la marcia del sale

Brani tratti dal libro di
William L. Shirer
MAHATMA GANDHI
Edito da Frassinelli Milano 1983
L’autore nato a Chicago nel 1904, incontrò personalmente Gandhi .
Nella prefazione scrive:
… si stagliava la figura di un uomo di infinita bontà, che per tutta la vita aveva cercato la Verità, quella Verità che identificava con Dio, un pellegrino che considerava l’amore come il più grande dei doni, convinto che amore e comprensione, tolleranza, compassione e non violenza, se semplicemente praticati, avrebbero liberato l’umanità da molti dei suoi fardelli, dalla schiavitù e dia mali della vita.
Capitolo 7
C’era un altro anniversario che ricorreva proprio in quei giorni di marzo del 1931 a Ahmedabad e che era vivamente presente nella mente di Gandhi nei brevi scorci di conversazione che avemmo in quella settimana. Si trattava del gesto storico che egli aveva compiuto l’anno precedente e che lo aveva condotto al punto in cui si trovava allora nella sua lotta politica; un gesto che, l’anno precedente appunto, mi aveva portato in India per studiarne da vicino le sorprendenti conseguenze.
Esattamente un anno prima, come egli mi ricordò, il 12 marzo 1930, accompagnato da settantotto uomini e donne, Gandhi aveva lasciato il suo ashram di Ahmedabad per iniziare la sua marcia di duecento miglia verso il mare. Lui, e i suoi seguaci avevano deciso di sfidare il governo estraendo il sale dall’acqua marina in disubbidienza alla legge sul sale che dava al governo il monopolio sulla produzione, imponeva su di esso una tassa e proibiva alla popolazione indiana di estrarlo privatamente. La marcia del sale fu un gesto simbolico che da principio non fu compreso dalle autorità britanniche e neppure dalla maggior parte degli indiani stessi. Si diceva che Gandhi marciasse verso il mare per impadronirsi di un pugno di sale … e con ciò ?
< Eravamo perplessi > disse Nehru < Non potevamo conciliare l’idea della lotta nazionale con l’estrazione del sale.>
Le autorità inglesi lo presero per uno scherzo. Pensarono che Gandhi stesse perdendo ogni contatto con la realtà e speravano che quella sciocca esibizione potesse finirlo politicamente. Ma, come spesso prima di allora, il genio di Gandhi aveva puntato su un gesto simbolico che, con sorpresa di tutti, doveva colpire immediatamente la fantasia popolare e infiammare l’India da un capo a
l’ altro.
Come abbiamo visto, alla Convenzione del partito del dicembre 1929 a Lahore, il Congresso,convinto che il governo inglese non avrebbe mai concesso all’ India neppure lo status di Dominion in un prevedibile futuro, si era dichiarato per la lotta fino alla completa indipendenza. Aveva dato istruzione ai suoi membri di ritirarsi dal l’ Assemblea legislativa nazionale e aveva confermato una campagna di disubbidienza civile di cui Gandhi avrebbe deciso la data, le modalità e gli obiettivi. Ma né il Mahatma, né i membri del Congresso avevano trovato un tema specifico sul quale impostare la nuova lotta. Il Congresso affidò quindi questo compito a Gandhi che meditò sul problema per tutto il gennaio e il febbraio 1930, aspettando, come mi disse in seguito, che la sua < voce interiore > gli desse una risposta, come già tante volte era avvenuto in passato. Alla fine di febbraio, a quanto pare, aveva la risposta.
Il 2 Marzo indirizzava al vicerè Lord Irwin una lunga lettera.
Caro amico,
prima di iniziare una azione di disubbidienza civile e correre il rischio che ho temuto di correre in tutti questi anni, amerei molto incontrarmi con lei e trovare una via d’uscita ..
Considero il dominio inglese una maledizione … Perché? … Esso ha impoverito milioni di esseri inermi con un sistema di sfruttamento progressivo e con una amministrazione civile e militare costosa che il Paese non potrebbe mai permettersi. Politicamente ci ha ridotti alla servitù. Ha fiaccato il fondamento stesso della nostra civiltà e ci ha spiritualmente degradati con una politica di crudele disarmo. Temo che non ci sia mai stata alcuna reale intenzione di concedere lo status di Dominion all’India nel prossimo futuro …
Gandhi si addentrava quindi molto diffusamente nei particolari di ciò che considerava lo sfruttamento dell’Indio, sottolineando l’iniquità delle imposte in generale e, in particolare sulla tasse sul sale.
