegrino di ieri e anche quello di domani, in verità per loro io sono ( stento a dirlo ) Gesù. Non è facile accettare tanto. E’ più facile comunicare e avere amicizia e simpatia che il dono in assoluto, che viene dato alla persona non perché è quella persona ( che lo meriti o meno) ma per il valore di dare.
Il luogo non è ancora del tutto sistemato, ma è accogliente. Non conosciamo nessuno dei pellegrini a causa del salto che abbiamo fatto a Fromista, a parte Fernando che a volte cammina di meno per poi far delle tirate, ma a tavola, dopo un piccolo gesto di benedizione, sembriamo una grande famiglia.
Infatti c’è proprio in calore della condivisione. Si scambiamo racconti sempre in quella lingua fatta di gesti, di aiuti di traduzioni mentre si passano i piatti di una cena sobria ma abbondante.
La sala è rettangolare, la tavola è stretta e lunga ed io sono seduta di spalle alla porta di entrata. L’ospitaliere è a capo tavola. In questo clima di famiglia siamo interrotti dall’entrata di un uomo. L’ospitaliero gli va incontro dicendo: da dove vieni ? che lingua parli ? gli da il suo posto a tavola, la moglie porta piatto e pietanza, le sedie scorrono di un poco per far spazio alla sedia dell’ospitaliero e tutto va avanti tranquillamente, come prima.
Non sempre il pellegrino per la stanchezza, il disordine, gli abiti stropicciati ha l’aspetto rassicurante e anche questo che per di più aveva una barbona incolta ha creato un primo attimo di perplessità. Io per prima l’ho sentito come l’estraneo, io che già tante volte avevo detto che avrei cercato la situazione di offrirmi come ospitaliera.
Questa è stata una bella lezione che ho dovuto imparare. Ho guardato gli ospitalieri ancora con più gratitudine e quando sono andata in cucina ad aiutare la signora per riordinare ho cercato qualche parola in francese per comunicarle che per me quella di Bercianos era stata una tappa molto importante.
Nel paese non c’è la chiesa perché è crollata ed è in progetto la ricostruzione, e neanche l’albergue ha un luogo dove potersi raccogliere un attimo dopo cena per la rituale piccola orazione; ci riuniamo nel prato dietro la casa rivolti verso occidente, verso Santiago e il sole sta tramontando.
Al mattino dopo facciamo colazione assieme , poi non troviamo le parole per salutare. Loro lo sentono, ogni giorno è così, ogni giorno non si possono commuovere e si preparano ad accogliere nuovi pellegrini, anche noi ogni giorno dobbiamo pensare al camino che ci aspetta e a vivere i nuovi incontri.
Per fare l'ospitaliera dovrò fare ancora un lungo cammino !
Lucia
Il rifugio è di tipo parrocchiale come quello di Granon e Tosantos , tutte le persone vengono accolte senza controllo di documenti né di credenziale e… anche la buchetta delle offerte non è molto in vista!
I volontari francesi ci riconoscono ma come era avvenutoa Granon nel mio primo cammino quando il parroco mi salutò come se mi avesse visto il giorno prima, anche loro rimangono fermi in un fraterno sorriso: io sono il pellegrino di ieri e anche quello di domani, in verità per loro io sono ( stento a dirlo ) Gesù. Non è facile accettare tanto. E’ più facile comunicare e avere amicizia e simpatia che il dono in assoluto, che viene dato alla persona non perché è quella persona ( che lo meriti o meno) ma per il valore di dare.
Il luogo non è ancora del tutto sistemato, ma è accogliente. Non conosciamo nessuno dei pellegrini a causa del salto che abbiamo fatto a Fromista, a parte Fernando che a volte cammina di meno per poi far delle tirate, ma a tavola, dopo un piccolo gesto di benedizione, sembriamo una grande famiglia.
Infatti c’è proprio in calore della condivisione. Si scambiamo racconti sempre in quella lingua fatta di gesti, di aiuti di traduzioni mentre si passano i piatti di una cena sobria ma abbondante.
La sala è rettangolare, la tavola è stretta e lunga ed io sono seduta di spalle alla porta di entrata. L’ospitaliere è a capo tavola. In questo clima di famiglia siamo interrotti dall’entrata di un uomo. L’ospitaliero gli va incontro dicendo: da dove vieni ? che lingua parli ? gli da il suo posto a tavola, la moglie porta piatto e pietanza, le sedie scorrono di un poco per far spazio alla sedia dell’ospitaliero e tutto va avanti tranquillamente, come prima.
Non sempre il pellegrino per la stanchezza, il disordine, gli abiti stropicciati ha l’aspetto rassicurante e anche questo che per di più aveva una barbona incolta ha creato un primo attimo di perplessità. Io per prima l’ho sentito come l’estraneo, io che già tante volte avevo detto che avrei cercato la situazione di offrirmi come ospitaliera.
Questa è stata una bella lezione che ho dovuto imparare. Ho guardato gli ospitalieri ancora con più gratitudine e quando sono andata in cucina ad aiutare la signora per riordinare ho cercato qualche parola in francese per comunicarle che per me quella di Bercianos era stata una tappa molto importante.
Nel paese non c’è la chiesa perché è crollata ed è in progetto la ricostruzione, e neanche l’albergue ha un luogo dove potersi raccogliere un attimo dopo cena per la rituale piccola orazione; ci riuniamo nel prato dietro la casa rivolti verso occidente, verso Santiago e il sole sta tramontando.
Al mattino dopo facciamo colazione assieme , poi non troviamo le parole per salutare. Loro lo sentono, ogni giorno è così, ogni giorno non si possono commuovere e si preparano ad accogliere nuovi pellegrini, anche noi ogni giorno dobbiamo pensare al camino che ci aspetta e a vivere i nuovi incontri.
Per fare l'ospitaliera dovrò fare ancora un lungo cammino !
Lucia