Le iniquità sono tenute in vita per mantenere una amministrazione straniera che, come è facilmente dimostrabile, è la più costosa del mondo.
Consideri il suo stipendio. E’ di oltre 21000 rupie ( 7000 dollari ) al mese, oltre ad altre aggiunte indirette e supplementari. Ciò significa che lei guadagna oltre 700 rupie al giorno, contro la media del reddito indiano che è di meno di 2 annas ( 4 cent ) al giorno.
Lei quindi lei ha un introito di oltre 5000 volte superiore al reddito medio indiano…
La prego in ginocchio di meditare su questo fatto. Sono dovuto ricorrere ad un caso personale per mettere in luce una dolorosa verità. Ho troppa stima di lei come uomo per voler urtare i suoi sentimenti … Ma un sistema che crea situazioni di questo genere merita di essere fatto sommariamente a pezzi … Solo una organizzata non violenza può frenare la violenza organizzata del governo britannico.
Proseguiva poi tracciando i suoi piani per una resistenza non violenta al governo inglese
Se il popolo indiano si unisce a me, come immagino farà, le violenze che subirà, a meno che l’Inghilterra non torni presto sui suoi passi, saranno abbastanza per sciogliere i cuori più impietriti.
Quindi invitava il vicerè ad incontrarsi con lui per < un vero colloquio fra pari >.
Ma se lei non trova il modo di affrontare questi mali e se la mia lettera non fa appello al suo cuore, al
l’ undicesimo giorno di questo mese io procederò, con tutti i miei collaboratori dell’ashram che potrò raccogliere, a trasgredire la legge sul sale.
Gandhi offriva di rimandare l’inizio del movimento della disubbidienza civile.
Se lei desidera discutere questi argomenti con me … Questa lettera non è comunque intesa coma una minaccia…
Resto il suo sincero amico M.K.Gandhi
La lettera fu consegnata al palazzo vicereale a Delhi daa un amico inglese di Gandhi, un quacchero. Per leggerla il vicerè tornò apposta nella capitale con un aereo speciale dalle gare di polo che si tenevano a Meerut. Ma,dopo aver esaminato il contenuto, Lord Irwin decise di non rispondere. Fece inviare dal suo segretario una breve nota :< Sua Eccellenza … è dolente di apprendere che lei intende assumere un atteggiamento che chiaramente condurrà alla violazione della legge e metterà in pericolo la pace pubblica. >
Che straordinaria comprensione da parte degli inglesi !
Gandhi rispose: < inginocchio ho chiesto pane e ho ricevuto pietre .>
Il vicerè rifiutò di riceverlo. Ma non lo fece neppure arrestare. Gli alti funzionari inglesi vicini al vicerè erano convinti che Gandhi si sarebbe reso ridicolo mettendosi in cammino per duecento miglia verso il mare con un branco di straccioni per prendere un pugno di sale.. Avrebbero lasciato che si mettesse la corda al collo da solo. Quella bizzarra dimostrazione, pensavano, avrebbe distrutto il suo potere carismatico sulle masse.
Le cose non andarono così: accadde esattamente il contrario.
Fu una delle marce più singolari mai viste in India o in qualsiasi altro paese. E ben presto divenne anche una delle più largamente pubblicizzate, perché dozzine di giornalisti indiani si unirono a due o tre cronisti che facevano parte del gruppo e furono poi seguiti da corrispondenti di tutto il mondo.
Seguendo strade tortuose e sporche, passando di villaggio in villaggio, Gandhi e i suoi discepoli coprirono in ventiquattro giorni le duecento miglia dall’ashram di Sabarmati ad Ahmedabad fino a Dandi, una cittadina vicino a Jalapur , all’ ingresso del golfo di Cambay. < Meno di dieci miglia al giorno senza molto bagaglio. Un gioco da bambini ! > esclamò Gandhi. Lui si avviava ai sessantun anni e la calura della primavera indiana che precede il monsone era soffocante.
La processione ben presto si trasformò in una marcia trionfale. I villaggi dove passavano erano adorni di festoni in loro onore. Fra un villaggio e l’altro i contadini gettavano acqua sulle strade per diminuire la polvere e vi spargevano foglie e petali di fiori per rendere più facile il cammino . In quasi ogni agglomerato centinaia di uomini e di donne abbandonavano il lavoro per unirsi al lungo corteo e il gruppo, che era stato di meno di cento persone alla partenza , si gonfiò strada facendo finché, quando finalmente arrivarono al mare, era composto di una massa di parecchie migliaia.
<Noi marciamo in nome di Dio > diceva Gandhi alla gente dei villaggi quando la colonna si fermava per la notte, si recitavano preghiere e il Mahatma spiegava perché intendeva spezzare quella iniqua legge sul sale. Alcuni dei seguaci di Gandhi cominciarono a paragonare la marcia al viaggio di Gesù verso Gerusalemme e lungo tutto il percorso vi furono molte letture del Nuovo Testamento. Per aumentare le analogie, qualcuno del gruppo portò un somarello al seguito di Gandhi. Come Cristo Gandhi alla fine del viaggio parve avere un presentimento di morte. La sera del 5 aprile, quando furono arrivati al mare, disse alla folla adunata: < O ritornerò con ciò che voglio ottenere, oppure il mio cadavere galleggerà sull’oceano>
Tutti trascorsero la serata raccolti in preghiera sulla spiaggia.
Il giorno seguente 6 aprile, Gandhi entrò in mare, si lavò e si purificò secondo il rito indù. Poi prese fra le dita un po’ di sale che le onde avevano lasciato sulla spiaggia ( e che fu poi messo all’asta e venduto per 1600 rupie ).
Aveva infranto la legge sul sale. Le schiere di giornalisti presenti diffusero la notizia in tutta l’India e nel mondo.
Nel giro di poche ore tutto il paese insorse. A migliaia e poi a decine di migliaia si riversarono lungo le spiagge delle immense coste per sfidare il governo raccogliendo sale.
William L. Shirer
MAHATMA GANDHI
Edito da Frassinelli Milano 1983
L’autore nato a Chicago nel 1904, incontrò personalmente Gandhi .
Nella prefazione scrive:
… si stagliava la figura di un uomo di infinita bontà, che per tutta la vita aveva cercato la Verità, quella Verità che identificava con Dio, un pellegrino che considerava l’amore come il più grande dei doni, convinto che amore e comprensione, tolleranza, compassione e non violenza, se semplicemente praticati, avrebbero liberato l’umanità da molti dei suoi fardelli, dalla schiavitù e dia mali della vita.
Capitolo 7
C’era un altro anniversario che ricorreva proprio in quei giorni di marzo del 1931 a Ahmedabad e che era vivamente presente nella mente di Gandhi nei brevi scorci di conversazione che avemmo in quella settimana. Si trattava del gesto storico che egli aveva compiuto l’anno precedente e che lo aveva condotto al punto in cui si trovava allora nella sua lotta politica; un gesto che, l’anno precedente appunto, mi aveva portato in India per studiarne da vicino le sorprendenti conseguenze.
Esattamente un anno prima, come egli mi ricordò, il 12 marzo 1930, accompagnato da settantotto uomini e donne, Gandhi aveva lasciato il suo ashram di Ahmedabad per iniziare la sua marcia di duecento miglia verso il mare. Lui, e i suoi seguaci avevano deciso di sfidare il governo estraendo il sale dall’acqua marina in disubbidienza alla legge sul sale che dava al governo il monopolio sulla produzione, imponeva su di esso una tassa e proibiva alla popolazione indiana di estrarlo privatamente. La marcia del sale fu un gesto simbolico che da principio non fu compreso dalle autorità britanniche e neppure dalla maggior parte degli indiani stessi. Si diceva che Gandhi marciasse verso il mare per impadronirsi di un pugno di sale … e con ciò ?
< Eravamo perplessi > disse Nehru < Non potevamo conciliare l’idea della lotta nazionale con l’estrazione del sale.>
Le autorità inglesi lo presero per uno scherzo. Pensarono che Gandhi stesse perdendo ogni contatto con la realtà e speravano che quella sciocca esibizione potesse finirlo politicamente. Ma, come spesso prima di allora, il genio di Gandhi aveva puntato su un gesto simbolico che, con sorpresa di tutti, doveva colpire immediatamente la fantasia popolare e infiammare l’India da un capo a
l’ altro.
Come abbiamo visto, alla Convenzione del partito del dicembre 1929 a Lahore, il Congresso,convinto che il governo inglese non avrebbe mai concesso all’ India neppure lo status di Dominion in un prevedibile futuro, si era dichiarato per la lotta fino alla completa indipendenza. Aveva dato istruzione ai suoi membri di ritirarsi dal l’ Assemblea legislativa nazionale e aveva confermato una campagna di disubbidienza civile di cui Gandhi avrebbe deciso la data, le modalità e gli obiettivi. Ma né il Mahatma, né i membri del Congresso avevano trovato un tema specifico sul quale impostare la nuova lotta. Il Congresso affidò quindi questo compito a Gandhi che meditò sul problema per tutto il gennaio e il febbraio 1930, aspettando, come mi disse in seguito, che la sua < voce interiore > gli desse una risposta, come già tante volte era avvenuto in passato. Alla fine di febbraio, a quanto pare, aveva la risposta.
Il 2 Marzo indirizzava al vicerè Lord Irwin una lunga lettera.
Caro amico,
prima di iniziare una azione di disubbidienza civile e correre il rischio che ho temuto di correre in tutti questi anni, amerei molto incontrarmi con lei e trovare una via d’uscita ..
Considero il dominio inglese una maledizione … Perché? … Esso ha impoverito milioni di esseri inermi con un sistema di sfruttamento progressivo e con una amministrazione civile e militare costosa che il Paese non potrebbe mai permettersi. Politicamente ci ha ridotti alla servitù. Ha fiaccato il fondamento stesso della nostra civiltà e ci ha spiritualmente degradati con una politica di crudele disarmo. Temo che non ci sia mai stata alcuna reale intenzione di concedere lo status di Dominion all’India nel prossimo futuro …
Gandhi si addentrava quindi molto diffusamente nei particolari di ciò che considerava lo sfruttamento dell’Indio, sottolineando l’iniquità delle imposte in generale e, in particolare sulla tasse sul sale.
Le iniquità sono tenute in vita per mantenere una amministrazione straniera che, come è facilmente dimostrabile, è la più costosa del mondo.
Consideri il suo stipendio. E’ di oltre 21000 rupie ( 7000 dollari ) al mese, oltre ad altre aggiunte indirette e supplementari. Ciò significa che lei guadagna oltre 700 rupie al giorno, contro la media del reddito indiano che è di meno di 2 annas ( 4 cent ) al giorno.
Lei quindi lei ha un introito di oltre 5000 volte superiore al reddito medio indiano…
La prego in ginocchio di meditare su questo fatto. Sono dovuto ricorrere ad un caso personale per mettere in luce una dolorosa verità. Ho troppa stima di lei come uomo per voler urtare i suoi sentimenti … Ma un sistema che crea situazioni di questo genere merita di essere fatto sommariamente a pezzi … Solo una organizzata non violenza può frenare la violenza organizzata del governo britannico.
Proseguiva poi tracciando i suoi piani per una resistenza non violenta al governo inglese
Se il popolo indiano si unisce a me, come immagino farà, le violenze che subirà, a meno che l’Inghilterra non torni presto sui suoi passi, saranno abbastanza per sciogliere i cuori più impietriti.
Quindi invitava il vicerè ad incontrarsi con lui per < un vero colloquio fra pari >.
Ma se lei non trova il modo di affrontare questi mali e se la mia lettera non fa appello al suo cuore, al
l’ undicesimo giorno di questo mese io procederò, con tutti i miei collaboratori dell’ashram che potrò raccogliere, a trasgredire la legge sul sale.
Gandhi offriva di rimandare l’inizio del movimento della disubbidienza civile.
Se lei desidera discutere questi argomenti con me … Questa lettera non è comunque intesa coma una minaccia…
Resto il suo sincero amico M.K.Gandhi
La lettera fu consegnata al palazzo vicereale a Delhi daa un amico inglese di Gandhi, un quacchero. Per leggerla il vicerè tornò apposta nella capitale con un aereo speciale dalle gare di polo che si tenevano a Meerut. Ma,dopo aver esaminato il contenuto, Lord Irwin decise di non rispondere. Fece inviare dal suo segretario una breve nota :< Sua Eccellenza … è dolente di apprendere che lei intende assumere un atteggiamento che chiaramente condurrà alla violazione della legge e metterà in pericolo la pace pubblica. >
Che straordinaria comprensione da parte degli inglesi !
Gandhi rispose: < inginocchio ho chiesto pane e ho ricevuto pietre .>
Il vicerè rifiutò di riceverlo. Ma non lo fece neppure arrestare. Gli alti funzionari inglesi vicini al vicerè erano convinti che Gandhi si sarebbe reso ridicolo mettendosi in cammino per duecento miglia verso il mare con un branco di straccioni per prendere un pugno di sale.. Avrebbero lasciato che si mettesse la corda al collo da solo. Quella bizzarra dimostrazione, pensavano, avrebbe distrutto il suo potere carismatico sulle masse.
Le cose non andarono così: accadde esattamente il contrario.
Fu una delle marce più singolari mai viste in India o in qualsiasi altro paese. E ben presto divenne anche una delle più largamente pubblicizzate, perché dozzine di giornalisti indiani si unirono a due o tre cronisti che facevano parte del gruppo e furono poi seguiti da corrispondenti di tutto il mondo.
Seguendo strade tortuose e sporche, passando di villaggio in villaggio, Gandhi e i suoi discepoli coprirono in ventiquattro giorni le duecento miglia dall’ashram di Sabarmati ad Ahmedabad fino a Dandi, una cittadina vicino a Jalapur , all’ ingresso del golfo di Cambay. < Meno di dieci miglia al giorno senza molto bagaglio. Un gioco da bambini ! > esclamò Gandhi. Lui si avviava ai sessantun anni e la calura della primavera indiana che precede il monsone era soffocante.
La processione ben presto si trasformò in una marcia trionfale. I villaggi dove passavano erano adorni di festoni in loro onore. Fra un villaggio e l’altro i contadini gettavano acqua sulle strade per diminuire la polvere e vi spargevano foglie e petali di fiori per rendere più facile il cammino . In quasi ogni agglomerato centinaia di uomini e di donne abbandonavano il lavoro per unirsi al lungo corteo e il gruppo, che era stato di meno di cento persone alla partenza , si gonfiò strada facendo finché, quando finalmente arrivarono al mare, era composto di una massa di parecchie migliaia.
<Noi marciamo in nome di Dio > diceva Gandhi alla gente dei villaggi quando la colonna si fermava per la notte, si recitavano preghiere e il Mahatma spiegava perché intendeva spezzare quella iniqua legge sul sale. Alcuni dei seguaci di Gandhi cominciarono a paragonare la marcia al viaggio di Gesù verso Gerusalemme e lungo tutto il percorso vi furono molte letture del Nuovo Testamento. Per aumentare le analogie, qualcuno del gruppo portò un somarello al seguito di Gandhi. Come Cristo Gandhi alla fine del viaggio parve avere un presentimento di morte. La sera del 5 aprile, quando furono arrivati al mare, disse alla folla adunata: < O ritornerò con ciò che voglio ottenere, oppure il mio cadavere galleggerà sull’oceano>
Tutti trascorsero la serata raccolti in preghiera sulla spiaggia.
Il giorno seguente 6 aprile, Gandhi entrò in mare, si lavò e si purificò secondo il rito indù. Poi prese fra le dita un po’ di sale che le onde avevano lasciato sulla spiaggia ( e che fu poi messo all’asta e venduto per 1600 rupie ).
Aveva infranto la legge sul sale. Le schiere di giornalisti presenti diffusero la notizia in tutta l’India e nel mondo.
Nel giro di poche ore tutto il paese insorse. A migliaia e poi a decine di migliaia si riversarono lungo le spiagge delle immense coste per sfidare il governo raccogliendo sale.